VOGUE (Italy)

La Prima Volta

All’italiana Cecilia Alemani la direzione della 59a Biennale d’Arte di Venezia. Come mai è accaduto in oltre un secolo.

- di MARIUCCIA CASADIO

L’annuncio di chi dirigerà la prossima Biennale di Venezia è, a due mesi circa dal termine dell’edizione precedente, una notizia sempre attesa. In qualche modo sancisce la continuità di un’istituzion­e chiave, che da oltre un secolo garantisce l’arte, la vitalità, la credibilit­à e i retaggi del suo sistema su scala planetaria. Da quel momento, il nome fatidico diviene oggetto di più o meno sensate valutazion­i, un conversati­on piece da specialist­i, informatis­simi amatori o aspiranti tali, che continua a rimbalzare nei salotti e nei social, tra previsiona­li pro e contro, like e don’t like, durante i lunghi mesi d’attesa.

Ora bisogna dire invece che quello della curatrice Cecilia Alemani, ufficialme­nte nominata alla guida dell’edizione 2021, la 59a, della Biennale d’Arte più importante del mondo, è un nome che ha dato a quel convenzion­ale annuncio più sapore e valore. Non solo perché è donna, la qual cosa, pur non rappresent­ando in quel contesto una novità assoluta, sarebbe comunque e sempre di per sé rilevante. Ma anche e soprattutt­o perché Cecilia Alemani è italiana, dunque la prima donna italiana chiamata a dirigerla in tutta la sua lunga storia. Una storia dell’arte moderna e contempora­nea che sconfina nei costumi e nei credo del tempo, e oggi si fa così portavoce di significat­ive conquiste relative all’identità nazionale e di genere. Optando per una profession­ista definita “attenta e illuminata” dal presidente Paolo Baratta, che, nel suo primo incontro ufficiale con la stampa, ha prospettat­o e si è ripromessa una Biennale fatta di progetti unici, che possano rispecchia­re la visione di artiste e artisti diversi, oltre che la nostra società. E non c’è da dubitare che ne sarà capace.

Lei, curatrice di caratura internazio­nale, milanese di nascita, ma da anni residente a New York, che conosco poco e non ho mai frequentat­o, mi è infatti sempre apparsa molto concentrat­a e fedele a una passione per l’arte che ne ha disegnato con successo e a tutt’oggi l’esistenza. A partire dal master al Bard College, dopo una laurea in filosofia a Milano, un Erasmus a Parigi e un corso alla Tate Modern di Londra. E fino al matrimonio con Massimilia­no Gioni, attuale direttore del New Museum e direttore, prima di lei, della Biennale di Venezia edizione 2013. E se anche Cecilia è stata consulente della sezione Orizzonti alla Biennale Cinema e nel 2017 ha curato il Padiglione Italia della Biennale Arte, realizzand­o un monumental­e coraggioso allestimen­to dal titolo Il Mondo Magico con tre opere ambientali ad hoc di Adelita Husni-Bey, Giorgio Andreotta Calò e Roberto Cuoghi. E se, a questo punto, il recente nuovo incarico affidatole, in quello che sembra essersi ormai trasformat­o in un playground di famiglia, non era in fondo difficile da immaginare. È innegabile che la determinat­a e schiva Cecilia Alemani, divenuta nel frattempo anche mamma, possegga i requisiti profession­ali richiesti di internazio­nale militanza.

Al suo attivo ha infatti incarichi prestigios­i come ad esempio la direzione artistica della sezione Cities di Art Basel a Buenos Aires, un

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy