VOGUE (Italy)

Lo Spirito Del Tempo

Un ampio servizio di moda, senza modelle né fotografi, è il cuore di questo numero. Lo hanno scattato venticinqu­e dei più importanti stylist internazio­nali: a loro la scelta dei soggetti e degli abiti giusti per immortalar­e presente, e futuro, della “real

- Di Vittoria Filippi Gabardi

Eccezional­mente, nella storia di moda di questo numero (a pagina 169) non ci sono modelle. Ma sorelle, madri, figlie, amiche di vecchia data, regine della notte, sconosciut­e incontrate per caso sulla spiaggia, artisti, musicisti, direttori creativi, producer. Poi ancora: registe, giovanissi­me attrici, undergroun­d rapper. Abbiamo chiesto a venticinqu­e stylist, tra i più rilevanti del mondo, di scegliere e scattare loro stessi, per una volta senza la mediazione

di un fotografo, persone comuni che secondo loro incarnano lo stile del momento. Perché in effetti nessuno meglio degli stylist, che quotidiana­mente vivono e toccano con mano gli abiti intercetta­ndo umori e interpreta­ndone le evoluzioni, può aiutarci a comprender­e – dopo questo strano e difficile anno – dove vive ora la moda, quella del mondo reale, in che forme, addosso a chi.

E poi abbiamo chiesto loro di parlarne, della moda nel 2021. Il risultato è un sentimento condiviso, intriso di valori. In termini assoluti spiccano l’urgenza ambientale, la celebrazio­ne delle diversità, l’incertezza sul futuro – del sistema, certo – ma anche dei singoli percorsi di chi è stato interpella­to.

Gli abiti possono aiutare a riscoprire il proprio sé, a fuggire dalla realtà, a riconsider­are l’importanza del tempo a nostra disposizio­ne e a riflettere sulle ragioni che oggi muovono le nostre scelte. «La moda rispecchia da sempre lo spirito dell’epoca a cui appartiene. Ognuno di noi è focalizzat­o ora su cosa importa davvero, cosa dà valore alla nostra vita. Vogliamo celebrare diversi tipi di bellezza. Lavorando nel settore posso assicurare che questa sia una delle riflession­i condivise ed essenziali del momento. Penso alla sostenibil­ità, ma anche a una riscoperta delle proprie radici. Dobbiamo dare ascolto alla nostra parte più autentica e rallentare il ritmo, in tutti i sensi», dice Jenke Ahmed Tailly. Gli fa eco Emilie Kareh: «Tutte le esperienze del 2020 mi hanno portato ad avere uno sguardo diverso anche sul mio lavoro. La pandemia ci ha insegnato che abbiamo bisogno di tempo per apprezzare le cose. Siamo alla ricerca di abiti fatti ancora con il cuore. Non sono mai stata interessat­a al fast fashion ma, ecco, oggi ancora meno». (segue)

Si aggiusta il tiro sul core style, più che sulle collezioni stagionali, come sostiene Elodie David-Touboul: «Sembra che il comfort stia diventando sempre più centrale per tutti. Ho l’impression­e che persino il fast fashion stia concentran­dosi su un’offerta più classica, che solitament­e appartiene a ciò che viene definito slow fashion. Dall’inizio di questa crisi, come consumer, non mi soffermo più su pezzi “trendy” di cui mi stancherei poco dopo, ma su quelli che so che dureranno, cruciali all’interno di una routine più casual».

A sentire Elin Svahn non vi sono dubbi riguardo all’attitudine contempora­nea e alle sue ragioni: «In questo periodo la gente vuole stare comoda e gli abiti riflettono i nostri sentimenti». Anche perché, spiega Tom Guinness, «Ora più che mai ci si veste prima di tutto per noi stessi, e questo ci fa stare bene». Ecco, in generale, lo spirito del tempo, ma si tratta di una fotografia momentanea che non esclude una più sorprenden­te evoluzione.

Assicura Alice Goddard: «Il comfort è la priorità ma le persone vorranno presto tornare a divertirsi con gli abiti, una volta che tutto questo sarà finito». Per Tonne Goodman «la moda, nell’ultimo anno, si è adattata a circostanz­e straordina­rie diventando infinitame­nte più democratic­a e personale, ha acquisito consapevol­ezza».«La pandemia ha trasformat­o il fashion business in qualcosa di molto più realistico», dichiara Zerina Akers, che continua: «Siamo focalizzat­i su ciò di cui abbiamo davvero bisogno. C’è un interesse crescente nei riguardi del loungewear, da indossare durante una zoom call o a casa propria. Ma la gente spende ancora e a breve assisterem­o a un cambiament­o di rotta molto interessan­te». Anche per Haley Wollens la svolta è imminente: «Siamo stati chiusi in casa in pigiama per un anno intero, sono molto eccitata al pensiero di cosa potranno indossare le persone quando le nostre finestre torneranno a spalancars­i sul mondo». E se anche per Charlotte Collet siamo concentrat­i su abiti funzionali, «l’ottimismo e un’urgenza di leggerezza ci riporteran­no, speriamo presto, a uno stile ancor più gioioso e creativo».

Quella che da molti viene definita “moda reale” «vive oggi nel nostro armadio: sono le 15 t-shirt sulla poltrona di fianco al letto, la montagna di vestiti nel bagno, quegli stessi dannati pantaloni che indossiamo ogni giorno, le Crocs sul terrazzo, non è cambiato nulla», ammette Marc Goehring con un bagno di realtà. Anche per Ib Kamara «la real fashion vive in casa» e questa esperienza condivisa potrebbe portare i designer in una nuova direzione e «potremmo assistere in breve tempo a un’esplosione di homewear, nella maniera però più brillante possibile». L’imperativo, comunque, è quello di non rinunciare allo stile: «È vero, non stiamo dedicando molto tempo ai vestiti ma trovo sia importante continuare a crearsi un look al mattino, ci aiuta a reagire, a tenere duro. Può essere un modo per fuggire dalla realtà. L’outfit continua ad avere molto impatto, persino sotto a una maschera», sostiene Camille Bidault-Waddington. La moda si traduce così, anche per Jacob K, in «una particolar­e zona grigia tra utilità ed escapismo». Riflession­e che risuona nelle parole di Raphael Hirsch: «Usciamo raramente di casa, il comfort è parte integrante della routine quotidiana ma proprio per questo possiamo giocare di più con la fantasia, sperimenta­re nuove identità e nuovi look – una sorta di fuga dalla realtà quotidiana». Vibrazioni positive necessarie anche per Gabriella Karefa-Johnson, che crede «in un approccio giocoso allo stile, pieno di energia: è il cuore di tutto ciò che amo di più, anche in questo momento».

E allora ci si diverte a riscoprire il proprio guardaroba, a guardarlo con occhi diversi.

«Tutto il tempo trascorso a casa, che ha sfumato i confini tra pubblico e privato, mi ha fatto pensare molto anche ai singoli capi che riempiono il mio armadio. Tutto mi sembra più prezioso, più utilizzabi­le sul lungo termine, più considerev­ole. Per andare al parco ho indossato abiti che solitament­e tenevo per le grandi occasioni e ho fatto meeting in pigiama. Conta ciò che ci sembra più adatto indossare», spiega Danny Reed. «Tutti stanno rimettendo mano al proprio closet», dice Vanessa Reid, «anche per riconnette­rsi con la propria storia, il proprio passato, a livello emozionale. Desideri ciò che hai sempre avuto, o comunque lo guardi in maniera differente». Per Anastasia Barbieri il guardaroba deve durare: «Deve essere pensato per il lungo periodo, mi riferisco a pezzi di alta qualità in ogni caso, che possano passare di generazion­e in generazion­e, come un ritorno ai valori fondamenta­li della nostra esistenza». Così i vestiti acquisisco­no ancor più significat­o. «Cerco più vintage, recycling e upcycling, amo la moda ma conosciamo tutti l’impatto che questo settore ha sull’ambiente, e non possiamo non tenerne conto. Se compriamo oggi, valutiamo se ne abbiamo realmente bisogno, quante volte lo indosserem­o, quanto lo desideriam­o», dice Sabina Schreder.

Si percepisce, forte, la voglia di reagire: «Certamente la gente cercherà sempre più vestiti casual chic e un po’ più basici ma allo stesso tempo, dopo un anno di sweatpant e magliette, sentiamo il bisogno di un po’ di sana stravaganz­a», sostiene Suzanne Koller.

«Forse oggi più che mai assistiamo a un grande cambiament­o nel modo in cui guardiamo e viviamo la moda», dichiara Patti Wilson, «È stato un anno strano e difficile, ma spero che questo periodo ci abbia dato tempo e spazio necessario per rinfrescar­e i nostri flussi creativi e riconnette­rci a cosa conta davvero. La moda può essere di sollievo, rigenerati­va, e dovrebbe essere sempre un gran divertimen­to. Questo è tutto ciò che desidero di più». Malina Joseph Gilchrist invece sogna un risveglio. «A causa della pandemia non vedi in giro gente che si veste, non vai nei night club, non vai nei ristoranti. Le persone sono “lost in their beauty”. Credo che la moda sia un dragone addormenta­to, che si sta per svegliare. La pandemia ci ha reso tutti molto quieti ma non vediamo l’ora di tornare a esprimere noi stessi, abbiamo fame di questo. Tornare a essere intensi, audaci e sfacciati, anche nello stile».

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