Vestiti, Stiamo A Casa
Chi pensava che i lockdown avrebbero appiattito tutti sull’athleisure, o sul look dimezzato da Zoom (formale sopra, pigiama sotto), non aveva fatto i conti con l’e-girl.
E-girl vuol dire letteralmente “electronic girl”: uno stile nato per esistere online, mediato da schermi e filtri. L’e-girl vive principalmente sui social media, condividendo immagini e video dalle proprie stanze. Fuori, nelle strade, non esiste quasi. Forse in questo senso è uno dei primi trend prettamente digitali e non è un caso che, dalle nicchie social di TikTok o Twitch, si sia imposto nel mainstream nel 2020, rientrando tra i 10 trend di Google più cercati dell’anno scorso e catturando anche l’attenzione di celebrity come Bella Hadid o Dua Lipa e di Vogue, che ha pubblicato un e-girl make-up tutorial con la rapper Doja Cat.
E-girl è un’idea di stile non legato al gender (esiste anche l’e-boy, che segue dei codici stilistici leggermente diversi, ma sono entrambi termini fluidi) ed è un esempio perfetto di estetica post-internet e post-Tumblr: un patchwork di suggestioni apparentemente agli antipodi, dall’Emo al Goth, al BDSM, al Kawaii e al K-Pop con un’affiliazione particolare alla cultura gamer e cosplay (una reference comune è l’Harley Quinn di Margot Robbie).
Da definizione di Urban Dictionary, il termine in realtà esiste dal 2009 ed è stato usato come insulto misogino almeno fino al Gamergate del 2014: significava più o meno «ragazza gamer promiscua che usa la propria sessualità e il proprio aspetto fisico a proprio vantaggio». Come molte espressioni dispregiative (un meccanismo è spiegato molto bene nella serie Netflix History of Swear Words di Nicolas Cage per la parola “bitch”) ha subito un processo di riappropriazione che l’ha depotenziato e reso innocuo.
Il momento in cui probabilmente il termine ha iniziato a entrare veramente nel mainstream e diventare una sottocultura di riferimento per la Generazione Z risale al picco del meme “E-Girl Factory” su TikTok nel 2019, dove ragazzi e ragazze aprono una porta e vengono a forza trasformati in e-girl: capelli dai colori brillanti con codini e mollette, magliette a righe, calze a rete, eyeliner alato con cuoricini o sticker luccicanti sotto gli occhi, lentiggini disegnate e l’immancabile trucco giapponese Igari, ovvero da post-sbornia, con naso e gote rosa acceso.
Insomma, chi pensava che lo scoppiare della pandemia avrebbe appiattito tutti sull’athleisure, o sul look dimezzato da Zoom (formale sopra, pigiama sotto), non aveva fatto i conti con l’e-girl. E se la caratteristica principale di questo stile è di vivere una vita soprattutto digitale, da quando la vita sociale di buona parte del pianeta si è traslata quasi esclusivamente online, può consolarci che, volendo, ci separano solo dei capelli colorati e un cuoricino stampato in faccia dal diventare tutti e-girl.