Duemila Anni Dopo
I miti greci, riletti oggi in chiave femminile. È la sfida di otto scrittrici italiane, che Vogue Italia presenta in anteprima.
Forse era un po’ femminista, Ovidio, che duemila anni fa si dedicò a scrivere le Eroidi. La sua raccolta di epistole, dove le eroine dei miti si rivolgevano ai loro spesso discutibili mariti, rovesciava infatti il punto di vista maschile. Oggi, con intento proporzionalmente simile, otto scrittrici italiane delle nuove generazioni – Ilaria Bernardini, Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Veronica Raimo, Chiara Valerio – hanno rivisitato quelle storie: il risultato, in uscita questo mese per HarperCollins, è Le nuove Eroidi (leggete in anteprima il racconto della Murgia a pagina 296). «Aspettavo dai tempi dell’università di poter riparlare di Didone, che nell’Eneide si distruggeva per un uomo», spiega Valeria Parrella. Guardare ai miti greci, in un momento di mutazione sociale ed emozionale sempre più postumana, è davvero necessario? «Nei classici c’è una chiave per comprendere l’altro-da-noi, una chiave per comprendere noi stessi. E anche una chiave per sentirci tutti umani», dice Antonella Lattanzi. E Teresa Ciabatti, che ha scelto di raccontare Medea, mette in guardia: «L’idea che le donne possano fare tutto da sole, creare e distruggere, è un equivalente dell’onnipotenza maschile. Che il femminismo non diventi la copia del peggiore maschilismo». −