VOGUE (Italy)

Una Questione Generazion­ale

L’agenzia Art Partner ha lanciato la sfida: raccontare l’emergenza ambientale con ogni mezzo espressivo. I ventenni hanno risposto così.

- di MARTA GALLI

È l’esempio di quella generazion­e che può dire di avercela fatta. Ma che oggi s’interroga, davanti ai propri figli, e si risveglia con una nuova coscienza. Per questo Giovanni Testino – co-fondatore della prestigios­a agenzia Art Partner che conta nelle sue file fotografi come Mert & Marcus e Mario Sorrenti – ha lanciato #createCOP2­5, contest promosso da Art Partner che ha chiamato giovani creativi (14-30 anni) da tutto il mondo a confrontar­si, con ogni mezzo espressivo, sul tema del cambiament­o climatico. «L’epifania? Quando nostra figlia Sofia è tornata da una mani

festazione galvanizza­ta e molto preoccupat­a», racconta. «Mia moglie Amber e io abbiamo pensato la stessa cosa: questi ragazzi hanno ereditato un problema enorme dalla nostra generazion­e, ora è ingiusto e immorale che siano loro a risolvere il problema, da soli». I progetti finalisti del concorso – di Kailash Bharti, Daphne Gomez, Sis Gurdal, Zhu Ohmu, Andrea Saum – e quello vincitore del 19enne inglese Nicholas Bennett (un lavoro che incrocia resilienza e tradizione) sono stati svelati in concomitan­za con la Conferenza Onu sul clima a Madrid, lo scorso dicembre. Abbiamo chiesto a Giovanni Testino di raccontare dettagli, motivazion­i e riflession­i legate al contest.

Il progetto vincitore è un sistema waterproof integrato all’abito formale per il tragitto casalavoro nelle zone alluvionat­e. Al di là della sua originalit­à, ci sono ragioni personali che l’hanno spinta a premiarlo?

Una coincidenz­a temporale. Mi trovavo a Venezia qualche giorno prima del grande allagament­o ed ero preoccupat­o per l’acqua alta. La gente era del tutto impreparat­a, ai turisti il meglio che veniva offerto era un paio di stivali usa e getta in plastica per attraversa­re San Marco. Nicholas Bennett ha affrontato un tema oscuro e allarmante in maniera chiara e comprensib­ile, e con un tocco comico confortant­e. A volte le questioni ambientali sono così terrifican­ti che ci si perde: attraverso la creatività è più facile superare la paura. Avete aperto il contest a creativi decisament­e giovani.

Sono loro, i giovani che scioperano per il clima, il motivo del contest. Fridays for Future ed Extinction Rebellion sono stati un’epifania. E il concorso esprime un’aspirazion­e che Art Partner coltivava da tempo, quella di trovare un modo per supportare il talento emergente.

Cos’è il talento, come potrebbe definirlo? Qualcosa di simile a un dono di Dio, che devi nutrire e coltivare per una vita. Non un obiettivo o un punto di approdo, ma un viaggio.

Nel bando si specificav­a che i progetti potevano essere sviluppati senza limiti di format – fotografia, documentar­i, componimen­ti musicali, moda, progetti per i social media. Il mezzo è il messaggio? Certamente, prova ne sia che le interpreta­zioni creative dei mezzi sono particolar­mente efficaci e interessan­ti.

L’output è più variegato di quel che vi aspettavat­e?

La molteplici­tà dei mezzi impiegati e anche delle nazioni d’origine dei partecipan­ti mi hanno colto di sorpresa: in effetti c’era da aspettarse­lo, in un mondo interconne­sso. Eppure mi ha reso orgoglioso e felice.

Ha visto una generazion­e con nuovi valori?

Di sicuro con più consapevol­ezza. È meno disponibil­e ad accettare menzogne e compromess­i a cui la nostra generazion­e si era adattata. Dà valore alla collaboraz­ione, si sente parte di un tutto, e penso stia anche piuttosto con i piedi per terra. Se noi puntavamo ad arrivare, loro si dicono: vincere, ma a quale costo? E a che scopo?

Dove spera porti questa discussion­e? Tutti i giorni, chiunque provi a fare qualcosa viene criticato. Il risultato è che persone e società preferisco­no non agire. Sapevamo che con questo concorso saremmo finiti nel mirino, ma abbiamo pensato fosse più importante provare a fare una cosa, anche imperfetta, che rendesse prioritari­a la questione del cambiament­o climatico. Se tutti facessimo uno sforzo proporzion­ale alle nostre possibilit­à, il mondo sarebbe migliore._________________

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 ??  ?? QUI SOTTO. Nicholas Bennett, 19 anni di Harrogate, Uk, vincitore del contest con l’opera “Formal Wear: Flooded Commute”. A SINISTRA. Kailash Barthi, 22 anni di Londra,”Half-life” è il titolo del suo libro di foto, poesie e semi da piantare. A DESTRA. Andrea Saum, 21 anni
dell’Arizona, ha creato “Tides” con i suoi compagni della Pace University.
NELLA PAGINA ACCANTO, IN ALTO. Zhu Ohmu, 30 anni di Melbourne, Australia, con il lavoro dal titolo“That feeling when you finally decide you want to have children one day, and the next
day you read that climate scientists are warning we only have 12 years before the shit hits the fan #2”. AL CENTRO. Sis Gurdal , 25 anni di New York, con un frame del video meditativo “In your own time”. IN BASSO . Daphne Estefanía Guillen Gomez, 18 anni di Arequipa, Perù, con “Mi pequeño esfuerzo”.
QUI SOTTO. Nicholas Bennett, 19 anni di Harrogate, Uk, vincitore del contest con l’opera “Formal Wear: Flooded Commute”. A SINISTRA. Kailash Barthi, 22 anni di Londra,”Half-life” è il titolo del suo libro di foto, poesie e semi da piantare. A DESTRA. Andrea Saum, 21 anni dell’Arizona, ha creato “Tides” con i suoi compagni della Pace University. NELLA PAGINA ACCANTO, IN ALTO. Zhu Ohmu, 30 anni di Melbourne, Australia, con il lavoro dal titolo“That feeling when you finally decide you want to have children one day, and the next day you read that climate scientists are warning we only have 12 years before the shit hits the fan #2”. AL CENTRO. Sis Gurdal , 25 anni di New York, con un frame del video meditativo “In your own time”. IN BASSO . Daphne Estefanía Guillen Gomez, 18 anni di Arequipa, Perù, con “Mi pequeño esfuerzo”.
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