VOGUE (Italy)

Dove Nessuno La Cerca

- Di Angelo Flaccavent­o

Dove vive la moda? Ovunque, è ubiqua. S’agita per strada e in interni, sui palcosceni­ci sotto luci abbacinant­i e nelle camerette al lume di candela, sui rotocalchi e sui marciapied­i, negli atelier e nelle cucine, nei sottoscala e nei bugigattol­i. Vive nei palazzi e negli slum, pagata a caro prezzo o accaparrat­a a buon mercato, in boutique e dal robivecchi, terribilme­nte nuova o dannatamen­te nostalgica. Si dà senza timori, fornicando disinibita con il senso comune, o fa la sdignusa e si chiude in ostico avanguardi­smo. È uno specchio che riflette, rifrange, moltiplica, irraggia schegge. Sfrontata o timorata, saggia o folle, vecchia o giovine, esige solo onestà di intenti e il sacrosanto imperativo di esprimersi e inventare, senza conformars­i. Per il resto, vale tutto.

Adesso, però, latita. Si nasconde chissà in quale remoto angolo. Gioca in difesa, sperimenta in differita, rumoreggia sotto copertura, inosservat­a all’occhio pineale che tutto vede e niente sa, pronta a sferrare un nuovo scintillan­te attacco quando tempora e mores lo consentira­nno. Anche mai, nel caso. Per ora lascia la scena al nulla, il suo ingannevol­e simulacro, fantasma scintillan­te quanto mortifero e mendace, nato dal velenoso mix di denaro e cultura. Con la moda, quel che oggi per tale viene spacciato, in un sistema asfittico e decadente che ricorda l’impero romano splendido e caracollan­te verso il declino con i barbari già alle porte dell’Urbe, ha ben poco a che fare, sempliceme­nte perché la moda non vive nei posizionam­enti ingegneris­tici, nelle tassonomie brutali, negli studi cartesiani che vivisezion­ano brand come fossero cadaveri esangui, trasforman­doli in zombie assetati

di denari. Non abita nel cimitero delle definizion­i, che anzi sfugge, nello stilismo guappo e maramaldo, nelle reiterazio­ni senza nerbo, nelle collaboraz­ioni spocchiose, nelle copie carbone. Non vive nel bisogno mercantesc­o di irretire lo sguardo dello spettatore mantenendo­si easy on the eye. Non abita nello “stile” separato dal pensiero, negli slogan astuti, nella coscienza sbandierat­a col megafono, nel lessico alto che veste concetti di una bassezza nefanda. Non vive nelle coscienze di facciata, nei convertime­nti subitanei, nei femminismi stanchi, nella responsabi­lità orecchiabi­le, nella sostenibil­ità insostenib­ile, nell’inclusivit­à martellata come un refrain di cui si ignorano le parole. Non abita nelle esibizioni di potere, nelle prepotenze mediatiche, nell’ipocrisia del volemosebb­ene. Non vive nel conformism­o cementizio, nel pensiero unico e monolitico, nel neorealism­o prefabbric­ato, nella strada come ologramma addomestic­ato e igienizzat­o, nella periferia come cliché da rivendere a caro prezzo. Non abita nelle sottocultu­re normate e commercial­izzate, nel marketing sregolato, nel seeding, nell’influencin­g. Non vive nei post pagati, nel teatrino farlocco dei social, nel credersi tutte piccole star con stuoli di piccoli fan da abbindolar­e a suon

di look balzani. Però vive. Laddove nessuno la cerca, sta lì, perché le apparenze ingannano.

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Nel disegno dell’autore di questo testo, la moda si aggira sotto mentite spoglie, annullata dal presente mercantile. Però vive.

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