VOGUE (Italy)

Una Risata Vi Salverà

Parole che vestono immagini che raccontano la moda. È il linguaggio dei meme artist, che sta cambiando l’industria. Con irriverenz­a e (auto)ironia.

- di CHIARA BARDELLI NONINO

Che sia tramite la ricontestu­alizzazion­e di un logo, l’utilizzo di frasi a effetto o l’onnipotent­e Photoshop, è innegabile che i meme (quei contenuti virali che nella forma più comune sono costituiti da “immagine + caption ironica”) siano diventati uno dei mezzi più interessan­ti, immediati ed efficaci per commentare la moda. A riprova, molti brand ormai ne incoraggia­no più o meno esplicitam­ente la creazione, non solo con outfit e situazioni ad hoc, ma invitando i meme artist stessi alle sfilate. Per capire come funziona questo cocktail di moda, testo, ironia e (a volte) attivismo, Vogue Italia ha intervista­to sette tra i più influenti autori della scena internazio­nale. «Il mio interesse principale è vedere cosa succede quando persone diverse giocano tutte nello stesso campo, un campo dove cultura alta e popolare, ricchi e poveri, realtà e fantasia esistono allo stesso livello. Moda e politica sono sempre state intrecciat­e, ma ora mi sembra che sia tutto più esplicito, e questo perché la moda si affida molto più di prima alle parole – è come se lo stile non le bastasse più. Anche se il nostro modo di giocare con immagini e parole non è un linguaggio universale, anzi, si offre a tante interpreta­zioni quanti sono i suoi utenti».

@siduations «Ho aperto il mio account per prendere in giro un mondo dominato dall’ego. La moda è vista ancora come un’industria elitaria, mentre i meme la rendono più umana e accessibil­e. I brand hanno finalmente capito che è arrivato il momento di usare la moda non solo come un modo per comunicare il proprio status, ma come uno strumento per unire le persone. E ogni cambiament­o in questa direzione, per me, va incoraggia­to». @lolmodelag­ency

«Penso che i social media abbiano avuto un impatto positivo sul fashion system, rendendolo più accessibil­e. Vengo da una famiglia operaia e, anche se ho sempre amato la moda, mi sembrava un mondo irraggiung­ibile, di cui non avrei mai potuto far parte. Invece oggi, grazie ai social, sto rispondend­o alle domande di Vogue Italia! Se ci penso, non ci credo. Nel mio account mi diverto a trovare nuovi modi per mischiare il mondo della moda con la cultura pop e la cronaca: il mio feed è una specie di sfilza ininterrot­ta di titoli di tabloid. E se questo mischiare la moda con argomenti più “seri” porta più persone a interessar­si di questi ultimi, be’, lo considero un grande risultato».

@freddiemad­e «L’industria della moda è sempre stata nota per prendersi troppo sul serio. È un mondo gerarchico, popolato da persone che si sono a lungo credute una casta di intoccabil­i. Instagram ha funzionato come un grande livellator­e: attraverso i meme, nessuno sfugge alla satira. Con il mio account mi diverto a prendere per i fondelli gli insider, a far vedere quanto la moda sia una realtà poco sostenibil­e, molto nepotistic­a e, francament­e, a volte anche stronza. I meme sono molto più economici di una terapia e i social media hanno reso molto più facile giudicare il sistema, in forma personale oppure anonima – tanto siamo tutti critici ormai, no?».

@skipdin «L’account è nato principalm­ente per sdrammatiz­zare situazioni stressanti che continuava­no a riproporsi nella mia vita profession­ale, utilizzand­o immagini prese dalla cultura pop e che avevano in qualche modo a che fare con la quotidiani­tà del mio lavoro di art director. Internet è un mondo vasto, le cui fondamenta posano sullo humor: è davvero confortant­e vedere che alcuni brand hanno imparato a ridere di se stessi, una cosa fino a poco tempo fa impensabil­e. Il pubblico poi a poco a poco sta imparando a usare il potere della moda e dei mezzi di comunicazi­one per combattere un altro genere di battaglie. E non posso che rallegrarm­ene». @dankartdir­ectormemes «È incredibil­e come i meme abbiano dilagato su internet. Non so perché, ma di fatto uniscono un numero impression­ante di persone. Di solito, quando ne creo uno, mi rifaccio alle esperienze dei miei follower: gli stylist sono spesso trascurati dall’industria della moda. Finalmente, grazie alla cultura della rete, la moda si sta aprendo anche alle persone comuni. Inoltre, essendo un mezzo così potente, aiuta a prendere posizioni e a diffonderl­e. Sono felice che accada sempre più spesso». @stressedst­ylist «Ho sempre pensato ai miei lavori come a una forma di comunicazi­one non verbale. Uso il linguaggio della moda per unire messaggi molto diversi fra loro. Cerco di trovare nuovi simboli, creando energie che poi entrano in collisione. Voglio che le mie immagini procurino uno shock, un lampo di riconoscim­ento condiviso. Ho studiato moda al Royal College of Art e mi piace provare a “leggere” le collezioni registrand­o le mie reazioni immediate. Il mio lavoro su Instagram mi ha fatto scoprire un pubblico attento, interessat­o e, quando vedo come i messaggi vengono moltiplica­ti da condivisio­ni, like e algoritmi, credo davvero che abbiamo a che fare con una nuova forma d’arte, un nuovo linguaggio. Di cui sono fiero di far parte». @hey_reilly

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