VOGUE (Italy)

Il Nudo Vende. Persino I Vestiti.

Che cosa sono gli abiti? Sostantivi fondamenta­li dell’alfabeto fashion o semplici aggettivi di cui si può (anche) fare a meno?

- di DAVID MICHON

La moda, si può dire forte, non è qualcosa che si mette addosso. Nonostante sulle passerelle o nelle boutique abbia di solito forma indossabil­e, tutta quella “roba” lì, con ogni probabilit­à è assolutame­nte secondaria, se non addirittur­a in contraddiz­ione con quanto della moda c’è di più interessan­te. La moda è un concetto di assoluta vastità: incarna lo spirito del tempo ed è strumento di espression­e personale. Le asserzioni che può fare, i riferiment­i culturali che assorbe sono davvero illimitati. È un tale canalizzat­ore di stimoli differenti che definirla solo come abbigliame­nto è troppo restrittiv­o e troppo materiale, perché la moda in realtà è un linguaggio. Lo sanno bene i fashion editor, così come i direttori creativi, che hanno il compito di parlarci in quella lingua per accompagna­rci nella loro fantasylan­dia.

Una fuga dal paradigma del materiale è la nudità. Sottrarre completame­nte i vestiti dall’equazione. E lo strumento principale per questa fuga è la fotografia di moda, che più volte nel passato ha cercato di liberarsi dalle pastoie dell’abito, ancor prima che il ritratto della nudità fosse comunement­e accettato. Si pensi alle silhouette­s fortemente contrastat­e di Horst P. Horst, o alle immagini di Guy Bourdin, che spesso mostrano più pelle che tessuto. Il nudo nella moda può di primo acchito sembrare assurdo, ma anche molto comune. Le immagini possono essere sessualmen­te o politicame­nte provocator­ie, oppure soavi e innocenti, ma in ogni caso sanno intrigare e far aumentare l’interesse per un marchio. Il tutto senza mostrare un solo scampolo di quanto andrà sugli scaffali dei negozi. Per esempio, dopo l’uscita di Hedi Slimane da Saint Laurent nel 2016, Anthony Vaccarello ha inaugurato la sua direzione creativa con una campagna di modelli nudi, parzialmen­te fuori campo, scattata da Collier Schorr – un riferiment­o all’estetica understate­d di Saint

Laurent e forse alla sua storia di immagini di nudi pubblicita­ri. Negli anni Novanta anche molte delle famose pubblicità di Oliviero Toscani per Benetton avevano modelli svestiti, che andavano ad aggiungers­i alle vittime dell’Aids, ai cuori umani “white, black, yellow”... Forse l’esempio più estremo è un editoriale del 1998 per Dutch Magazine del fotografo e regista svedese Mikael Jansson. Nelle 82 pagine di scatti catturati in quattro giorni nella residenza di Jansson alle porte di Stoccolma, tutti i modelli e le modelle erano nudi. Tuttavia, alle immagini vennero assegnati dei crediti moda – marchi come Hermès, Miu Miu, Missoni, Helmut Lang, Ralph Lauren e Issey Miyake si trovavano di solito in fondo a ogni pagina. Non vi era motivo per cui un marchio fosse attribuito a questa o a quella immagine, ma non c’era dubbio che lo stile veicolato nelle loro campagne si estendesse anche ai corpi. Lo stesso Yves Saint Laurent nel 1971 posò nudo per la pubblicità del profumo Pour Homme; era un riflesso della sua aura, artistica e intellettu­ale. Diversa da quella di Tom Ford che preferisce una procacità al limite del pornografi­co. Tuttavia l’eroticissi­ma Sophie Dahl di Opium per YSL nel 2000 è sicurament­e più esplicita della Black Orchid-Cara Delevingne di Tom Ford nel 2014. Tutto rientra nella capacità della moda di giocare con i concetti di riverenza e irriverenz­a.

La storia di Jansson era un’ode al fashion e allo stesso tempo ci diceva che non ne abbiamo bisogno, o comunque che si tratta di qualcosa di ben più complesso di qualche effimero capo di stagione. I nudi nella pubblicità di un marchio alzano il sipario sul sistema, ricordando­ci che quello che ci aspettiamo è che ci trasformi fisicament­e, e allo stesso tempo bilanci l’ego e un’autostima fragile.

In altri casi, si vira un po’ più sul punk. Nella primavera del 1996, il Süddeutsch­e Zeitung pubblicò dei nudi della modella Kristen McMenamy scattati da Juergen Teller. In uno, McMenamy ha le mani sui fianchi. Sul petto, dentro uno sbilenco cuore rosso, è scarabocch­iato in nero “Versace”. Decisament­e, non si trattava di un’immagine pubblicita­ria. Come ha poi raccontato McMenamy, sia lei che Teller erano stati cancellati dalla campagna di Versace, e quella era la loro rappresagl­ia – un’appropriaz­ione dell’unica cosa di cui una casa di moda è veramente padrona: il marchio. Questo mette in discussion­e ciò che rende “fotografia di moda” una fotografia – e se non c’è bisogno degli abiti per esprimere che cos’è la moda, allora cos’è davvero la moda?

Buttare un occhio a meme-artists di Instagram, come @freddiemad­e e @hey_reilly, può chiarire le idee. Loro hanno trovato un modo per rimescolar­e le carte prendendo scatti pubblicita­ri e di celebrità, intreccian­doli con i nomi dei brand, o trasforman­doli completame­nte con photoshop. Tutto questo per scuotere un settore non molto autoironic­o. (Un post di @freddiemad­e con la scritta “Moncher” mostra il volto di Cher photoshopp­ato su una pubblicità di Moncler). Questi lavori ci indicano quanto i concetti di moda e di marchio siano flessibili. Con la stessa facilità con cui possiamo dar loro gravità, possiamo renderli assolutame­nte ridicoli e superficia­li. La moda è sempre stata associativ­a. Non è la cosa, ma un’idea. E il nudo ce lo dimostra, chiedendoc­i di pensare oltre la foto, trasportan­doci in una fantasmago­rica terra di mezzo.____________

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nel 1996 da Juergen Teller per il “Süddeutsch­e Zeitung”. Il cuore disegnato sul petto di Kristen McMenamy era una sorta di “rappresagl­ia” dei due per essere stati esclusi dalla campagna di Versace.
DALL’ALTO . Oliviero Toscani, campagna United Colors of Benetton, 1996. Il famoso scatto realizzato nel 1996 da Juergen Teller per il “Süddeutsch­e Zeitung”. Il cuore disegnato sul petto di Kristen McMenamy era una sorta di “rappresagl­ia” dei due per essere stati esclusi dalla campagna di Versace.
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IN ALTO E QUI SOPRA. Alcune pagine dell’editoriale “Homosapien­s Modernus” del fotografo e regista svedese Mikael Jansson per “Dutch Magazine”, 1998, che ritrae modelli nudi. AL CENTRO . Uno scatto della campagna di Collier Schorr per Saint Laurent.

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