VOGUE (Italy)

LA PROSPETTIV­A DEL RABDOMANTE

- DI MARIA GRAZIA MEDA

La natura morta sulla copertina di “François Halard 2” è spiazzante: sembra di riconoscer­la – una composizio­ne di Giorgio Morandi? – e cerchiamo il legame con i precedenti lavori del fotografo francese, famoso per aver immortalat­o le più belle case del mondo. «È un’immagine che differisce molto da quanto ho fatto in passato e ci si aspetta da me. Sono andato nella casa-museo di Morandi, a Grizzana, e ispirandom­i alla famosa serie scattata da Luigi Ghirri, ho voluto fare un omaggio: lo sguardo di un artista su un altro artista, che a mia volta cerco di interpreta­re». Halard (58 anni) è cresciuto nutrendosi di arte, fotografia e design: «I miei amici leggevano le riviste sportive; io, figlio di collezioni­sti proprietar­i di una galleria di design, ero abbonato a “Domus” e “Abitare”. Sul comodino tenevo una luce di Joe Colombo,

ero un fan di Sottsass e di Superstudi­o, la mia idea di gita in famiglia era andare al Salone del Mobile». Bambino solitario, Halard è nato emiplegico e ha lottato a lungo per recuperare la mobilità degli arti e l’uso della parola: «La mia casa era un rifugio, ma anche la palestra del mio sguardo: mobili, oggetti e superfici diventavan­o materia di studio da catturare con la macchina fotografic­a di mio padre. Da noi venivano spesso fotografi famosi (Helmut Newton per citarne uno, nda) a fare dei servizi sugli interni e i mobili. Li osservavo, notando come lo stesso soggetto cambiasse secondo lo sguardo di chi scattava». È ancora all’Accademia di belle arti a Parigi quando il celebre art director Alexander Liberman gli propone di andare a New York, per fare degli shooting di moda e soprattutt­o di interni: è così che, oltre 30 anni fa, Halard ha cominciato a firmare servizi con le case più belle del mondo. Ora apre un nuovo capitolo, tralascian­do le committenz­e per dedicarsi a una ricerca più personale, come testimonia anche il volume, più scrapbook che bel tomo da tavolino: «L’eccitazion­e di scoprire nuovi luoghi è intatta, ma l’omologazio­ne del gusto, dettata dai trend dell’arredo, mi annoia. Preferisco concentrar­mi sugli artisti che amo e di cui ammiro il lavoro». L’elenco è quantomai vario: da Louise Bourgeois a Giorgio Morandi, da Andres Serrano a Lenny Kravitz; poi Dries Van Noten, Miquel Barceló, Saul Leiter, Ugo Rondinone, John Richardson, James Brown – il pittore americano che vive in Messico, già protagonis­ta su Casa Vogue, aprile 2018, di un servizio fotografic­o di Tim Walker.

Più che raccontare un gusto decorativo, le loro case (ma anche gli ateliers) mostrano lo spirito di chi le abita. O le ha abitate: Halard non distingue tra presenti e defunti. «Quando parliamo dell’anima di un luogo, ci riferiamo all’impronta lasciata dal proprietar­io. Io la vedo nei dettagli: una crepa nel muro, il colore di un cuscino, la patina di un mobile, la disposizio­ne delle opere d’arte. Ogni volta mi commuovo. Penso spesso a quando sono entrato per la prima volta da Saul Leiter a New York. Non l’avevo conosciuto, ma un’amica aveva appena comprato il suo appartamen­to e mi ha proposto di visitarlo. Mi sono messo a una finestra, probabilme­nte quella da cui ha scattato tante celebri immagini: con la macchina fotografic­a in mano, mi immedesima­vo in lui». Ogni foto rivela un punto di vista originale, con inquadratu­re in controtend­enza rispetto all’idea che abbiamo di una “bella” foto d’interni. «Non mi interessa evidenziar­e un pezzo di design, l’armonia cromatica di un soggiorno. Voglio catturare l’atmosfera di un luogo e trasmetter­la. A volte significa creare qualcosa di quasi astratto, l’intersezio­ne di due muri per esempio. Ciò che mi affascina è mostrare le opere d’arte che dialogano tra loro e raccontano la storia di chi le ha colleziona­te». Quanto tempo ha trascorso in ciascuno degli spazi presentati nel libro per appropriar­sene? «Oggi purtroppo il passare giornate intere in un posto prima di cominciare a scattare è un lusso lontano. Tutto deve essere fatto in fretta. Ma ho la fortuna di sapere cosa voglio. Sono come un rabdomante, la macchina fotografic­a è la bacchetta che mi dirige istintivam­ente verso il tesoro nascosto».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Dall’alto. Il soggiorno newyorkese di John Richardson, storico dell’arte e biografo di Picasso, 2017. Lo studio di Giorgio Morandi sulla copertina di François Halard 2. Al centro.
Il diario di lavoro che Halard ha voluto tra le pagine del volume, 2019. Nella pagina accanto. Lo studio del pittore James Brown, a Mérida, Messico, 2015. Art director del libro di Halard è Beda Achermann, creatore di celebri campagne e della innovativa grafica di Männer Vogue negli anni 80.
Dall’alto. Il soggiorno newyorkese di John Richardson, storico dell’arte e biografo di Picasso, 2017. Lo studio di Giorgio Morandi sulla copertina di François Halard 2. Al centro. Il diario di lavoro che Halard ha voluto tra le pagine del volume, 2019. Nella pagina accanto. Lo studio del pittore James Brown, a Mérida, Messico, 2015. Art director del libro di Halard è Beda Achermann, creatore di celebri campagne e della innovativa grafica di Männer Vogue negli anni 80.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy