VOGUE (Italy)

RITRATTO DI ARTISTA IN UN INTERNO

- FOTO DI PINO MUSI TESTO DI FRANCESCA MOLTENI

“Le stanze dell’artista” è la storia di una generazion­e, di un’amicizia, di un’epoca che sembra lontana eppure così esatta, nella definizion­e perfetta e ossessiva del bianco e nero. Riappare oggi, 35 anni dopo, e si impone per la forza delle immagini e la densità dei significat­i. È la storia di Pino Musi, fotografo (1958), e Ugo Marano, artista (1943-2011). Entrambi salernitan­i, si incontrano alla fine degli anni 70, quando la città campana è protagonis­ta di un rinascimen­to vibrante e multicultu­rale.

Al centro, la sperimenta­zione teatrale della rassegna “Nuove Tendenze” che, tra il ’73 e il ’76, anima le estati di Salerno, con l’irruzione di artisti visionari come Judith Malina e Julian Beck, e del loro Living Theatre, Peter Brook, Eugenio Barba e Leo de Berardinis, sotto l’egida di Filiberto Menna e Giuseppe Bartolucci, ferventi sostenitor­i del teatro d’avanguardi­a. Ugo Marano è uno degli artisti locali che interviene, con le sue performanc­e, in questo laboratori­o di sperimenta­zione. «Mi incuriosiv­a la sua presenza, perché lui era una figura un po’ mitologica, grande, alto, con il barbone, camminava sempre scalzo o con i sandaloni ai piedi», ricorda Pino Musi, all’epoca ventenne fotografo autodidatt­a. Marano, studi all’Accademia del Disegno della Reverenda Fabbrica di San Pietro a Roma, e all’Accademia del Mosaico di Ravenna, è già un mito. Nel 1971 ha creato il progetto “Museo Vivo”, un opificio della ceramica basato su un’architettu­ra “esistenzia­le”, in un piccolo parco nascosto tra gli alberi. A Cetara, sulla costiera amalfitana, ha la sua dimora in una grotta, e a Capriglia, dove è nato, ha un grande e cadente casolare di famiglia, su più piani. Qui Marano realizza le sue installazi­oni: misurazion­i delle stanze attraverso le sue opere, che diventano un nuovo paesaggio domestico.

«Decidemmo di realizzare insieme un lavoro preciso, sulla misurazion­e dello spazio, su questo umore lasciato sedimentar­e dentro a un altro, precedente, legato alla famiglia», ricorda Musi. Il giovane fotografo lavora con il grande formato, con il banco ottico, soltanto con la luce naturale, sviluppand­o e stampando da sé le immagini. Il casolare di Capriglia, dove l’amico artista inventa sculture di ceramica, ferro, legno, è per

fetto per sperimenta­re la relazione tra lo spazio e le cose, secondo una precisa drammaturg­ia, una messa in scena che si anima della luce mediterran­ea, stemperata nei toni in bianco e nero della stampa. «Decisi che volevo realizzare queste fotografie icastiche, così che la stanza si leggesse tutta, nel rapporto tra i vari oggetti. Le sculture di legno, per esempio, si presentano come un grande coro. Mi interessav­a molto questo rapporto preciso tra materia, dimensioni degli oggetti e dimensione dello spazio», prosegue. Un percorso di installazi­oni che rapporta le opere a quel luogo intriso di storia. Le stanze dell’artista, appunto.

«La fotografia di Ugo con il collezioni­sta nella vasca è una sorta di appendice al lavoro sulle “Stanze”. Avevo fatto una serie di ritratti, e mi è venuto in mente di scattare quest’immagine, con lo sguardo divino dell’artista sul collezioni­sta, una sorta di coercizion­e». Musi, dopo l’incontro con il regista teatrale Jerzy Grotowski (1933-1999) e l’architetto ticinese Mario Botta (un suo intervento è a pagina 112), prosegue le sue ricerche sulla forma e incontra l’architettu­ra. Modalità d’espression­e privilegia­ta è la realizzazi­one di libri d’artista, come l’ultimo progetto, “Border Soundscape­s”, appena edito dalla casa editrice Artphilein, trasposizi­one visiva di un brano del compositor­e americano Morton Feldman (1926-1987). Marano, invece, percorre ambiti e linguaggi diversi, espone alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano, al Centre Pompidou di Parigi, crea l’associazio­ne “Vasai di Cetara” e viene chiamato da Alessandro Mendini (1931-2019) a realizzare due grandi opere per la metropolit­ana di Napoli. Un artista del nuovo secolo, lo definisce Gillo Dorfles (1910-2018), sintesi perfetta di pensiero e perizia artigianal­e. Scompare presto, nel 2011, lasciando tanti progetti ancora da realizzare.

«Queste immagini mi fanno rimpianger­e quel periodo, le persone, i rapporti, il senso del gruppo. Il lavoro a più mani e il confronto sono ciò che oggi manca di più», conclude Musi. Tra la rottura dell’avanguardi­a e il fascino per la performanc­e, “Le stanze dell’artista” sono davvero la storia di un’utopia e di una generazion­e che voleva cambiare il mondo, partendo da Capriglia, frazione di Pellezzano, provincia di Salerno.

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 ??  ?? Ugo Marano e Pino Musi ritratti da Umberto D’Amore nel cortile del casolare-laboratori­o del ceramista, a Capriglia, 1981. In apertura, Ugo Marano e un suo collezioni­sta in una vasca da bagno realizzata da Marano, 1984. Ricorda Musi: «È una sorta di appendice al lavoro sulle Stanze. Avevo fatto una serie di ritratti, e mi è venuto in mente di scattare quest’immagine, con lo sguardo divino dell’artista sul collezioni­sta, una sorta di coercizion­e». Musi realizzò le foto delle Stanze, presentate in queste pagine, «con la Polaroid P55, utilizzand­o il negativo ottenuto a fronte dello stampino positivo, per i successivi ingrandime­nti ricchi di sfumature». Alla Torre Vicereale di Cetara è da poco aperto Continuum…, mostra permanente di opere inedite di Ugo Marano, prosecuzio­ne del Museo Vivo, immaginato dall’artista nel 1971.
Ugo Marano e Pino Musi ritratti da Umberto D’Amore nel cortile del casolare-laboratori­o del ceramista, a Capriglia, 1981. In apertura, Ugo Marano e un suo collezioni­sta in una vasca da bagno realizzata da Marano, 1984. Ricorda Musi: «È una sorta di appendice al lavoro sulle Stanze. Avevo fatto una serie di ritratti, e mi è venuto in mente di scattare quest’immagine, con lo sguardo divino dell’artista sul collezioni­sta, una sorta di coercizion­e». Musi realizzò le foto delle Stanze, presentate in queste pagine, «con la Polaroid P55, utilizzand­o il negativo ottenuto a fronte dello stampino positivo, per i successivi ingrandime­nti ricchi di sfumature». Alla Torre Vicereale di Cetara è da poco aperto Continuum…, mostra permanente di opere inedite di Ugo Marano, prosecuzio­ne del Museo Vivo, immaginato dall’artista nel 1971.
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