Effetto Farfalla
Sulle ali dell’animale che si è scelto come totem, Nicola Brognano riscrive i codici di Blumarine all’insegna di leggerezza e felicità: un omaggio alla libera caparbietà dei Duemila, riletti a uso e consumo della Generazione Z.
Una stanza di sole ragazze, i cellulari tempestati di applique gioiello, accessori vistosi, rose e farfalle, lenzuola e cuscini rosa a loro volta. La sfilata digitale per la collezione A/I 2021-22 di Blumarine – art direction di Harley Weir, styling di Lotta Volkova – è un po’ come fare un salto nella camera da adolescente di ogni trentenne, le stesse che erano teenager quando The Simple Life con Paris Hilton era il reality che avrebbe lanciato le famose senza talento, e Britney Spears la santa protettrice delle ragazze girly. «Le fotocamere sono l’autografo del nuovo millennio», sentenziava Paris, guest star di The O.C. (correva l’anno 2004), impugnando un flip-phone di quelli che si rivedono oggi sui profili Instagram che celebrano la nostalgia degli anni Duemila.
Vent’anni dopo, quel mondo di riferimenti estetici è qui per restare e Nicola Brognano, direttore creativo di Blumarine da febbraio 2020, lo ha scelto per reimmaginare lo storico marchio fondato da Anna Molinari e dal marito Gianpaolo Tarabini. «Quello che mi affascina dell’estetica di quel periodo è quest’idea di libertà, di sexyness, di felicità e voglia di osare. Negli ultimi anni la moda è stata minimale, concettuale, e ho sentito il bisogno di qualcosa che fosse uno “statement”, e cosa meglio di quegli anni, che ho vissuto in prima persona e posso reinterpretare in una chiave attuale», racconta Brognano, nato nel 1990 sotto il segno della Bilancia, ascendente Sagittario (quando gli chiedo del suo rapporto con l’astrologia dice ridendo di non essere di quelli «fissatissimi», anche se ammette di essere andato diverse volte da un astrologo, per curiosità e divertimento).
Spesso si è scritto che il #MeToo abbia influenzato la moda facendo sparire il “sexy” dalle passerelle (un’affermazione non vera, semplicemente era sparito un certo modo di essere sexy) e che le donne non ne volevano più sapere di piacere. Nelle ultime stagioni, invece, complice la pandemia che ha azzerato la socialità e ci fa sentire la mancanza delle relazioni, molti designer hanno riscoperto la voglia di valorizzare il corpo.
La femminilità con cui Brognano gioca da Blumarine, però, affonda le sue radici nell’archivio del marchio, da sempre sinonimo di freschezza e romanticismo spensierato, e che lo stilista sta cercando di raccontare a quella generazione digitale per cui le icone pop con cui sono cresciuti i trenta-e-qualcosa hanno il fascino del vintage. «La sensualità per me è un’attitudine, una sensazione che hai dentro e che è legata alla tua voglia di trasmetterla. Può essere spudorata o meno, è qualcosa che una donna usa quando decide di voler piacere o farsi guardare», spiega. «La generazione Z, poi, ha una certa sfrontatezza nel modo di vestire, non ha paura di far vedere qualche chilo in più, si piace così com’è, e penso che questo sia un messaggio molto positivo. Credo che la seduzione e la bellezza non siano stereotipate nella taglia 38 e che una 48 o 50 possano essere molto più interessanti di una 38. Quelle di Blumarine partono dalla 36 e arrivano alla 50, perciò mi piacerebbe vedere diversi tipi di donne, e diversi tipi di fisicità, in Blumarine».
Calabrese di origine, Brognano è cresciuto nell’atelier di abiti da sposa della madre, ha studiato Fashion Design all’Istituto Marangoni di Milano e, dopo la laurea, ha lavorato con Giambattista Valli a Parigi. Ha quindi lanciato il marchio che porta il suo nome e nel 2016 ha vinto il concorso “Who Is On Next” organizzato da Vogue Italia e AltaRoma: un curriculum di tutto rispetto, che oggi lo vede essere uno dei più giovani direttori creativi italiani. Un compito non facile, il suo, tanto più in un momento in cui riaccendere l’appeal di un brand è sempre un azzardo.
Incarnazione del nuovo corso che Brognano sta cercando di tracciare è la farfalla, che affianca le classiche rose Blumarine: «Per me è un simbolo di leggerezza, frivolezza anche. Negli anni Duemila era ovunque, dai tatuaggi alle T-shirt, fino agli accessori, ed è il mio modo di dare una cifra stilistica al marchio. Sarà un elemento molto ricorrente nelle prossime collezioni. Tra l’altro, la farfalla ora è usatissima sui social, soprattutto dai più giovani». E ci vuole una certa naïveté, e un certo amore per la bellezza tipico della Bilancia – «Ho notato che ci sono delle caratteristiche del mio segno che mi rispecchiano, come per esempio la ricerca del bello e il perfezionismo», dice lui – per imbarcarsi nell’impresa di parlare agli attrezzatissimi ragazzi di oggi di cose pericolose come il corpo, il desiderio, la voglia di piacere. Ma c’è anche una certa caparbietà millennial, probabilmente ereditata da Paris o da Britney: prima o poi tutto ritorna, proprio come loro due e i jeans a vita bassa.