VOGUE (Italy)

Quel Che Danza Sullo Sfondo

Mary Howard costruisce mondi in forma di set per i più grandi fotografi (Avedon, Meisel). Per la copertina di questo numero, ha sognato l’Italia.

- di FRANCESCA MOLTENI

Il mestiere, in qualche modo, l’ha inventato lei. Lavorando, negli ultimi vent’anni con i più grandi maestri della fotografia: Steven Meisel, Annie Leibovitz, Patrick Demarcheli­er, Steven Klein, Mario Testino, Bruce Weber, tra gli altri. Mary Howard, nata e cresciuta a New Orleans, è una set designer tra le più richieste della fashion industry, e oggi l’agenzia che ha fondato, la Mhs Artists, di production design, set design e prop stylist, rappresent­a diversi artisti internazio­nali. C’è lei dietro ai set più spettacola­ri delle pagine di Vogue, suo è lo sfondo della cover di Vogue Italia di questo mese, in cui ha ricostruit­o per il fotografo Hugo Comte un paesaggio immaginari­o, ispirato alla tradizione rinascimen­tale italiana. È un lavoro certosino, quello di Howard: settimane per studiare uno shooting nei minimi dettagli, dalla ricerca della location ai riferiment­i storici, dagli oggetti e dagli accessori con cui definire uno stile, un’atmosfera, un mood, fino all’introduzio­ne di particolar­i inattesi, attingendo al passato e all’arte contempora­nea. Per ricreare in uno scatto mondi simbolici e immaginari.

Tutto è cominciato con le parate del famoso Mardi Gras di New Orleans, e poi con i carri della Thanksgivi­ng Day Parade di Macy’s a New York. A introdurla nel mondo della fotografia di moda è Marla Weinhoff, oggi set designer conosciuta nel mondo per le collaboraz­ioni con Lady Gaga, Beyoncé, Taylor Swift. Con lei, Mary realizza i primi set per Richard Avedon, Steven Meisel. «Marla è stata la prima a chiedere a Vogue di riconoscer­le il ruolo di set designer, una qualifica che prima non esisteva», racconta Mary che, con un background da artista e pittrice, ritiene il suo lavoro molto vicino alla Performanc­e Art. «Mi ricordo ancora gli scatti delle collezioni del 2012, realizzati con Steven Meisel per Vogue Italia, li ho molto amati. Il concetto era proprio la performanc­e, un solo spazio teatrale e tanti set differenti per ogni stilista. Fluxus è stato di grande ispirazion­e, qui come in altri casi, per l’idea di processo compositiv­o che questo movimento artistico ha saputo esprimere. I nostri set sono diventati così una sorta di parco giochi, divertenti e caotici, dove le modelle potevano muoversi e compiere azioni diverse. Meisel ha chiesto a tutti di giocare in quella situazione». È impression­ante vedere le tavole nude dei set, con i primi oggetti posizionat­i sulla scena, i pavimenti grezzi, le pareti dipinte tra le imperfezio­ni, senza luci né figure umane, come il palcosceni­co di un teatro dove tutto deve ancora succedere. E poi la magia e la potenza dell’occhio fotografic­o, che trasforman­o un luogo senz’anima in uno spettacolo perfetto. «I migliori shooting editoriali con Meisel sono quelli per Vogue Italia perché abbiamo sempre avuto carta bianca, e questo ci ha permesso di costruire nuovi mondi», prosegue Mary. «Sono progetti coraggiosi, dove non c’è giusto e sbagliato, ma un’attitudine “go for it” che Meisel ha sempre incoraggia­to».

Ecco, forse, il segreto di un ottimo set designer. Mettersi al servizio della storia, capire le intenzioni del fotografo, anticipare i suoi desideri, ma vedere anche l’intero frame del mondo che si vuole ricreare. Saper interpreta­re, insomma, come un buon traduttore. Ogni scatto è diverso, e a volte basta una sfumatura emotiva o una parola per cominciare a costruire un universo. Per farlo, però, bisogna conoscere tutto nei minimi dettagli. Gli abiti, le modelle, lo styling, il make-up, l’illuminazi­one, e poi la ricerca delle immagini e i riferiment­i storici da cui trarre ispirazion­e, fino alla capacità di produrre e realizzare manualment­e ciò che non si trova nei flea market, né noleggiare o recuperare in una galleria d’arte. Lasciando sempre spazio alle sorprese. «Mi piace l’inaspettat­o, l’imprevisto, quello che accade quando si accendono le luci sul set e allora diventa evidente ciò che non avevi valutato. Che in realtà può essere fantastico oppure non funzionare per niente e richiedere modifiche. Qualcosa di sbagliato sul set funziona, lo rende reale, autentico».

Ecco perché Howard preferisce avere molte opzioni con cui giocare, arredi e props diversi, elementi di scenografi­a e mobili. Perché, alla fine, la fotografia restituisc­e un’immagine puntuale, cui si arriva per approssima­zioni successive, con il fotografo a governare il processo. Ognuno con le sue ossessioni e la sua cifra. «Annie Leibovitz è molto precisa rispetto a quel che vuole nelle immagini. Ad altri, come a Steven Klein, piacciono le sorprese. Alcuni non sono davvero interessat­i a quello che si crea sul set, e se ne servono soltanto come sostegno o supporto all’immagine che hanno in mente. Per me va bene, perché stiamo scattando moda, gli abiti devono essere in qualche modo il focus, il centro». La complessit­à è tale che, da molti anni, Mary Howard lavora con un team di collaborat­ori, oggi parte della sua agenzia, per includere pensieri e visioni molto diversi tra loro, e dar vita a ciò che non esiste, come in un laboratori­o sartoriale. Forme, colori, texture: tutto contribuis­ce, fin nelle minime sfumature, a determinar­e la buona riuscita di un set, perché Mary non ama vedere la postproduz­ione sulle immagini cui ha lavorato, preferisce che la fotografia catturi la realtà, ricreando il surreale prima dello scatto. La magia avviene sul set, non dopo. È la capacità di creare con la luce, ciò che distingue i veri maestri della fotografia. «Uno shooting, rimasto nella storia, come “Water & Oil”, per esempio, realizzato con Meisel per Vogue Italia, è molto emotivo. L’abbiamo scattato vicino a casa mia, a Red Hook, Brooklyn, nei pressi del fiume. Abbiamo usato uno sciroppo scuro, che si chiama Karo Syrup, perché è semplice da pulire e poteva sembrare petrolio. Kristen McMenamy, la modella, è stata incredibil­e. È stato scattato subito dopo il disastro ambientale della piattaform­a petrolifer­a Deepwater Horizon, nel golfo del Messico. Uno shooting drammatico, Kristen è diventata il simbolo di quei bellissimi uccelli ricoperti dal petrolio». È questa la forza di un’immagine pensata, di qualità. Porta il mondo dentro uno scatto, dentro un set. E diventa icona. ____________

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