Metti Una Sera A Cena
Cosa succede quando la grande, bizzarra famiglia della moda si siede a tavola? German Larkin c’è (quasi) sempre. E qui racconta che...
S’inginocchiano le attrici. S’inginocchiano i reali. Le top model e gli uomini d’affari. «Come presi da una claustrofobia, alla prima occasione abbandonano i posti assegnati e vanno in cerca di un’intimità, una confidenza da raccogliere a un tavolo lontano, spesso chinandosi a terra per parlare», racconta German Larkin, il fotografo che ha colto e immortalato decine di volte il vezzo. Non esistono gerarchie: la socialite non s’alza all’arrivo della principessa. Il magnate non
accenna riverenza all’inchino della signora. «È curioso, considerando che la postura è sempre stata uno dei linguaggi di posizionamento più importanti: tutto questo sembra andato perduto. Ma sia chiaro, non c’è giudizio: voglio denunciare il cambiamento dei costumi ma anche mostrarne la bellezza, tutto allo stesso tempo».
Le immagini di Larkin, scattate con una Leica Q nera che rende invisibile se appoggiata tono su tono all’abito nero, raccontano di un mondo di cene e galà dove l’ipercinesia ha preso il posto del salamelecco, l’ingresso delle borghesie asiatiche latino-americane e indiane scardinato l’ancien régime. «E dove sembra esser tornato il piacere per l’irruzione del crusher, l’invitato che spariglia ulteriormente le carte con argomenti sconvenienti. E pare di nuovo in voga il gusto per l’esotique: il guerriero masai che ho fotografato durante una cena a Kensington Palace, a gambe incrociate con le vistose ciabatte e i piedi enormi, è emblematico».
Nato a Mosca, figlio di una donna d’affari e di un olimpionico di nuoto, German Larkin ha sviluppato il suo sguardo sul bel mondo come columnist di Tatler Russia, Financial Times, Style.com e Vogue.com. Una laurea in Economia e poi un master in Comunicazione che l’hanno portato all’ufficio stampa un noto brand italiano, dove la direttrice della comunicazione lo interpellava per ogni scelta di bon ton. «Impazziva per la cultura russa ed era convinta d’essere stata siberiana in una vita precedente: se arrivava a cena la regina di Giordania, la foggia dei bicchieri la faceva scegliere a me». Poi la scoperta della macchina fotografica, sulla scia dei “social reportage” anni 70-80-90 firmati da Jean Pigozzi, Bob Colacello e soprattutto Roxanne Lowit: «Il suo libro People è stato una rivelazione: sono andato a trovarla a Los Angeles, e l’ho convinta a diventare la mia mentore». Per prima cosa ha imparato «che il mondo dell’alta società è tutt’altro che emerso, anzi è il fenomeno più underground che esista». E che per scattare sufficientemente da vicino occorre essere percepiti come invitati di riguardo, sedere allo stesso tavolo, accedere alle stesse feste: «Come insegnava Mario Testino, occorre essere “uno di loro”», racconta Larkin, che in veste di “invitato di riguardo” ha scattato i ritratti al party Extreme Beauty organizzato a Milano da Vogue Italia, così come ai Golden Globe, alle cene Bafta, al party di Leonardo DiCaprio a Saint-Tropez e a quelli di innumerevoli brand di moda. Punti d’osservazione privilegiati, danze di posso e non posso, raccolte di codici e non codici. «Il senso della distanza tra i corpi, per esempio, è scomparso: tutti si toccano, in modo intimo e insistente». Si fuma ai tavoli, accendendosi le sigarette alla fiamma dei candelabri. Si resta in ginocchio in abito lungo per lunghi minuti, per ricaricare il cellulare alla presa scovata nell’angolo, «con i cavi che spuntano dalle borsette di cristallo», osserva Larkin. Che spesso si diverte a citare scatti iconici del passato, come quello fatto nel 1957 a Sophia Loren durante una festa a Beverly Hills, mentre getta uno sguardo esplicito al décolleté di Jayne Mansfield. Tra le sue immagini più condivise sui social, quella di Kaia Gerber alla cena parigina firmata Vogue Foundation, «per posa e attitudidi ne, sintesi perfetta del nuovo glamour». E poi Kendall Jenner e Bella Hadid ritratte durante una serata Dior: «Non m’hanno dato la loro “prima faccia” ma un atteggiamento naturale, quasi sperduto. Si fidano e mi regalano la loro identità, un dono che io porto come fosse un anello». Come ne L’angelo sterminatore di Luis Buñuel, al termine delle cene del bel mondo restano in piedi solo i camerieri. E l’ultima portata nei piatti, intoccata, perché nessuno più sembra in grado di stare seduto composto fino al dessert. _________________