Quando I Demoni Erano Queer
Morehshin Allahyari indaga l’immaginario fantastico femminile. E attraverso le sue creature in 3D rivendica un futuro non cisgender.
Demoni a tre teste, muse acquatiche tentacolari, serpenti dal ghigno perenne. Le creature mostruose e leggendarie (jinn, geni nella tradizione mediorientale) plasmate in 3D da Morehshin Allahyari sembrano uscite da boutique del mistero o fiabe dark della buonanotte. E la realtà non è troppo distante dalla fantasia. L’artista, nata a Teheran nel 1985, trasferitasi nel 2007 negli Stati Uniti e ora di stanza a Brooklyn, da bambina, prima di addormentarsi, ascoltava sua nonna, cresciuta in un piccolo villaggio, raccontare favole infestate da apparizioni di jinn in luoghi pubblici. Anni dopo, Morehshin Allahyari (che ha esposto, tra le altre venues, al Whitney Museum di New York e al Centre Pompidou, a Parigi) ha inglobato le memorie di infanzia in una ricerca tra antropologia e mito, il cui ultimo capitolo è l’opera ideata per la mostra Manual Override, al The Shed di New York dal 13/11. Il lavoro è parte del progetto intitolato She Who Sees the Unknown che, in progress dal 2016, indaga l’immaginario fantastico femminile e queer in relazione a temi come il patriarcato e il colonialismo. Come descriverebbe l’ignoto che cita nel titolo She Who Sees the Unknown?
I jinn hanno un ruolo ben definito nella cultura islamica: benevoli o malevoli, sono in grado di influenzare o prevedere il futuro. L’ignoto racchiude tutte queste potenzialità. È qualcosa che va al di là della percezione umana.
Quanto è importante creare mondi alternativi attraverso il mito e la fantasia?
È fondamentale. Ho un background di scrittura creativa. Poesia e narrativa sono da sempre parti integranti del mio lavoro.
La sua ricerca è un’indagine femminista del fantastico...
Le vicende che riproduco sono, di solito, quelle meno rappresentate o andate perdute nella tradizione mediorientale e non. Si pensi ai supereroi dei racconti di tutto mondo, sono perlopiù uomini. A volte, nel corso della mia ricerca, ho scovato interpretazioni differenti tra loro: Huma, per esempio, il demone con tre teste responsabile della febbre, in origine era queer o genderless ma, dopo secoli di tradizioni orali e scritte, è diventato maschile. Essere “potenti”, persino nella fantasia, veniva filtrato da un’ottica patriarcale.
Qual è il ruolo dell’immaginazione? Cosa accade se le storie vengono riscritte?
È, credo, il potere del progetto: riscoprire e riappropriarsi di figure dimenticate, ridisegnarne i contorni. E ricordare che elementi analoghi nelle nostre narrazioni (sia immaginarie sia reali) contano, non solo per il presente ma per rivendicare un futuro differente. Un futuro femminile e non cisgender. _____________