VOGUE (Italy)

Niente Di Strano

Un social network, libri, workshop, festival: la comunità Bdsm è in continua espansione. E il desiderio si libera dal giudizio.

- Di Vittoria Filippi Gabardi

Ci sono parole del vocabolari­o newtoniano che sanno ancora creare imbarazzo. Bondage e sadomasoch­ismo, per esempio. Ma basta parlare di corde con chi si fa legare per capire che (quasi) tutto quello che si pensa del bondage è sbagliato. E tutt’altro che rinchiuso nello spazio angusto e inconfessa­bile di uno sgabuzzino.

Dedicati a chi pratica il Bdsm: un social network, FetLife, con oltre nove milioni di iscritti, festival internazio­nali (e nazionali, come la Rome Bondage Week), workshop, conferenze e incontri organizzat­i a livello regionale a seconda delle fasce di età. «La comunità Bdsm è molto attiva anche su Facebook, Instagram e Telegram, e in espansione costante», spiega Alithia Maltese, insegnante di bondage e sessualità alternativ­a a Torino. «Procediamo con ordine: Bdsm è un acronimo dove la B sta per bondage, la d per disciplina e dominazion­e, la s per sottomissi­one e sadismo, la m per masochismo. Ma non si riferisce a termini psichiatri­ci di devianza: è un termine ombrello che include pratiche anche molto diverse tra loro che hanno come obiettivo comune la ricerca del piacere». Del bondage Alithia Maltese ama l’estetica e cita Araki, «il fotografo che lo ha portato nei musei», celebrato adesso – in occasione del quarantesi­mo anniversar­io di Taschen – da una riedizione della più esaustiva raccolta retrospett­iva della sua opera, Araki, attesa per metà ottobre. «Ricordo il servizio in cui ha legato Lady Gaga per Vogue Hommes Giappone. Come quello di 032C Magazine in cui Cate Blanchett è legata e inguainata in abiti vinilici da Sean&Seng, nel 2013. Il bondage è stato ampiamente sdoganato anche in musica: nel video di Pendulum FKA twigs canta sospesa nelle corde, mentre Madonna ha collaborat­o con una celebre rigger durante il Rebel Heart Tour».

E il piacere? «Abbiamo una sessualità come gli altri. Quello che eccita la maggior parte di noi è il rapporto che si crea con la persona con cui stiamo giocando, non il dolore fisico fine a se stesso, anche perché in molte pratiche non è neanche contemplat­o. Esistono protocolli di sicurezza basati sul consenso, che può essere revocato in qualsiasi momento. La comunità si prende cura delle persone che ne fanno parte e allontana chi è fastidioso o spiacevole», dice Maltese, e continua: «Capita a tutti di immaginare di immobilizz­are il proprio partner o sculacciar­lo. Chi prova queste fantasie fuori dal comune si trova ad affrontare moltissime paure. Con chi pratica Bdsm possiamo esplorare i nostri desideri senza aver paura del giudizio». E il giudizio chiama in causa il diritto. È appena uscito il libro A Woman’s Right to Pleasure (BlackBook), con prefazione delle scrittrici femministe Erica Jong e Roxane Gay – in cui oltre 200 opere di 75 artiste del calibro di Tracey Emin, Cass Bird, Georgia O’Keeffe, Tamara de Lempicka, Ellen von Unwerth, Judy Chicago e Nan Goldin celebrano il diritto delle donne a vivere il proprio desiderio sessuale in totale libertà. Lavori visivament­e espliciti, suddivisi per categorie come Pussy, Kissing, Of Female Desire, You Are My Honey You Taste So Sweet o Pleasure Pleasure Pleasure. In un’eccitazion­e che rimane, spesso, solamente autorefere­nziale, come scrive Newton nella sua autobiogra­fia: «Non che mi sia mai fermato a considerar­e cosa può eccitare il pubblico. Se lo facessi, non scatterei più una foto. Cerco solamente di appagare me stesso».

 ??  ?? DALL’ALTO. Un’immagine tratta dal volume “Araki – 40th Anniversar­y Edition” di Nobuyoshi Araki (Taschen). “SelfParall­axxx”, 2017, opera di Signe Pierce dal libro “A Woman’s Right to Pleasure” (BlackBook).
DALL’ALTO. Un’immagine tratta dal volume “Araki – 40th Anniversar­y Edition” di Nobuyoshi Araki (Taschen). “SelfParall­axxx”, 2017, opera di Signe Pierce dal libro “A Woman’s Right to Pleasure” (BlackBook).
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