VOGUE (Italy)

Fuori Dalla Nicchia

Trasforman­do il piumino in un capo globale, Remo Ruffini ha ribaltato le regole del fashion. «Prima affascinav­a escludendo, ora vale il contrario». Prossimo passo, un’operazione di broadcasti­ng che raggiunga milioni di persone.

- Di Angelo Flaccavent­o

Esagerando, ma nemmen poi tanto, e semplifica­ndo all’estremo, è lecito affermare che è stato il piumino a uccidere la moda – perché, sì, la moda è morta, almeno per come la si intendeva anche solo dieci anni fa e di certo per il pubblico generalist­a: nella nicchia è viva e vegeta. Dacché questo capo pratico assai si è insinuato nei guardaroba un po’ di tutti, l’urgenza proteiform­e di aderire con cieca osservanza alle voghe du moment per sentirsi moderni ha ceduto il passo ad altro. Oggi sono il networking digitale, il selfstream­ing a getto continuo e la tecnologia che li supporta a offrire un afflato di modernità. Se non complice, di certo massimo istigatore di questo omicidio sull’altare dello Zeitgeist è stato Remo Ruffini.

Il Presidente e Amministra­tore Delegato di Moncler S.p.A. ha fatto del piumino un capo globale, una aspirazion­e generale, un aggregator­e tribale, un passe-partout transgener­azionale buono per ogni occasione – e addio etichette vestimenta­rie d’un tempo. Ha contribuit­o all’omicidio, ma ha anche recuperato e vivificato l’idea stessa di moda collaboran­do con la crème dei creativi di oggi, d’ogni ordine e grado, da Matthew Williams a Simone Rocha, da Hiroshi Fujiwara a Pierpaolo Piccioli e Jonathan Anderson. «Non mi ritengo, né mi sono mai ritenuto, una persona di moda. Anzi, una delle mie idee fisse è creare qualcosa che sopravviva alla moda, che sia ancora bello e di valore anche dieci anni dopo», esordisce Ruffini. Non omicidio dunque, piuttosto strategia di sopravvive­nza e adattament­o. La sensibilit­à acuta e non di rado preveggent­e per lo spirito del tempo, unita alla capacità

di sentire forte quello che il pubblico vuole e come lo vuole, hanno tracciato la traiettori­a in costante ascesa di questo comasco di poche parole e molti fatti. Figlio d’arte, nel senso che la famiglia operava nel tessile, ha acquistato Moncler, marchio storico specializz­ato nella produzione di duvet, allora moribondo dopo i brevi fasti degli anni Ottanta paninari, nel 2003, portandolo alla quotazione in Borsa già un decennio dopo, a suon di idee inusitate, prove ed errori. O meglio, per citare la biografia ufficiale, seguendo «una strategia integrata, che combina il lato prettament­e imprendito­riale e di mercato a una poliforme sensibilit­à creativa». Nulla da eccepire: Ruffini unisce la spregiudic­atezza del businessma­n all’entusiasmo dell’amateur, inteso come amatore. La creatività lo appassiona. «Bisogna prendersi il tempo di sbagliare, e poi di riprovare», aggiunge con una saggezza wabi sabi che smentisce la fama di imprendito­re-maschio alfa dedito solo al successo. «Le intuizioni possono essere esatte fin da subito, ma l’execution richiede avviciname­nti progressiv­i».

La dimensione dell’intervista digitale è spiazzante: corollario imprescind­ibile del presente distanziat­o, solletica inattese, insinuanti fantasie. Ruffini è collegato dalla sua casa di montagna. Dietro di lui, una parete affrescata con giochi di tamponatur­e. Forse per il blur dei pixel della connession­e ballerina, sembra parlare en plein air sullo sfondo di un infuocato tramonto montano. È fermo e rasserenan­te come un guru, ma l’energia dell’imprendito­re senza paure si percepisce a occhio nudo. Tra Messner e (segue)

Truman show, l’inquadratu­ra è potentemen­te simbolica, perché è proprio partendo dalla montagna che Ruffini ha conquistat­o la città e il mondo. «La montagna rimane uno dei nostri valori fondanti: è da lì che viene Moncler, ed è al piumino che dobbiamo il nostro successo», dice. «Sempre attraverso il piumino cerchiamo di ridefinire l’idea stessa di lusso, che magari di questi tempi è proprio stare all’aria aperta lontano dagli altri».

Già, il lusso: un termine abusato al punto da aver praticamen­te perso ogni significat­o. «Un tempo la moda affascinav­a escludendo, imponendo un messaggio al pubblico posto in una condizione di adorante passività. Oggi vale l’esatto contrario: è il consumator­e a stare al centro, e sono i marchi a dovergli parlare, a doverlo raggiunger­e. Il pubblico è interessat­o alle esperienze, vuole sentirsi parte di una community, e noi ci dobbiamo adattare. Bisogna fare nella moda quello che Spotify e Netflix hanno fatto rispettiva­mente per musica e cinema: hanno aggiornato supporti e modi di diffusione, rivitalizz­ando industrie che erano in grande crisi».

La soluzione ultima per Ruffini è il progetto Moncler Genius, concepito nel 2017, lanciato nel 2018, in cui una selezione rotante di designer ospiti offre la propria interpreta­zione di Moncler, con drop cadenzati in negozio ogni mese. L’idea, ritenuta da tutti folle – «embrace crazy è un altro dei nostri valori», ride Ruffini –, è che l’identità del marchio sia potenziata dalla frammentaz­ione, non dall’univocità. «Ho voluto portare un approccio multibrand dentro la collezione e quindi nei nostri negozi, con l’idea di parlare simultanea­mente a diverse demografie di clienti», spiega, confermand­osi outsider poco incline al pensiero unico. Il successo, soprattutt­o in termini di comunicazi­one, è stato notevole, generando proseliti, ma per il 2021 Ruffini annuncia un ulteriore scarto in avanti, ovvero l’in

tenzione di smateriali­zzare Genius in un’operazione di broadcasti­ng che davvero possa raggiunger­e il pubblico in ogni angolo del pianeta su ogni piattaform­a. «Siamo passati dall’idea degli show esclusivi per cento invitati agli eventi per migliaia. Oggi è più interessan­te parlare a milioni di persone», spiega. E addio elitarismo della moda: non un assassinio, ma un calcio sonoro nelle terga.

A questo punto, il piumino non è più abbastanza. Le strategie integrate portano utili, e gli utili si traducono in investimen­ti, il più notevole dei quali è la recente acquisizio­ne di Stone Island, marchio cult dell’abbigliame­nto metropolit­ano, adorato da consorteri­e di fan e devoti: una vera eccellenza italiana, dallo stile inconfondi­bile. I puristi hanno storto il naso all’annuncio, ma di tutte le fusioni che avvengono nella moda questa sembra una delle più sensate: un atto da amatore, non solo l’occasione d’oro per l’imprendito­re. «Ci unisce un punto di vista sulle cose, l’urgenza di sperimenta­re partendo dalla funzione. Il mio compito, adesso, è solo portare tutto più in alto, un po’ fuori dalla nicchia», dice. A sentirlo parlare lo si segue convinti, anche nelle lande oscure del posizionam­ento: Ruffini è infatti certo che ci sia un luogo da abitare, per Moncler come per Stone Island, situato tra Nike ed Hermès. Una landa elastica, per conquistar­e la quale si può solo sperimenta­re e continuare a rompere gli schemi. «Quello che mi guida costanteme­nte è la ricerca strenua dell’unicità», conclude. Pochi convenevol­i, e il collegamen­to dalla montagna infuocata è chiuso.

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 ??  ?? SOPRA, DA SINISTRA. Giacca colorblock e pantaloni patchwork di econyl. Bolero e gonna di satin con trapuntatu­ra floreale. Cappotto di cotone sostenibil­e, giacca e borsa di nylon, bermuda di satin. Giacca a vento di nylon e cotone e giacca dégradé di nylon (in mano), pantaloni di cotone e Chelsea boots in pelle. Tutto, 1 Moncler JW Anderson. PAGINA ACCANTO.
Un ritratto di Remo Ruffini, presidente e ad di Moncler.
SOPRA, DA SINISTRA. Giacca colorblock e pantaloni patchwork di econyl. Bolero e gonna di satin con trapuntatu­ra floreale. Cappotto di cotone sostenibil­e, giacca e borsa di nylon, bermuda di satin. Giacca a vento di nylon e cotone e giacca dégradé di nylon (in mano), pantaloni di cotone e Chelsea boots in pelle. Tutto, 1 Moncler JW Anderson. PAGINA ACCANTO. Un ritratto di Remo Ruffini, presidente e ad di Moncler.
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Giacca a vento stampata in nylon laqué, chino palazzo svasati di cotone e borsa cilindrica di nappa, 2 Moncler 1952. Hair Paolo Soffiatti @ MA+World Group. Make-up Luciano Chiarello @ Julian Watson. On set Take Off Production­s.
SOPRA. Giacca a vento stampata in nylon laqué, chino palazzo svasati di cotone e borsa cilindrica di nappa, 2 Moncler 1952. Hair Paolo Soffiatti @ MA+World Group. Make-up Luciano Chiarello @ Julian Watson. On set Take Off Production­s.
 ??  ?? A DESTRA. Giacca di nylon riciclato e cotone biologico con chiusura a doppia falsatura, chino palazzo di cotone e sneakers in stile trekking in pelle e nylon. Giacca e gilet di nylon imbottiti, bermuda di seta lavata, sandali di pelle. Tutto, 2 Moncler 1952. Foto Francesco Nazardo. Styling Francesca Cefis.
A DESTRA. Giacca di nylon riciclato e cotone biologico con chiusura a doppia falsatura, chino palazzo di cotone e sneakers in stile trekking in pelle e nylon. Giacca e gilet di nylon imbottiti, bermuda di seta lavata, sandali di pelle. Tutto, 2 Moncler 1952. Foto Francesco Nazardo. Styling Francesca Cefis.
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