La Mia Porta D’Accesso All’Universo
Le sostanze psichedeliche, Lsd in testa, vivono un nuovo rinascimento scientifico. Lo scrittore Michael Pollan le ha provate. Per dimostrare che…
In autorevoli cliniche universitarie, nella clandestinità di case di sciamani e soprattutto attraverso le esperienze dirette di una giovane generazione di scienziati, gli psichedelici – Lsd e psilocibina (i funghetti, consumati dagli indios mazatechi prima della conquista spagnola) in testa – sono l’oggetto di un nuovo rinascimento. Gli “psiconauti” stanno misurando gli effetti dei trip nella cura di depressioni, traumi e dipendenze; il viaggio psichedelico si è dimostrato un valido aiuto per i malati terminali, alleviando il loro dolore esistenziale. C’è poi un’altra scommessa, ardua ma non irrealizzabile: svelare una mente nascosta, “aperta” e che esiste in tutti noi da sempre, ma di cui abbiamo smarrito la strada. Una porta d’accesso all’universo che svelerebbe il significato della nostra esistenza, sostituendo al peso di paure e desideri, la gioia di donarsi al presente e a un rapporto senza filtri con l’altro, sia questo un essere umano, un fiore o il frutto dell’ingegno, come una sonata di Bach.
Sessant’anni dopo l’avventura “acida” e controculturale di Timothy Leary, Allen Ginsberg e Richard Alpert e dopo i successivi decenni di repressione, tramite la somministrazione controllata di psichedelici, i ricercatori sono vicini alla scoperta di una dimensione spirituale umana slegata dal soprannaturale. Se pensiamo al cervello come a una di quelle sfere di cristallo piene di neve, con il procedere dell’età, con abitudini e percorsi mentali ripetitivi (o, nei casi estremi, per colpa di depressione e dipendenze), smettiamo di agitarla e così la neve – la creatività, l’immaginazione – si deposita sul fondo. Gli strumenti di neuroimaging hanno dimostrato che le sostanze psichedeliche (il termine significa “rivelatore della psiche”) spezzano le connessioni rigide del cervello, creandone di nuove. Ogni trip agita la palla di neve. Ingoiare un pezzetto di fungo amaro per aprire le porte della percezione espone a rischi per la salute (o ai cosiddetti bad trip), ma oggi la scienza è a favore della sperimentazione. È stato appena inaugurato il “Centro per la ricerca dei benefici terapeutici degli psichedelici” della Johns Hopkins University di Baltimora. In luglio, alla quinta “Breaking Convention” dell’Università di Greenwich,
150 oratori hanno descritto i risultati promettenti delle terapie con microdosi di Lsd, psilocibina e mescalina.
Per unire questi puntini distanti occorrono menti agnostiche, temerarie e curiose. Dopo aver rivoluzionato la sociologia del cibo in Il dilemma dell’onnivoro, il saggista americano Michael Pollan ha dedicato anni di studio alla new wave delle sostanze psichedeliche, riportando i risultati in Come cambiare la tua mente (Adelphi). Ha stanato adepti che hanno portato in salvo il valore delle antiche esperienze; intervistato depressi che non miglioravano con le medicine e sono guariti con la psilocibina. Aiutato da sherpa clandestini, Pollan ha sperimentato gli effetti di Lsd, dei funghetti e del veleno del rospo del deserto di Sonora, considerato l’“Everest delle sostanze psichedeliche”. Pollan aveva paura: i sessant’anni superati, qualche problema al cuore. Sentiva però che era presto per chiudere i conti con la realtà. E che diventare più aperto, «quando i solchi delle abitudini mentali sono così profondamente incisi da sembrare ineludibili», era una prospettiva allettante. Voleva fare parte di un’entità più vasta. «Poco importa», scrive, «se chiamiamo quell’entità Natura, Intelletto in genere, o Dio». Così, affidandosi all’immagine dello psichiatra Roland Griffiths («Pensa a te stesso come a un astronauta lanciato nello spazio… noi saremo qui a tenere d’occhio la situazione»), Pollan si è lanciato.
Quale è stata la rivelazione più imprevista? Durante l’esperienza con la psilocibina il mio “io” si è dissolto in pezzetti di carta tipo postit dispersi al vento, senza che avessi voglia di correre a riprenderli. Mi son visto spalmato sulla superficie del mondo come lo strato di una sostanza che ero “io”. Ancora oggi mi chiedo che cosa fosse quella prospettiva che permetteva di vedermi in un modo altrettanto naturale del solito: il sé era fuori dal corpo, ma avevo accesso al suo punto di vista. Ero disperso in una dimensione impersonale e vivevo in pace. Senza ego, la vita proseguiva. L’ipotesi che gli psichedelici riescano a ridare vivacità alla mente è accettata dalla scienza?
Gli studiosi chiamano la risposta abitudinaria del cervello “Default Mode Network” e studiano come limitarne il potere. Di sicuro gli psichedelici introducono plasticità, rompono abitudini. È dimostrato da migliaia di pazienti. Manca la conoscenza della relazione tra mente e cervello, ma una delle conseguenze degli psichedelici è unirli. Perché la chimica agisce sul cervello, ma sono coinvolte anche le esperienze. E sono queste a durare. Cercare un significato per l’esistenza ha più valore nell’epoca del narcisismo? Dalla preponderanza dell’ego discendono le due crisi più gravi: quella ambientale e il ritorno dei nazionalismi, cioè considerare noi e i nostri simili i soli soggetti che contano, mentre il resto è mero oggetto. Oggettivare la natura e l’umanità è orribile e oggi ne vediamo le conseguenze. Dall’uso degli psichedelici nasce la convinzione che gli altri – natura, piante, musica – siano entità viventi quanto noi. E ciò rende impossibile commettere degli abusi nei loro confronti. Se l’ego si dissolve, il problema del presente, il non sentirsi connessi all’altro, scompare. Certo non si può sciogliere l’acido nell’acqua potabile; per ora funziona a livello individuale.
Nel descrivere un trip ricorda che l’io si era “volatilizzato”. In che senso?
Avevo chiesto alla guida di mettere come sottofondo una suite per violoncello di Bach. È difficile spiegare che cosa volesse dire percepirsi esplosi e al tempo stesso in pace. Sapevo soltanto che sentirsi un tutt’uno con la musica era la cosa giusta. Non ascoltavo: ero la musica, il violoncello. Vivevo nel prodotto di un’altra mente, Bach! E non era una musica felice, somigliava alla morte, ma andava bene così. Era un assaggio di una coscienza diversa, il pensiero era libero in un territorio da cui guardava il mio ego come a una delle possibilità. Più ci si pensa come parte di una natura vasta, e più semplice diventa lasciarsi andare. La perdita dell’ego è una prova generale della morte.
Come portare esperienze così alla massa? Occorre avvicinarsi a queste sostanze con solennità, rispetto. Nei ’60 e ancora oggi, la gente le assume senza pensarci. Non è un gioco. Nel 1959 Cary Grant diede un impulso all’Lsd decantandone i benefici in un’intervista. Ora chi è il testimonial adatto? Nessuna testimonianza vale quella dei pazienti che sono stati meglio dopo aver consumato queste sostanze. Sono i pionieri di un viaggio e tornano per raccontarci una trasformazione personale e ciò che c’è là fuori. Il suo libro è stato criticato?
Meno del previsto. La comunità scientifica è in crisi, perché con dipendenze e malattie mentali le medicine funzionano poco. Gli psichedelici sono promettenti e i medici sono aperti anche perché disperati.
Ha ripreso a “viaggiare”?
Aspetto quando sarà legale. Manca poco. ___