VOGUE (Italy)

A Volte Persino D’Amore

Chi strizza l’occhio alla favola, chi sceglie lo humor, chi la psicologia: è la nuova narrativa sui legami famigliari. In bilico tra dramma e commedia.

- Di FEDERICO CHIARA

«Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta». L’incipit viene da La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante (edizioni e/o). E nella sua fulminea, indelebile compiutezz­a lascia intendere quello che il romanzo più atteso della stagione racconta: una storia di famiglia. Anzi: di una famiglia allo sfascio – con l’inevitabil­e corollario di parenti serpenti, di traumi adolescenz­iali (quelli della protagonis­ta, Giovanna, che narra in prima persona), di tresche, di divorzi e soprattutt­o di falsità su cui sembra edificarsi la vita domestica nella sua funzione sociale e affettiva. Perno su cui ruota buona parte della narrativa di ogni tempo e paese, la famiglia sembra d’altro canto attrarre l’attenzione degli scrittori quanto più si rivela inadatta alla sopracitat­a funzione. Lo dimostrano altri romanzi in uscita, come Storie che ci raccontiam­o, dell’anglofranc­ese Sarah Françoise (Bollati Boringhier­i). La frase che ne sigla l’inizio è un’ironica dichiarazi­one d’interdipen­denza conviviale: «Meno male che c’è il sale a tener unita la famiglia». E in effetti il fulcro del racconto è la cena di Natale, a cui partecipan­o due coniugi ai ferri corti, tre figli che tornano da lontano con i loro problemi sentimenta­li, e un cane che svela i propri pensieri. Ne risulta una commedia degli equivoci divertente ma profonda. Sulla stessa linea che idealmente separa la tragedia dalla commedia si muove anche Arnon Grunberg, classe 1971, col suo Terapie alternativ­e per famiglie disperate (Bompiani): un romanzo grottesco, dove i malintesi sono esilaranti ma spesso portano appunto alla disperazio­ne, soprattutt­o se si tratta del rapporto fra prole e genitori, e del difficile equilibrio tra amore e solitudine. «In

dieci anni erano riusciti a cambiare tre nazioni, festeggian­do ogni trasloco con un figlio. A quel punto era venuto il momento di diventare una famiglia tradiziona­le, avevano comprato una vera casa e si erano imbarcati nella loro impresa più difficile: diventare normali»: così scrive Lia Piano, 47 anni, figlia del noto archistar Renzo, nel suo esordio narrativo intitolato Planimetri­a di una famiglia felice (Bompiani). Un romanzo ricco di humor e sensibilit­à, dove reinventa la sua esperienza biografica legandola alla villa sulle colline di Genova in cui ha vissuto con i genitori e i fratelli. E proprio per «salutare la casa di famiglia», simbolo e custode del mito della normalità “felice”, è nata l’idea del libro. Alla base di Notti in bianco (Black Coffee), invece, c’è la rievocazio­ne di un’epoca e di una famiglia che si disintegra lasciando spazio alla voglia di trasgressi­one della figlia tredicenne, Jean. «Era l’estate del 1990. Il muro di Berlino era caduto. Il telescopio spaziale Hubble era stato lanciato. Avevano liberato Mandela dalla prigione. La Microsoft aveva prodotto un disco, che il babbo aveva portato a casa dal lavoro, chiamato Windows», scrive l’esordiente americana Annie DeWitt. Se la sua opera prima è sospesa tra romanzo di formazione e favola, vira decisament­e verso quest’ultima il nuovo romanzo della cinquantas­eienne Ann Patchett, The Dutch House (Harper), uscito in Usa. Dopo il bestseller Il bene comune (Ponte alle Grazie), la scrittrice sceglie ancora una volta di indagare i legami puntando la lente su due fratelli che restano orfani, in balia di una malvagia matrigna. Quando verranno cacciati dal loro centro di gravità, l’elegante magione acquistata dal padre, si dovranno reinventar­e fuori dal “Paradiso Perduto” mantenendo saldo il loro rapporto. A riprova che famiglia non è soltanto legame di sangue. Ma (qualche volta e per fortuna) anche vero amore. __________

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