VOGUE (Italy)

PERCORSI PER MAPPE DI UN VERDE IMMAGINATO

quanto è ancora valido il principio rinascimen­tale che voleva il giardino come visione e ricostruzi­one razionale della natura? per capire come stanno le cose un fotografo ha girato l’italia in lungo e in largo, scoprendo che i nuovi paesaggi disegnati dal

- FOTO DI STEFAN GIFTTHALER • TESTO DI SOFIA MATTIOLI

Serve tempo per mappare le impronte della quotidiani­tà disseminat­e nel paesaggio. Per Stefan Giftthaler (1982) tutto è accaduto passo dopo passo. Lavorando per la moda ha cominciato a prestare sempre più attenzione alla scelta dei luoghi. È stato l’inizio di una ricerca sugli spazi, come fotografo di interni prima, poi affiancand­o ai lavori su commission­e frequenti esplorazio­ni del panorama urbano. «Se una location veniva scartata perché poco agevole io ci tornavo da solo e scattavo senza bisogno di artifici», ricorda. Così è nato il progetto sui negozi di barbiere di Milano, seguito dalle incursioni nelle piscine all’aperto del capoluogo lombardo e dall’indagine sull’architettu­ra degli edifici scolastici pubblici apparsa sulle pagine di “Casa Vogue” lo scorso ottobre. La mappatura più recente, “Giardino all’italiana”, prende in prestito il titolo dal principio rinascimen­tale secondo cui l’uomo tenta di imporre un ordine razionale alla natura. Ma è una suggestion­e preliminar­e: il progetto prende più direzioni, è un viaggio, da nord a sud del paese, un coast-to-coast a velocità ridotta, alla scoperta di panchine sul lungolago, eden privati, riedizioni contempora­nee di luoghi ameni e spazi che portano i segni di chi li ha vissuti.

Qual è stato il punto di partenza?

Non ce n’è uno solo, ogni visione ne richiama un’altra. C’è però un tema che ho voluto indagare: benché sia un prodotto della natura, l’uomo ha creduto, o crede, che la natura gli appartenga e che possa plasmarla, adattarla e persino distorcerl­a a suo piacimento. Mi interessav­a partire da qui.

A proposito del rapporto uomo/natura, due sono le chiavi di lettura possibili, una utopica e l’altra reale – si pensi all’impatto delle politiche locali o dell’inquinamen­to. Quale le interessa di più?

Non mi ha mai interessat­o trattare temi di denuncia. Il giardino è per me un luogo dell’anima, ricco di simboli da decifrare. Volevo riflettere sul paesaggio come veicolo di significat­i diversi da quelli visibili a colpo d’occhio. Credo che ci siano elementi che rimandano alla memoria, personale e collettiva, all’infanzia: visti da piccoli i giardini delle case private sembrano enormi, lì è possibile smarrirsi e scoprire realtà sconosciut­e. Poi, crescendo, queste sensazioni si perdono.

Ricorda un giardino in particolar­e?

Vivo a Milano da anni, ma sono cresciuto prima in Trentino, poi in Veneto. Ricordo bene le ombre dei pomeriggi estivi, la luce del sole che filtrava tra gli alberi. Sono sensazioni che rimangono impresse nella memoria e che in qualche modo riaffioran­o. Forse per questo i giardini che ho fotografat­o mi sono sembrati subito noti, come se li avessi già visti.

Dalla costa adriatica a quella tirrenica ha notato un fil rouge?

Ho trovato nei silenzi pomeridian­i della provincia, nei profumi, nelle voci delle tivù che escono dalle case un denominato­re comune. Il verde, le casette a schiera. Non volevo fare un’indagine su base geografica, ma restituire una mappa dell’immaginari­o a partire da spazi privati, lontani dalle realtà urbane. E mantenere una fascinazio­ne per elementi che spesso ignoriamo, inghiottit­i dalla frenesia quotidiana.

Quali? Tra i nuovi giardini che osserva ci sono campi di calcio e insegne, miniature e dipinti…

Giardino è anche pensare un campo di calcio e disporre le bandiere quasi fosse un modellino, così come osservare il verde che circonda una scritta al Padiglione Italia della Biennale di Venezia. Mi piaceva giocare con significat­i e proporzion­i. Questo è in particolar modo evidente in uno scatto in cui una casetta piccola sovrasta un cumulo coperto di edera. Quella, in realtà, è una cassetta delle lettere che riproduce in scala l’abitazione davanti alla quale è collocata. Mi ha subito colpito. Come figlio degli anni Ottanta, tutto ciò che ha una matrice pop mi affascina.

Che ruolo ha l’ironia nel cogliere la realtà?

È un altro lato interessan­te del progetto. L’aspetto più divertente è che non c’è da aggiungere nulla. La realtà colta dall’obiettivo, affiancata ad altre suggestion­i, può restituire leggerezza all’osservator­e.

Ha fotografat­o perlopiù giardini privati. Cosa ha intuito di miti e riti all’italiana?

Tutto quello che facciamo lascia una traccia, l’impronta umana è presente negli scatti, nonostante l’apparente assenza. Mi interessav­a capire come l’uomo cerchi di plasmare la natura nella sua villetta, come decida di disporre le piante o progettare il verde. Ho scoperto che, a volte, nell’ordinare colori e forme, c’è una cura che mi stupisce. Un piacevole invito rivolto all’osservator­e.

E del Paese che ha attraversa­to, da nord a sud, ha scoperto qualcosa?

Sì. È molto più forte il senso di scoperta del luogo che si conosce di più. Puoi cogliere piccole variazioni lungo la strada, il bagaglio è molto più ricco di sfumature se non ti allontani troppo...

Come ha raccontato epoche e stili differenti?

Sicurament­e sono elementi che attirano la mia attenzione. A Milano, qualche mese fa, dopo aver portato le pellicole a sviluppare in laboratori­o, camminando mi sono imbattuto in un giardino in zona Ripamonti incastonat­o tra due palazzi anni Settanta. Ho notato, al centro, colonnine che sembravano una rivisitazi­one di capricci veneziani. Ho subito colto quel contrasto, l’immagine è parte del progetto.

Per notare elementi come questi è necessario muoversi a un’altra velocità?

Rallentare è fondamenta­le. Mi permette di essere più permeabile e di liberarmi dal bombardame­nto di immagini e informazio­ni cui siamo abituati. In questo senso il progetto è stato terapeutic­o.

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 ??  ?? Sopra. Il Palazzo Ducale di Sassuolo e il suo parco protagonis­ti di un’affiche pubblicita­ria, Modena, 2018. Nella pagina accanto. Quasi un capriccio veneziano con ruderi, incastonat­i tra due palazzi anni Settanta, Milano, 2018. In apertura. Antichi pitosfori nani, modellati secondo i principi dell’arte topiaria, lungolago di Como, 2017.
Sopra. Il Palazzo Ducale di Sassuolo e il suo parco protagonis­ti di un’affiche pubblicita­ria, Modena, 2018. Nella pagina accanto. Quasi un capriccio veneziano con ruderi, incastonat­i tra due palazzi anni Settanta, Milano, 2018. In apertura. Antichi pitosfori nani, modellati secondo i principi dell’arte topiaria, lungolago di Como, 2017.
 ??  ?? In queste pagine, da sinistra in senso orario. Bellaria-Igea Marina, 2017. Milano, 2017. La cassetta della posta di una villetta a Oderzo (Tv), 2019. Marzobbo (Ve), 2019. L’esterno del Padiglione Italia della Biennale d’arte di Venezia, 2019.
Nella doppia pagina seguente. Campetto di calcio, sulla strada tra Diamante e Marina di Belvedere, Cosenza, in Calabria.
In queste pagine, da sinistra in senso orario. Bellaria-Igea Marina, 2017. Milano, 2017. La cassetta della posta di una villetta a Oderzo (Tv), 2019. Marzobbo (Ve), 2019. L’esterno del Padiglione Italia della Biennale d’arte di Venezia, 2019. Nella doppia pagina seguente. Campetto di calcio, sulla strada tra Diamante e Marina di Belvedere, Cosenza, in Calabria.
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