Nutrire La Speranza
Un racconto di fantasia, liberamente ispirato alle copertine di Vogue Italia.
Quella mattina si era alzata con una sensazione di impazienza. Il sole splendeva. Aveva dormito bene. Era il giorno giusto, si disse: oggi avrebbe finalmente inviato la sua domanda di ammissione all’Istituto di Moda e Design, poi si sarebbe premiata con un picnic.
Aveva lavorato fino a mezzogiorno, prima di riuscire a premere il tasto “Invio”. La schiena le faceva male per i mesi passati sul computer a mettere insieme il suo portfolio.
Chiuse il laptop con un senso di sollievo e al tempo stesso di timore per il futuro. Era una creatura resiliente, come molta altra gente: ciò che temeva di più non era la delusione, ma l’incertezza. Eppure viveva in un tempo incerto. Non c’era niente da fare se non nutrire la speranza.
Si tolse il pigiama e si avvicinò all’armadio. Una dozzina di cambi d’abito dopo, la scelta ricadde su una lunga veste in velluto grigio e dei sandali in pelle. Si truccò con cura, piglio serio e mano leggera, arricciando le ciglia con un cucchiaino caldo.
Un’ora dopo era al parco a crogiolarsi al sole con un cestino da picnic piazzato vicino ai piedi, come un cagnolino. Un petalo le cadde sulla fronte dall’albero di magnolia. Lo tolse delicatamente, stringendolo fra le dita. La sua fragilità, la sua morbidezza la commuovevano. In quel pallore rosaceo, completamente privo di vivacità, riconobbe la condizione transitoria della propria bellezza. L’atmosfera, l’eleganza. Ormai, a darle uno dei pochi piaceri rimasti in questi tempi difficili, era l’idea di essere ammirata dai passanti per come si vestiva.
In quel momento un giovane con una giacca di pelle si sedette sull’erba a pochi metri di distanza. I suoi occhi la sfiorarono con casuale interesse. Lei raddrizzò il collo e voltò con misurata eleganza le pagine del libro che stava leggendo. Quella presenza maschile, consapevole di lei, dava maggior peso ai suoi pensieri, come se dovesse essere all’altezza dell’intelligenza che immaginava lui le attribuisse. Era strano questo suo contemporaneo rifiuto e desiderio di attenzione. Cosa era meglio? Nascondere? O rivelare?
Forse era proprio questa contraddizione a rendere la moda così affascinante ai suoi occhi. I vestiti potevano essere sia un’armatura protettiva, sia un’espressione del vero io.
In quel momento il giovane si avvicinò. «Scusami», disse. «Volevo solo dirti che mi piace il tuo vestito... sei una studentessa di questo Istituto?».
Lei si sorprese a sorridere. «Spero di diventarlo presto».