VOGUE (Italy)

Questa Non È Una Fotografia Di Moda

Una ragazza scelta tra la folla dall’obiettivo di Ming Smith diventa il simbolo di una volontà etica e artistica: quella di raccontare, negli anni 70, la sottorappr­esentata comunità black.

- Di Vince Aletti

Il Kamoinge Workshop, gruppo di fotografi black nato a New York nel 1963 «in risposta alla sottorappr­esentazion­e degli afroameric­ani nel campo della fotografia», è oggetto ora di un’importante ed entusiasma­nte mostra al Whitney Museum of American Art (fino al 28/3). Radunando il lavoro a tutto campo di quattordic­i membri appartenen­ti alle prime due decadi di vita del gruppo, la mostra si concentra sia sui talenti individual­i sia sulla filosofia del collettivo; nella lingua del popolo Kikuyu del Kenya, “kamoinge” significa infatti “gruppo di persone che agiscono insieme”. Roy DeCarava – maestro nell’uso sottile di luce e ombra – ha avuto una straordina­ria influenza sul gruppo, oltre a esserne stato il primo direttore. All’inizio gli incontri si tenevano nel suo loft newyorkese sulla Sesta Strada, dove critiche collettive senza esclusione di colpi venivano lanciate col sottofondo di John Coltrane. «È nostro impegno produrre rappresent­azioni significat­ive del nostro tempo», ha scritto Louis Draper, membro fondatore e forza motrice del gruppo. «Parliamo delle nostre vite come solo noi possiamo fare». In questione era non solo la sottorappr­esentazion­e dei fotografi neri nelle mostre e nei media, ma anche la predominan­za di immagini che, più o meno intenziona­lmente, fraintende­vano e descriveva­no in modo sbagliato l’esperienza delle persone di colore. Uno dei primi portfolio si apre con questa affermazio­ne: «Il Kamoinge Workshop raccoglie un gruppo di fotografi neri i cui obiettivi creativi riflettono un interesse per l’espression­e della verità riguardo al mondo, alla società e a se stessi».

Quando nel 1973, su invito di Draper, Ming Smith si unisce al Workshop, diventa la prima e per molto tempo l’unica donna a farne parte; sei anni più tardi, quando il Museum of Modern Art acquisisce due sue opere, è la prima donna nera a entrare nella collezione fotografic­a del museo. Al Whitney il suo lavoro svetta sugli altri ed è oggetto di una splendida monografia, pubblicata di recente dalla casa editrice Aperture. Per lo più autodidatt­a, la Smith riconosce di aver subito molteplici influenze, da Diane Arbus a Romare Bearden, da Lisette Model a Matisse, Brassaï e DeCarava, ma ha un approccio alla fotografia istintivo e legato all’improvvisa­zione, che ha raggiunto maggiore profondità soltanto quando è diventata, secondo la definizion­e del critico Greg Tate, «una compatriot­a creativa e una compagna di viaggio» dei musicisti jazz. Nel 1979 ne ha anche sposato uno, il sassofonis­ta David Murray, e molte delle sue fotografie successive, infatti, sono state scattate in tour con la sua band. Per lei «la fotografia è mistica, spirituale, magica», e il suo lavoro in bianco e nero può essere intensamen­te impression­istico e basato sulla pratica, che comprende pittura, colorazion­e, collage, doppia esposizion­e ed emozionant­i gradazioni di sfocato. Detto ciò, l’immagine qui sopra, parte di una serie realizzata a Coney Island, è insolitame­mente diretta. Smith, che prima di unirsi al Kamoinge Workshop ha lavorato come modella per diversi anni, l’ha intitolata Instant Model, in onore dello stile, della modestia e della quieta, vagamente divertita sicurezza che mostra il suo soggetto nell’essere stata scelta tra la folla.

 ??  ?? Ming Smith, “Instant Model”, Brooklyn, 1976 (dalla serie “Coney Island”).
Vince Aletti è critico fotografic­o e curatore. Vive e lavora a New York dal 1967. Collaborat­ore di “Aperture”, “Artforum”, “Apartament­o” e “Photograph”, è stato co-autore di “Avedon Fashion 1944-2000”, edito da Harry N. Abrams nel 2009, e ha firmato “Issues: A History of Photograph­y in Fashion Magazines”, pubblicato da Phaidon nel 2019.
Ming Smith, “Instant Model”, Brooklyn, 1976 (dalla serie “Coney Island”). Vince Aletti è critico fotografic­o e curatore. Vive e lavora a New York dal 1967. Collaborat­ore di “Aperture”, “Artforum”, “Apartament­o” e “Photograph”, è stato co-autore di “Avedon Fashion 1944-2000”, edito da Harry N. Abrams nel 2009, e ha firmato “Issues: A History of Photograph­y in Fashion Magazines”, pubblicato da Phaidon nel 2019.

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