Tutto È Solo Un Gioco
Nel settembre di 25 anni fa se ne andava Franco Moschino. Oggi Jeremy Scott applica la sua lezione ai nostri tempi: «Mai prendersi troppo sul serio».
Jeremy Scott si presenta nascondendo i suoi 44 anni sotto il top di un pigiama vintage, un cappello alla Alvin e un sorriso da bravo ragazzo. Sul viso ha un paio di cerotti dovuti a una rasatura frettolosa che possono essere facilmente scambiati con i segni lasciati da brufoli mal curati durante la pubertà. Definisce la sua moda e il suo stile come “senza tempo”, ma lui stesso è difficile da inquadrare in un periodo storico preciso: ’80? ’90? Adesso? Chi lo sa. È l’irritante caratteristica che rende questo bizzarro personaggio così affascinante.
25 anni fa moriva Moschino. Lei ne aveva 19: lo conosceva?
Certo. Seguo la moda da quando ne avevo 14. Sono sempre stato attratto da quei designer con una voce così particolare. Sicuramente Moschino, ma anche Mugler, Montana, Pierre Cardin, Rudi Gernreich e poi personaggi come Margiela o Gaultier.
Mi sembra di capire che il minimalismo non faccia per lei.
Be’… Ho poca simpatia per il minimalismo. La semplicità non è esaltante… Il che non significa che non stimi stilisti come Helmut Lang, per esempio.
Definirebbe il suo stile complicato e caotico?
Non userei queste parole. Direi piuttosto eccentrico.
C’è differenza tra essere radicali e provocatori?
Non proprio. Le mie non sono provocazioni fini a se stesse. Il radicalismo e la provocazione sono il risultato che arriva alla fine di un processo creativo, il regalo che voglio condividere con la gente.
La sua moda parla ai millennials: cosa vuole, secondo lei, questa generazione? Non so cosa vogliano i millennials. A me interessa ciò che voglio io, e come posso indirizzare i miei desideri in tutto quello che faccio. Mi piace vestire le persone che ho intorno: