Il Futuro È Now(ness)?
«Un’oasi di bellezza e contemplazione nel cacofonico maelstrom di internet». O più semplicemente, la piattaforma in cui le maison, spiega il direttore creativo, hanno imparato che i video funzionano se danno forma a un’emozione.
Il 2020 verrà ricordato come l’anno della consacrazione definitiva dei cortometraggi d’autore tra le strategie comunicative dei marchi di moda. «Il lusso è ormai sempre più un’esperienza intangibile e incorporea, da vivere online: raccontandolo attraverso una storia si ottiene di infondervi vita», spiega Bunny Kinney, direttore creativo di Nowness, il raffinato canale video lanciato nel 2010 dal gruppo Lvmh, che per i fashion short movie è ormai considerato la piattaforma streaming di riferimento.
“Netflix per i corti d’autore”. Che ne dice di questa definizione per Nowness?
Non mi pare calzante: a differenza di Netflix, a Nowness curiamo direttamente i contenuti, commissionando i film ai registi della nostra community. Ma non siamo neanche un’agenzia di produzione cinematografica nel senso classico del termine: i filmati che approdano alla nostra piattaforma non esprimono solo il dna del marchio committente, ma anche il nostro.
Quali caratteristiche deve possedere un film per entrare nella vostra scuderia?
Un filmato Nowness deve innanzitutto emozionare. Poi farsi interprete delle nuove tendenze nel mondo della creatività a 360 gradi – dalla moda e l’arte alla musica, la danza e l’architettura, portando avanti idee il più possibile d’avanguardia; il tutto con una grande attenzione per l’estetica. Nowness vuole essere “un’oasi di bellezza e contemplazione nel cacofonico maelstrom di internet”: ecco una buona definizione.
A voi va il merito di aver intuito prima di altri il potenziale dei fashion movie. Quello tra moda e cortometraggio è stato amore a prima vista?
No, no, al contrario. I brand all’inizio hanno guardato a questo genere con grande sospetto! Con la nascita di YouTube, a tutti era evidente che il futuro di internet, e della pubblicità online, sarebbe stato in formato video. Ma il passaggio dalle riviste patinate a un sistema pericolosamente trasparente e democratico come la rete terrorizzava. Come raccontare il lusso in un filmato online senza pregiudicarne l’aura di esclusività e mistero? Come veicolare i valori di un marchio attraverso una storia? Ecco le grandi domande che hanno impegnato noi creativi per oltre un decennio. Burberry è stato il primo a raccogliere il guanto di questa nuova sfida, iniziando a pubblicare dei fashion movie su Tumblr quando ancora non lo faceva nessuno.
È possibile rintracciare predecessori di questo genere nella pubblicità televisiva?
Molto più delle pubblicità televisive, un prodotto video calibrato sul mercato di massa, sono i video d’arte e i cortometraggi, con la loro lunga, ricca e poco nota storia, ad avere posto le basi concettuali ed estetiche dei film di Nowness. Accuso soprattutto certi spot di profumi di avere veicolato fino all’ultimo vecchi stereotipi di genere. Anche se riconosco ad alcuni di essi il tentativo, all’origine di molti film di Nowness, di dare una rappresentazione visiva, con un linguaggio di preferenza onirico e atmosferico, dell’intangibile e del fantastico.
Da strategia comunicativa opzionale e accessoria, i fashion movie, soprattutto da che è scoppiata la pandemia, sono assurti a canale comunicativo primario per le grandi aziende del settore. Quali tendenze si registrano per questo genere?
Ci troviamo di fronte a un genere ormai maturo, capace di adattarsi agilmente alle esigenze di piattaforme e Paesi diversi. Per rivolgersi al lucrativo mercato cinese, le case di moda hanno capito che devono realizzare cortometraggi interpretati da attori locali, pensati per WeChat. Si moltiplicano al contempo i video ad hoc per Instagram e TikTok: rispetto a quelli che, solo pochi anni fa, si giravano pensando a YouTube, sono molto più brevi, e concepiti per sedurci durante un rapido scroll. Balenciaga, di recente, ne ha realizzati alcuni che paiono gif, quasi “fotografie in movimento”! In parallelo, un trend di segno opposto: l’esigenza, dettata dal Covid, di affidare loro la presentazione di intere collezioni ha portato, negli ultimi mesi, al lancio di video particolarmente lunghi ed elaborati.
Il suo preferito?
First Light, il fashion movie diretto da Jonathan Glazer per Alexander McQueen. Una Londra deserta, modelle che emergono come ninfe dal Tamigi, due amanti che si baciano sul lungofiume… Un’opera d’arte, più che una pubblicità, il cui scopo non è tanto reclamizzare prodotti, quanto prenderci per mano e condurci in un mondo sofisticato e affascinante. La collezione? Te la vai a vedere dopo online. Trovo che questa “integrità creativa”, una qualità che riconosco anche ai cortometraggi di Gucci, sia un importante ingrediente per il successo di un fashion movie. L’altro è l’interdisciplinarietà. Ne è prova un film di Andrew Margetson: come protagonista ha un ballerino, Lil Buck, che con i suoi movimenti di danza interpreta le opere d’arte esposte alla Fondazione Louis Vuitton. Da anni è tra i più cliccati sulla nostra piattaforma.
Una rosa di fashion movie che esemplificano come Nowness interpreta stile e moda.
The Rite di Adam Csoka Keller,
Virtual Embalming di Frederick
Heyman, Process di Rhea Dillon, Captured Motion di Thibaut Grevet
e Thanks for the Dance di Harley Weir. Poi, dal 15 di questo mese, da non perdere tre cortometraggi di una sezione speciale dedicata alla diaspora nera, intitolata No Direct
Flight, che Nowness ha commissionato a tre registi emergenti di colore. Tra di essi il mio “crush” artistico del momento: la sudafricana Jabu Nadia Newman, un talento emergente da tenere d’occhio.