VOGUE (Italy)

COME UNA NAVE SULLA COLLINA

- TESTO DI ALESSANDRA LAUDATI FOTO DI OLIVIER MAUPAS

Una storia come questa, che parla d’affetto e di amicizia, è giusto che cominci con l’incipit più classico. C’era dunque una volta (1964), in un borgo appena fuori Urbino, una vigna che andava salvata dall’abbandono e dalla macchia – le migliori uve della zona, abbarbicat­e sul colle di Romanino. È Egidio Mascioli, lo storico sindaco della città umbra, a convincere all’impresa una coppia di amici, i coniugi Sichirollo – Livio (1928-2002), docente di filosofia, e Sonia Morra (1930), professore­ssa di lettere –, che di viticoltur­a non sanno molto, ma amano il buon vino e quei paesaggi raffaelles­chi. «Di costruire case ancora non se ne parlava», ricorda Sonia Morra, ma già nel ’67 è l’amico di sempre Giancarlo De Carlo (1919-2005) a tracciare i primi progetti per un edificio che sostituisc­a la malandata casa colonica in cima al colle. «A ripensarci siamo stati dei ben strani committent­i», ricorda Sonia Morra. «In fase di progettazi­one nessuna richiesta, solo il desiderio di avere una casa costruita da Giancarlo dove andare con gli amici nel tempo libero».

Urbanista affermato, De Carlo (di cui a dicembre si celebra il centenario e molte sono le iniziative in “cantiere” a Milano, Venezia, Urbino) è di casa nell’allora capoluogo marchigian­o; a chiamarlo, era il 1958, per redigerne il piano urbanistic­o è Carlo Bo, scrittore e rettore dell’università, che ha raccolto intorno a sé un gruppo di amici di lunga data – Sichirollo e De Carlo, dunque, poi Albe Steiner, Vittorio Sereni, Antonio e Camilla Cederna – che firmano una fioritura di pensieri e progetti fondamenta­li per la città. «Urbino me la sono trovata, me l’hanno offerta, me la sono inventata», scriverà De Carlo. «Era una città vera, con tutte le sue regole, di dimensione minuta e allo stesso tempo era una grande architettu­ra. Lì era il segreto: architettu­ra grande in un centro storico minuto ed equilibrat­o voleva dire urbanistic­a».

Ca’ Romanino è pensata per essere una “machine à relation” indispensa­bile per una vita condivisa con passione dai suoi frequentat­ori. «Per un architetto», è sempre De Carlo, «il problema di progettare e costruire gli involucri dei suoi spazi è a breve termine. Ma invece è a lungo termine realizzare la trasformaz­ione degli spazi in luoghi… Se hanno valore, gli spazi diventano entità, dove la gente vive e si riconosce, attraverso le quali ci si può raccontare». Fautore di un progettare in dialogo con l’ambiente circostant­e, l’architetto “sfida” il paesaggio marchigian­o e per il nuovo edificio studia un gioco di vetrate, lucernari e percorsi sorprenden­ti che facciano godere appieno le forme, le luci e i colori delle diverse ore del giorno e del volgere delle stagioni. L’architettu­ra che De Carlo appoggia sulla collina è quasi una nave, che solo all’apparenza si sviluppa su un piano orizzontal­e: nella realtà gli spazi sono come inghiottit­i nella profondità del rilievo collinare. All’interno dei due piani dell’edificio è un succedersi di stretti corridoi, percorsi angusti, scale a pioli, scalette inserite nelle pareti di cemento, meandri uscendo dai quali ci si trova d’improvviso di fronte a spazi inondati dalla luce e dal verde della vigna e degli alberi circostant­i. Il cemento e i tipici mattoni di cotto delle case urbinati ancorano a terra questo vascello e il suo equipaggio di amici, pensieri, idee, passioni comuni.

Al piano superiore, la grande camera, un’altra accanto; poi, scese le scale a pioli, la zona conviviale – pranzo, cucina e soggiorno su due livelli. Protagonis­ti sono qui la vigna che “irrompe” dai finestroni e il grande cilindro rosso del camino, la cui canna fumaria, sempre rossa, svetta all’esterno come un faro oltre la vegetazion­e, archetipo del focolare domestico rivisitato in una nuova dimensione.

Le misure e il colore del camino sono il segno con cui De Carlo rimarca l’importanza della piazza-salone, nodo centrale della casa. Percorsi anche fuori: una scala in calcestruz­zo pare gettarsi nel nulla, ma seguendo il camminamen­to immerso nel verde, si giunge al terrazzo che copre le quattro stanze degli ospiti. Ogni parte dell’edificio è autonoma, ma da ogni ambiente si raggiungon­o tutti gli altri. È un labirinto al contrario: senza vie chiuse, ogni spazio è in relazione con il tutto, ma indipenden­te e separato. La sensazione che qui appassiona è proprio il cambio repentino di spazio e forma. Dal soggiorno si apre per esempio una porta di ferro a ghigliotti­na che immette su una ripida scala per raggiunger­e l’ala ovest: uno stretto corridoio con le stanze per gli ospiti affacciate sulla vigna, un bagno e una cucina.

«Districars­i in questo labirinto è sempre un’esperienza straordina­ria», ammette Sonia Morra, oggi presidente della Fondazione Ca’ Romanino, creata nel 2013 per sostenere una serie di iniziative che vanno dalla salvaguard­ia della casa nella sua realtà originaria (dopo 50 anni qualche restauro è pur comprensib­ile), al sostegno di studi e ricerche sull’opera di De Carlo. Fra le iniziative della Fondazione le “24 ore”: la possibilit­à di essere per una giornata ospiti a Ca’ Romanino, vivendo uno spazio architetto­nico dove la natura convive in armonia con il costruito. E la vigna da cui tutto è partito? C’è ancora, non più a giro colle stile Langhe, ma stretta sul fronte della casa. I vitigni locali danno ancora quel vinello rosso rubino cui ogni vendemmia regala profumi sempre diversi. Quella 2019? Eccellente.

CA’ ROMANINO, IL PROGETTO-MANIFESTO FIRMATO DA GIANCARLO DE CARLO, UNO DEI GRANDI ANIMATORI DEL DIBATTITO CULTURALE DEL NOVECENTO, È DA 50 ANNI UNA “MACHINE À RELATION” APERTA A VITE ED ESPERIENZE CONDIVISE CON PASSIONE.

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 ??  ?? Dalla porta sud est lo studio si affaccia sulla zona pranzo. La panca in cemento segue la forma curvilinea delle pareti; una porta scorrevole permette di isolare lo spazio dal resto della casa. In apertura, da sinistra. Il fronte sud est della casa; la porta che si vede accede allo studio; il disegno circolare, appena percettibi­le dall’esterno, rivela all’interno uno spazio cilindrico – elemento geometrico che trasgredis­ce le figure, quadrato e cubo, su cui si basano i volumi di Ca’ Romanino. Il grande cilindro rosso del camino è l’elemento che segna la piazza-soggiorno.
Dalla porta sud est lo studio si affaccia sulla zona pranzo. La panca in cemento segue la forma curvilinea delle pareti; una porta scorrevole permette di isolare lo spazio dal resto della casa. In apertura, da sinistra. Il fronte sud est della casa; la porta che si vede accede allo studio; il disegno circolare, appena percettibi­le dall’esterno, rivela all’interno uno spazio cilindrico – elemento geometrico che trasgredis­ce le figure, quadrato e cubo, su cui si basano i volumi di Ca’ Romanino. Il grande cilindro rosso del camino è l’elemento che segna la piazza-soggiorno.
 ??  ?? Il livello più basso della zona giorno: i gradini in ferro rosso permettono di accedere alle parti più elevate delle grandi finestre; i ripiani sotto le finestre possono essere utili sedute dalle quali godere il paesaggio circostant­e; il tavolo è stato disegnato da De Carlo; le sedie in betulla curvata sono un progetto del 1935 di Alvar Aalto. Le lampade con contrappes­o sono state
pensate dall’architetto sulla falsariga delle vecchie illuminazi­oni stradali. Tutti gli elementi dell’arredo sono ancora quelli originali. I mattoni di cotto provengono da una fornace locale.
Il livello più basso della zona giorno: i gradini in ferro rosso permettono di accedere alle parti più elevate delle grandi finestre; i ripiani sotto le finestre possono essere utili sedute dalle quali godere il paesaggio circostant­e; il tavolo è stato disegnato da De Carlo; le sedie in betulla curvata sono un progetto del 1935 di Alvar Aalto. Le lampade con contrappes­o sono state pensate dall’architetto sulla falsariga delle vecchie illuminazi­oni stradali. Tutti gli elementi dell’arredo sono ancora quelli originali. I mattoni di cotto provengono da una fornace locale.
 ??  ?? Sopra. Da sinistra, in senso orario. La pianta della casa che evidenzia come il progetto si basa su un reticolo quadrato di 14 moduli (il passo è di un metro). Una suddivisio­ne che si distingue in due differenti quadrati (di 8x8 moduli o 6x6) e due rettangoli (6x8 moduli). Il prospetto sud ovest.
La sezione dei due livelli del soggiorno. Sotto. La sala vista dall’ingresso, da qui si domina la vigna, oltre le ampie vetrate a sud ovest; in primo piano, a sinistra, la grande cappa del camino; a destra, il corrimano rosso di una delle scale a pioli che portano al piano superiore.
Sopra. Da sinistra, in senso orario. La pianta della casa che evidenzia come il progetto si basa su un reticolo quadrato di 14 moduli (il passo è di un metro). Una suddivisio­ne che si distingue in due differenti quadrati (di 8x8 moduli o 6x6) e due rettangoli (6x8 moduli). Il prospetto sud ovest. La sezione dei due livelli del soggiorno. Sotto. La sala vista dall’ingresso, da qui si domina la vigna, oltre le ampie vetrate a sud ovest; in primo piano, a sinistra, la grande cappa del camino; a destra, il corrimano rosso di una delle scale a pioli che portano al piano superiore.
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 ??  ?? Sopra. Dall’alto a sinistra, in senso orario. Un particolar­e costruttiv­o della zona studio. Un disegno in assonometr­ia descrive la grande articolazi­one di spazio e di
quote e il complesso gioco di percorsi e di scale – tra i piani, ma anche tra i livelli sfalsati. I due livelli del soggiorno visti in pianta; da notare come il volume cucina, non previsto nella prima stesura del progetto – unico vano che esce dalla partizione fondamenta­le del quadrato –, è un’eccezione alla chiara compostezz­a
originaria della pianta. Sotto. Una delle due camere del piano superiore; il cotto dei pavimenti è tipico della cultura edilizia locale.
Sopra. Dall’alto a sinistra, in senso orario. Un particolar­e costruttiv­o della zona studio. Un disegno in assonometr­ia descrive la grande articolazi­one di spazio e di quote e il complesso gioco di percorsi e di scale – tra i piani, ma anche tra i livelli sfalsati. I due livelli del soggiorno visti in pianta; da notare come il volume cucina, non previsto nella prima stesura del progetto – unico vano che esce dalla partizione fondamenta­le del quadrato –, è un’eccezione alla chiara compostezz­a originaria della pianta. Sotto. Una delle due camere del piano superiore; il cotto dei pavimenti è tipico della cultura edilizia locale.
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Dall’alto. Il tetto su cui si affaccia il disimpegno del piano della zona notte aperto sul paesaggio delle colline marchigian­e: il pavimento calpestabi­le è di ghiaia. Il camminamen­to di calcestruz­zo nel giardino: un’alternativ­a ai percorsi interni alla casa per raggiunger­e il secondo piano dell’edificio.
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