In Quattro Attorno A Un Tavolo
Un cliché, qualcosa di buffo da combinare con ulteriori stereotipi. Così il vignettista del “New Yorker” Mick Stevens scherza da 40 anni sulla famiglia e altre catastrofi.
Non può prendere l’ascensore senza dire qualcosa di buffo al suo interlocutore «sul cane, magari, o sulle borse della spesa». Scherza su tutto, da sempre. Da quando era il più basso e il più piccolo di tutti: «Mi sono sviluppato tardi e ho sempre dovuto “travestirmi” da grande, lo humour era il mio meccanismo di difesa». Oggi Mick Stevens ha 76 anni, la mente veloce e la voce da ragazzo. È un ocd, ossessivo compulsivo, e ordina tutto per sfumature di colore. Nelle sue vignette, l’umorismo del padre alla Jerry Lewis e la vis comica e dissacrante di George Carlin: «I comici sono un termometro della cultura, ti indicano dove sta andando la società, tendono a essere oltraggiosi ma il più delle volte dicono la verità». Il primo cartoon per il New Yorker risale al 1979, esattamente quarant’anni fa.
Come si è evoluta la famiglia in questi anni e com’è cambiato il suo humour a riguardo?
Nei primi anni disegnavo molte più famiglie. Ora mi concentro per lo più sulle coppie, anche gay, perché oggi, a differenza di quando ho cominciato io, sono nell’ordine delle cose. La maggior parte sono persone nei coffee shop, single e con iPhone in mano, che discutono della loro vita e delle stranezze del matrimonio. Nuclei famigliari sempre meno. Forse perché non sono un “family man”.
In che senso?
Non sono sposato e non frequento persone che hanno famiglia. Ho divorziato moltissimo tempo fa, ho una figlia e la stessa compagna da 35 anni. Stiamo insieme ma viviamo separati in due case vicine. Dopo tanto tempo uno rischia di annoiarsi, ma l’amore spesso rimane e questa può essere una soluzione.
E la sera ognuno a dormire a casa sua. Be’, vede... io ho 76 anni, lei 65, abbiamo un rapporto fisico ma non sessuale. È quello che succede quando si diventa anziani. In più io amo le simmetrie, devo pulire e lavare subito i piatti, e a lei questa cosa non va giù.
Per capire come funziona il suo meccanismo umoristico: che cosa vede quando pensa alla famiglia?
Quattro attorno a un tavolo, arredi anni 60, perché nella mia vita questo concetto appartiene a quel periodo. Ora quell’idea di famiglia è un po’ una barzelletta, qualcosa di buffo, in un certo senso. Un concetto datato. Visto che non ne ho una da tanto tempo, mi sembra quasi irreale. E proprio per questo qualcosa con cui poter giocare liberamente.
In che modo?
Combino vari cliché, luoghi comuni, stereotipi e li faccio interagire. I miei preferiti sono gli uomini delle caverne, isole deserte, “la Grande Falciatrice”. Più mi avvicino al momento in cui dovrò incontrarla più mi piace prendermi gioco di lei. Per esempio: c’è una “Grande Falciatrice” con il suo piccolo e lei gli dice, «no, non puoi avere un cagnolino!». Immediatamente pensi che se lo avesse lo ammazzerebbe subito! Ma la famiglia stessa è un cliché oggi, in un certo senso. Sembra più un’invenzione da vignetta che qualcosa di reale. __________