UN’ITALIANA A LISBONA: IL MAAT VOLTA PAGINA
Col suo suggestivo rivestimento di piastrelle bianche, omaggio alla tradizione ceramica lusitana, e le audaci forme organiche che fanno pensare al guscio di un enorme mollusco, il Museo di Arte, Architettura e Tecnologia di Lisbona (Maat) progettato da Amanda Levete, a tre anni dall’inaugurazione è già uno dei landmark della capitale portoghese. A dirigerlo, da settembre, è la curatrice italiana Beatrice Leanza che, per ricoprire questo ruolo, lascia la Cina, sua patria adottiva da diciassette anni. «Voglio accompagnare la trasformazione del Maat da museo a “istituzione culturale”», spiega Leanza. La differenza? «Il primo “espone” idee; la seconda le “genera”: è un’entità viva, aperta osmoticamente al mondo e ai suoi problemi, capace di crearne e promuoverne di nuove». Come? «Potenziando la vocazione del Maat, che è già nel suo nome, di catalizzatore del dialogo tra arte, architettura e tecnologia – non “discipline” separate, a compartimenti stagni, ma “aree di conoscenza” dai labili confini, che una programmazione incentrata sulle arti visive non ha permesso finora di valorizzare appieno». Laureata a Ca’ Foscari in storia dell’arte asiatica, Leanza ha esordito come curatrice nel 2002 presso l’Art Archives and Warehouse di Pechino dell’artista Ai Weiwei. La consacrazione internazionale arriva tra il 2013 e il 2016, con il duplice ruolo di direttrice creativa della Beijing Design Week e curatrice del programma di ricerca “Across Chinese Cities”, presenza fissa alle ultime edizioni della Biennale di Architettura di Venezia. Nel 2017 fonda “B/Side Design”, organizzazione che sviluppa strategie di impatto urbano e sociale nelle aree a trasformazione socio-economica in Cina. «Queste esperienze mi hanno aperto gli occhi sul fatto che le istituzioni culturali, in quanto fautrici di dialogo, si rivelano dei potenti agenti trasformatori della società e dell’economia, riuscendo dove la politica di solito fallisce. Penso non solo al dialogo interdisciplinare, ma soprattutto a quello pubblico-privato: due realtà che, specie in Europa, tendono a parlarsi ancora troppo poco, e dalla cui dialettica, se ben mediata dal mondo della cultura, possono scaturire soluzioni ai più concreti problemi dell’oggi. Le istituzioni culturali – in Cina è prassi ormai consolidata – sono capaci di dare un contributo decisivo, e super partes, per allinearne bisogni, ambizioni e speranze, creando per questi due settori un medesimo orizzonte condiviso».