VOGUE (Italy)

La Via Italiana

La nostra Camera della Moda si è occupata per prima di sostenibil­ità. Ora, spiega Carlo Capasa, arrivano nuove sfide.

- di LELLA SCALIA

«Se si agisce insieme, come sistema, si può veramente fare qualcosa». È pragmatico Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana dal 2015. Già nel 2012, quando era assessore a Milano, con il Manifesto della sostenibil­ità si era preoccupat­o «di tracciare una via italiana alla moda responsabi­le e sostenibil­e e di favorire l’adozione di modelli di gestione responsabi­le». Da allora l’impegno di Cnmi si è rinnovato con i Roundtable e la stesura delle Linee guida sui requisiti eco-tossicolog­ici per l’abbigliame­nto e gli accessori per le aziende manifattur­iere, e la sostenibil­ità del retail. Inoltre, dice Capasa, «i brand oggi si occupano di education, digitalizz­azione, sostenibil­ità sociale. Abbiamo cambiato la cultura». La tecnologia che ruolo ha, è utile? «No, è necessaria! A chi pensa di tornare a fare le cose come “un tempo”, rispondo con i dati delle concerie, dove le sostanze inquinanti sono un centesimo rispetto a trent’anni fa. La strada del futuro passa dalla tecnologia». E l’Italia dov’è nella catena della sostenibil­ità? «Siamo il secondo paese produttore di moda al mondo dopo i cinesi, ma i primi per il lusso. In Europa facciamo il 41 per cento. Quindi, quanto più la nostra industria diventa sostenibil­e, tanto più siamo necessari. E responsabi­li. Perché la qualità produce cose destinate a durare». Progetti futuri? «Guardiamo all’economia circolare, cioè tracciabil­ità, inizio e fine della vita del prodotto, riuso e riciclo, e nei prossimi due anni contiamo di iniziare a stilare delle linee guida. Ma guardiamo anche alla sostenibil­ità sociale. Conoscere le condizioni di chi lavora migliora il sistema moda in termini anche di sostenibil­ità. E la diversity rientra in questo discorso. Un recente articolo di Doug Stephens su Business of Fashion indica come i brand possano fare più della politica e della religione per risolvere i problemi sociali. Pensavamo di fare solo vestiti... Siamo responsabi­li per l’impatto dell’industria sul pianeta, ma anche per l’influenza sulle nuove generazion­i. Ecco perché abbiamo stilato anche il decalogo sulla Diversità e l’inclusione, che rispetti “esperienze di vita diverse dalle nostre”. Dobbiamo lavorare sull’eguaglianz­a», continua, «pensiamo al pay gap, se si parificass­e il trattament­o economico delle donne, entro il 2025 il Pil mondiale salirebbe del 26 per cento. Non le sembra qualcosa di dirompente?». ______________________

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