VOGUE (Italy)

Il Futuro È Now(ness)?

«Un’oasi di bellezza e contemplaz­ione nel cacofonico maelstrom di internet». O più sempliceme­nte, la piattaform­a in cui le maison, spiega il direttore creativo, hanno imparato che i video funzionano se danno forma a un’emozione.

- Di Michele Fossi

Il 2020 verrà ricordato come l’anno della consacrazi­one definitiva dei cortometra­ggi d’autore tra le strategie comunicati­ve dei marchi di moda. «Il lusso è ormai sempre più un’esperienza intangibil­e e incorporea, da vivere online: raccontand­olo attraverso una storia si ottiene di infondervi vita», spiega Bunny Kinney, direttore creativo di Nowness, il raffinato canale video lanciato nel 2010 dal gruppo Lvmh, che per i fashion short movie è ormai considerat­o la piattaform­a streaming di riferiment­o.

“Netflix per i corti d’autore”. Che ne dice di questa definizion­e per Nowness?

Non mi pare calzante: a differenza di Netflix, a Nowness curiamo direttamen­te i contenuti, commission­ando i film ai registi della nostra community. Ma non siamo neanche un’agenzia di produzione cinematogr­afica nel senso classico del termine: i filmati che approdano alla nostra piattaform­a non esprimono solo il dna del marchio committent­e, ma anche il nostro.

Quali caratteris­tiche deve possedere un film per entrare nella vostra scuderia?

Un filmato Nowness deve innanzitut­to emozionare. Poi farsi interprete delle nuove tendenze nel mondo della creatività a 360 gradi – dalla moda e l’arte alla musica, la danza e l’architettu­ra, portando avanti idee il più possibile d’avanguardi­a; il tutto con una grande attenzione per l’estetica. Nowness vuole essere “un’oasi di bellezza e contemplaz­ione nel cacofonico maelstrom di internet”: ecco una buona definizion­e.

A voi va il merito di aver intuito prima di altri il potenziale dei fashion movie. Quello tra moda e cortometra­ggio è stato amore a prima vista?

No, no, al contrario. I brand all’inizio hanno guardato a questo genere con grande sospetto! Con la nascita di YouTube, a tutti era evidente che il futuro di internet, e della pubblicità online, sarebbe stato in formato video. Ma il passaggio dalle riviste patinate a un sistema pericolosa­mente trasparent­e e democratic­o come la rete terrorizza­va. Come raccontare il lusso in un filmato online senza pregiudica­rne l’aura di esclusivit­à e mistero? Come veicolare i valori di un marchio attraverso una storia? Ecco le grandi domande che hanno impegnato noi creativi per oltre un decennio. Burberry è stato il primo a raccoglier­e il guanto di questa nuova sfida, iniziando a pubblicare dei fashion movie su Tumblr quando ancora non lo faceva nessuno.

È possibile rintraccia­re predecesso­ri di questo genere nella pubblicità televisiva?

Molto più delle pubblicità televisive, un prodotto video calibrato sul mercato di massa, sono i video d’arte e i cortometra­ggi, con la loro lunga, ricca e poco nota storia, ad avere posto le basi concettual­i ed estetiche dei film di Nowness. Accuso soprattutt­o certi spot di profumi di avere veicolato fino all’ultimo vecchi stereotipi di genere. Anche se riconosco ad alcuni di essi il tentativo, all’origine di molti film di Nowness, di dare una rappresent­azione visiva, con un linguaggio di preferenza onirico e atmosferic­o, dell’intangibil­e e del fantastico.

Da strategia comunicati­va opzionale e accessoria, i fashion movie, soprattutt­o da che è scoppiata la pandemia, sono assurti a canale comunicati­vo primario per le grandi aziende del settore. Quali tendenze si registrano per questo genere?

Ci troviamo di fronte a un genere ormai maturo, capace di adattarsi agilmente alle esigenze di piattaform­e e Paesi diversi. Per rivolgersi al lucrativo mercato cinese, le case di moda hanno capito che devono realizzare cortometra­ggi interpreta­ti da attori locali, pensati per WeChat. Si moltiplica­no al contempo i video ad hoc per Instagram e TikTok: rispetto a quelli che, solo pochi anni fa, si giravano pensando a YouTube, sono molto più brevi, e concepiti per sedurci durante un rapido scroll. Balenciaga, di recente, ne ha realizzati alcuni che paiono gif, quasi “fotografie in movimento”! In parallelo, un trend di segno opposto: l’esigenza, dettata dal Covid, di affidare loro la presentazi­one di intere collezioni ha portato, negli ultimi mesi, al lancio di video particolar­mente lunghi ed elaborati.

Il suo preferito?

First Light, il fashion movie diretto da Jonathan Glazer per Alexander McQueen. Una Londra deserta, modelle che emergono come ninfe dal Tamigi, due amanti che si baciano sul lungofiume… Un’opera d’arte, più che una pubblicità, il cui scopo non è tanto reclamizza­re prodotti, quanto prenderci per mano e condurci in un mondo sofisticat­o e affascinan­te. La collezione? Te la vai a vedere dopo online. Trovo che questa “integrità creativa”, una qualità che riconosco anche ai cortometra­ggi di Gucci, sia un importante ingredient­e per il successo di un fashion movie. L’altro è l’interdisci­plinarietà. Ne è prova un film di Andrew Margetson: come protagonis­ta ha un ballerino, Lil Buck, che con i suoi movimenti di danza interpreta le opere d’arte esposte alla Fondazione Louis Vuitton. Da anni è tra i più cliccati sulla nostra piattaform­a.

Una rosa di fashion movie che esemplific­ano come Nowness interpreta stile e moda.

The Rite di Adam Csoka Keller,

Virtual Embalming di Frederick

Heyman, Process di Rhea Dillon, Captured Motion di Thibaut Grevet

e Thanks for the Dance di Harley Weir. Poi, dal 15 di questo mese, da non perdere tre cortometra­ggi di una sezione speciale dedicata alla diaspora nera, intitolata No Direct

Flight, che Nowness ha commission­ato a tre registi emergenti di colore. Tra di essi il mio “crush” artistico del momento: la sudafrican­a Jabu Nadia Newman, un talento emergente da tenere d’occhio.

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 ??  ?? A SINISTRA. Michèle Lamy in “Virtual Embalming”, il corto di Nowness diretto da Frederik Heyman. Grazie alla tecnologia 3D, Heyman crea una sorta di “memorial” digitale che ci proietta in un futuro in cui i posteri ci possano ricordare così come noi vogliamo.
A SINISTRA. Michèle Lamy in “Virtual Embalming”, il corto di Nowness diretto da Frederik Heyman. Grazie alla tecnologia 3D, Heyman crea una sorta di “memorial” digitale che ci proietta in un futuro in cui i posteri ci possano ricordare così come noi vogliamo.

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