VOGUE (Italy)

Italia 2020 Maty Fall

- di GIOVANNI MONTANARO foto di PAOLO ROVERSI

A Dakar, dove la mamma cuciva vestiti, lei bambina li indossava, metteva le scarpe col tacco e, senza farsi vedere, sfilava. Oggi, che è stata in passerella per Valentino e sulla copertina di Vogue Italia, vive vicino a Vicenza. È diventata cittadina italiana. Ma ragionare di confini, e passaporti e nazionalit­à, per la sua generazion­e non ha alcun senso: il loro futuro è già molto più lontano.

Ouest Foire, appena fuori Dakar, Senegal. Una casa bianca di tre piani in mezzo ad altre bianche. L’Oceano è lì vicino, rumoroso; non si vede niente dall’altra parte, si arriverebb­e in America. Maty non sa nuotare. Ma il pomeriggio le piace andare in spiaggia, in mezzo alla gente che “ti vende di tutto”, a mangiare pesce fritto dalle bancarelle, appena pescato. Papà torna una volta all’anno dall’Italia; lavora in Veneto in un’azienda conciaria nella zona di Arzignano, tratta le pelli più lussuose. Mamma Fatou, invece, vive con lei, suo fratello e le tre sorelle. Ha un negozio vicino a casa dove vende i vestiti che cuce; è una sarta, e Maty Fall sin da quando è bambina indossa quegli abiti, le piace sentirseli addosso, provarli, le piace guardarsi, le piace che la guardino gli altri. «Mettevo scarpe enormi con un tacco bassissimo, senza farmi vedere, e sfilavo».

Maty sta andando a Parigi, deve farsi fotografar­e per la copertina di Vogue Italia. Mi aspetta nella hall di un hotel a Padova, guarda il cellulare, ascolta della musica, ma appena mi vede scatta in piedi, si toglie le cuffiette («non mi piace la trap»). Ha un paio di sneakers, jeans, una felpa («adoro le felpe da maschio»). Ha gambe magre, trecce nei capelli, è subito bella, è limpida e ironica. «Sono un disastro in tutto, ballo e canto male, l’unica cosa che so fare bene è dormire», dice, ma non lo pensa. Ha l’umiltà educata che dà l’esperienza di una famiglia numerosa, il fatto che «con mamma Fatou è impossibil­e montarsi la testa, quella se spendi ti toglie il bancomat». Partirà dal Marco Polo di Venezia tra un paio d’ore, è felice perché gli aeroporti sono i suoi “posti preferiti”; le piace guardare gli scaffali, attendere, prendere qualcosa al bar, imbarcarsi, decollare. Da quando è arrivata in Italia, in aereo nove anni fa, la sua vita è cambiata. Un altro paese, un’altra lingua, una casa diversa, un mondo nuovo da affrontare. Ma la sua vita è cambiata anche a maggio, quando è diventata maggiorenn­e e sua mamma, che doveva andare a Milano per rinnovare il passaporto, ha finalmente accettato di portarla all’agenzia Img. Da quel momento, è un volto nuovo, bellissimo, della moda, dell’Italia. «A scuola vado un po’ peggio, mi spiace soprattutt­o per matematica». Vive a Chiampo, vicino a dove lavora il padre, provincia di Vicenza aspra e ricca, stretta sotto le montagne, sotto le storie leggendari­e della Prima guerra mondiale. Frequenta il liceo linguistic­o, parla quattro lingue. Il suo italiano ha un irresistib­ile ingredient­e francese, la “r” moscia, e un’eco di dialetto vicentino, la “e” aperta, generosa, qualche volta inaspettat­a. Le piacciono le parole, i libri, le cose da leggere, ma «non sono una poetessa; la mia amica Chiara lo è». Dice, ma forse si sbaglia. Quando si è innamorata di un ragazzo, Maty ha chiesto a Chiara di scrivere al suo posto un biglietto d’amore, e lei ha scritto: «Il tuo collo è così grande che sembra un tronco d’albero, vorrei costruirci una casetta». Gliel’ha mandato, ma non è andata a finire bene, almeno per il momento, e non mi meraviglio. Non si meraviglia neanche lei: «È stato un trash assurdo», dice ridendo. E mi dice che le piacciono gli uomini alti, con gli occhi «del colore che vogliono».

Sorride spesso, ride anche. Muove molto le mani, quando parla, si ferma, ascolta, i suoi pensieri vanno veloci. «Faccio continuame­nte gaffe», aggiunge, «perché non so tenermi dentro quello che penso. E poi un’altra cosa che faccio sempre è indicare le persone». Maty ordina dell’acqua – «mi basta» –, beve qualche sorso quando smette di parlare, senza fretta, e sembra felice, davvero, di quella felicità che sai di avere, che nessuno può portarti via, che chissà cosa succederà. «Le prime volte che ho fatto sfilate mi sembrava che tutte fossero molto più belle di me, mi domandavo che cosa ci facevo io con loro. Però mi

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy