QUESTO SPAZIO CHE CHIAMIAMO CASA
Molte strade portano al letto: riposo, nascita, amore, scrittura, ozio, malattia, morte. Il letto è un palcoscenico; forse niente lo fu più del baldacchino di Luigi XIV, dove il sonno e, soprattutto, il risveglio del re erano un affollato rito di Stato. Leggendario quello all’Hotel Hilton di Amsterdam in cui John Lennon e Yoko Ono tennero il loro “bed-in” per la pace; né meno nota è la vicenda di Frida Kahlo allettata, che lì iniziò a dipingere. Il volume di Celia Forner “Bedtime: Inspirational Beds, Bedrooms & Boudoirs” (Vendome Press) parte dalla mitologia del letto per dispiegare un’antologia illustrata di giacigli storici, letti famosi e famosi a letto, moderni boudoir e naturalmente icone di design. Ma se nessuno teme parlar di letti – anche Truman Capote si dichiarava scrittore orizzontale –, sui corridoi, spazi tra i più negletti dell’architettura vernacolare, al contrario la letteratura latita. A tracciarne una storia culturale ci prova “Corridors: Passages of Modernity” (Reaktion Books): dalla prima apparizione durante l’Illuminismo alla loro scomparsa dagli anni Ottanta del Novecento – fatalmente confinati a infrastruttura o metafora. Unica eccezione una certa cinematografia – Stanley Kubrick docet – che ne ha fatto un ambiente connotato, irrimediabilmente associato a paura e disforia. Il libro va oltre l’interesse architettonico, azzardando che l’evoluzione del corridoio rifletta la traiettoria della modernità stessa. A chi ama il décor si rivolge “Interiors: The Greatest Rooms of the Century” (Phaidon), che con piglio enciclopedico raccoglie circa 400 foto d’interni, compendio, dalla A alla Z, di ambienti di cui parlano, quando parlano di interior design o decorazione, quanti sono (o pensano di essere) nel firmamento mondiale dello stile. Ricca è la suite di testi introduttivi: dal minimalismo al massimalismo, dalla più canonica grandeur ad abitacoli bohémien, oltre il dilemma del buono o cattivo gusto. Tra le tante, le case di Coco Chanel, Picasso, Peggy Guggenheim e architetti diversissimi: Eileen Gray, Renzo Mongiardino, David Chipperfield. Ma ogni enumerazione è parziale in ragione del tutto che il volume vuole contenere: difficile per il lettore non trovare ciò che cerca, avendo molto altro da scoprire.