Dove Nessuno La Cerca
Dove vive la moda? Ovunque, è ubiqua. S’agita per strada e in interni, sui palcoscenici sotto luci abbacinanti e nelle camerette al lume di candela, sui rotocalchi e sui marciapiedi, negli atelier e nelle cucine, nei sottoscala e nei bugigattoli. Vive nei palazzi e negli slum, pagata a caro prezzo o accaparrata a buon mercato, in boutique e dal robivecchi, terribilmente nuova o dannatamente nostalgica. Si dà senza timori, fornicando disinibita con il senso comune, o fa la sdignusa e si chiude in ostico avanguardismo. È uno specchio che riflette, rifrange, moltiplica, irraggia schegge. Sfrontata o timorata, saggia o folle, vecchia o giovine, esige solo onestà di intenti e il sacrosanto imperativo di esprimersi e inventare, senza conformarsi. Per il resto, vale tutto.
Adesso, però, latita. Si nasconde chissà in quale remoto angolo. Gioca in difesa, sperimenta in differita, rumoreggia sotto copertura, inosservata all’occhio pineale che tutto vede e niente sa, pronta a sferrare un nuovo scintillante attacco quando tempora e mores lo consentiranno. Anche mai, nel caso. Per ora lascia la scena al nulla, il suo ingannevole simulacro, fantasma scintillante quanto mortifero e mendace, nato dal velenoso mix di denaro e cultura. Con la moda, quel che oggi per tale viene spacciato, in un sistema asfittico e decadente che ricorda l’impero romano splendido e caracollante verso il declino con i barbari già alle porte dell’Urbe, ha ben poco a che fare, semplicemente perché la moda non vive nei posizionamenti ingegneristici, nelle tassonomie brutali, negli studi cartesiani che vivisezionano brand come fossero cadaveri esangui, trasformandoli in zombie assetati
di denari. Non abita nel cimitero delle definizioni, che anzi sfugge, nello stilismo guappo e maramaldo, nelle reiterazioni senza nerbo, nelle collaborazioni spocchiose, nelle copie carbone. Non vive nel bisogno mercantesco di irretire lo sguardo dello spettatore mantenendosi easy on the eye. Non abita nello “stile” separato dal pensiero, negli slogan astuti, nella coscienza sbandierata col megafono, nel lessico alto che veste concetti di una bassezza nefanda. Non vive nelle coscienze di facciata, nei convertimenti subitanei, nei femminismi stanchi, nella responsabilità orecchiabile, nella sostenibilità insostenibile, nell’inclusività martellata come un refrain di cui si ignorano le parole. Non abita nelle esibizioni di potere, nelle prepotenze mediatiche, nell’ipocrisia del volemosebbene. Non vive nel conformismo cementizio, nel pensiero unico e monolitico, nel neorealismo prefabbricato, nella strada come ologramma addomesticato e igienizzato, nella periferia come cliché da rivendere a caro prezzo. Non abita nelle sottoculture normate e commercializzate, nel marketing sregolato, nel seeding, nell’influencing. Non vive nei post pagati, nel teatrino farlocco dei social, nel credersi tutte piccole star con stuoli di piccoli fan da abbindolare a suon
di look balzani. Però vive. Laddove nessuno la cerca, sta lì, perché le apparenze ingannano.