I Ragazzi Della Saint Martins
Si chiamano Stella, Christopher, John, Riccardo… Sognavano di cambiare il mondo (con stile), e un po’ l’hanno fatto. Ora un libro ne ripercorre gli esordi. Con allegra nostalgia.
«Alla sola vista della facciata, dei corridoi e delle aule avevo i brividi. Era un sogno che diventava realtà». Christopher Kane ricorda così l’edificio di Charing Cross Road, ex sede della Central Saint Martins, prima che, dal 2011, la scuola traslocasse nel campus di King’s Cross. Fondata nel 1989 dalla fusione della Central School of Art and Design e della Saint Martin’s School of Art, quest’ultima attiva dal 1854, ha forgiato l’immaginario di intere generazioni. «Per me era come Hogwarts e ancora lo è!», sorride Charles Jeffrey, ricordando quando, in capelli cotonati e skinny jeans, ha attraversato l’ingresso e, in fila per l’immatricolazione, ha incrociato gli sguardi di Matty Bovan e del designer James Theseus Buck.
Non solo eccellenza e vivaio di talenti, la Central Saint Martins, al cui potere di influenzare il sistema moda è dedicato il libro Fashion Central Saint Martins (in uscita il 5 settembre, Thames & Hudson), è un universo di connessioni, microstorie che scorrono sottotraccia. È qui che si sono incontrate Stella McCartney e Phoebe Philo qualche anno prima della decisione di McCartney, nel 1997 neodirettore creativo di Chloé, di portare Philo con sé come design assistant. E ancora qui John Galliano con la sua memorabile sfilata di diploma Les Incroyables del 1984 ha trascinato in passerella amici come Camilla Nickerson (ora nota fashion editor) e il genio corrosivo di Alexander McQueen ha affilato le armi. Sfogliando le pagine del nuovo volume, tra bozzetti inediti, fotografie e interviste con ex studenti, da Hamish Bowles a Riccardo Tisci, testimonianze e aneddoti solleticano più di un interrogativo: quali sono stati i primi passi, gli esordi, i tremori del debutto? «La Saint Martins ti aiuta a essere chi vuoi. Io sapevo già quello che volevo fare: disegnare vestiti che io e i miei amici avremmo voluto indossare ma non riuscivamo a trovare in nessun negozio. John Galliano ha comprato quasi tutta la mia collezione di diploma in vendita nello store londinese Pineal Eye», racconta Kim Jones, direttore creativo menswear di Dior che ha conseguito un MA alla Csm nel 2002. Per Katie Grand, che ha frequentato la scuola fino al 1991 poco prima che l’incontro con Rankin e Jefferson Hack e l’avventura come fashion director del neonato Dazed & Confused cambiassero il corso degli eventi, andare alla Saint Martins è stato, innanzitutto, “divertente”. «Una delle prime persone che ho visto alla reception era Anita Pallenberg che indossava una giacca del tour dei Rolling Stones in special edition», ricorda.
Ogni visione può forgiare una prima volta e, attraverso la memoria, potenziarne l’effetto. «Non ho uno solo ma numerosi inizi. Era la prima volta che vivevo lontano da casa e la prima esplorazione della mia creatività», ricorda Simone Rocha, MA graduate nel 2010. «Uno dei primi compiti era mostrare il portfolio agli altri studenti, mi sentivo un pesce fuor d’acqua ma parte di qualcosa di nuovo e speciale», continua. In tema di inediti avvii, Francesco Vezzoli, che ha studiato Fine Arts a poco più di vent’anni in cerca di ossigeno creativo fuori dall’Italia: «La prima impressione? Ho pensato che la Saint Martins fosse un luogo inospitale pieno di persone che mi guardavano con sospetto. Per me è stata una meravigliosa scusa per scappare a Londra e vivere per un po’ di anni il clima culturale di quella che allora era la città più stimolante del mondo. Lì ho vissuto il periodo più eccitante della mia vita». Nell’intreccio di aule e corridoi era facile perdersi. Ma anche trovarsi, incrociare uno sguardo complice e inciampare in una buona occasione. «Ricordo i debutti, le sfilate, i compiti in classe. Forse l’inizio davvero memorabile è stato lavorare con Louise Wilson. Ha cambiato la mia vita. Mi mancherà sempre il suo approccio anticonformista all’insegnamento», spiega Christopher Kane.
Non è certo un esempio isolato: course director del Central Saint Martins MA Fashion dal 1992 fino alla sua prematura scomparsa nel 2014, Wilson ha scritto più di un capitolo di questa storia, mentore di una generazione di designers, da Mary Katrantzou a Simone Rocha, da Craig Green a Roksanda Ilincˇic´. Partnership e affinità creative nascevano ogni giorno spesso consolidate da influenze musicali condivise ed esplorazioni della nightlife. «L’aspetto più importante di essere alla Saint Martins è stato conoscere persone come Kim Bowen, Adam Ant o Peter Doig o amici che frequentavano i miei stessi club e sono diventati parte della mia vita. La moda è nata in questo contesto e non il contrario», racconta Stephen Jones, diplomato nel 1979. Il riferimento è alla scena underground dei “Blitz Kids”, gli alunni che, tra fine anni Settanta e
Ottanta, frequentavano i locali di Soho e Covent Garden creando ogni notte riedizioni di look post punk e new romantic. La formula della creatività non si può insegnare. Se c’è, però, un modo per mescolare le carte e inventare nuove combinazioni è abbattere i confini tra le discipline. «Ripenso alle sere d’estate, sul tetto», racconta il regista britannico Joe Wright, ex alunno della Central Saint Martins. «Quei momenti erano preziosi: studenti di cinema, moda o arte si rilassavano insieme e condividevano storie e idee. Ci eravamo lasciati alle spalle la nostra grigia infanzia e ci sembrava di poter cambiare il mondo. E forse l’abbiamo fatto, un po’». ____________