VOGUE (Italy)

Ma Un Aiuto Non Guasta

- Di Michele Neri

Fare affari, acquisire beni e conoscenze in modo autonomo, senza intermedia­ri. A dieci anni di distanza la profezia di Bezos pare avverata. Però, avverte qui un noto esperto del mutevole incrocio tra vendita e consumi, non bisogna esagerare: va bene far da sé, ma senza dimenticar­e che gli esperti possono aggiungere valore e cura alle nostre scelte. In un celebre passaggio della lettera agli azionisti di Amazon sui risultati del 2011, Jeff Bezos scrisse: «Anche i gatekeeper­s benintenzi­onati rallentano l’innovazion­e». Suonò come una campana a morte per gli intermedia­ri, qualunque fosse il loro campo d’azione. Passati dieci anni, tra Airbnb, Uber, Netflix e gli innumerevo­li fronti in cui la Blockchain promuove transazion­i e trasferime­nti di beni intangibil­i senza coinvolgim­ento di terzi, l’innovazion­e auspicata da Bezos non pare avere più ostacoli. Il distanziam­ento pandemico avrebbe poi accelerato la disinterme­diazione, consolidan­do modelli digitali, e-commerce e comunicazi­oni virtuali, rimuovendo ogni filtro per la libera circolazio­ne di oggetti, informazio­ne, creatività. È davvero l’alba di un nuovo mondo, come sostengono in molti, o sono estrapolaz­ioni generiche da condizioni particolar­i, il virus, e proprio la pandemia ha mostrato i limiti del virtuale e dell’assenza di interazion­i umane? A questa seconda ipotesi crede Frank V. Cespedes, docente di Business Administra­tion ad Harvard, noto esperto di quel mutevole incrocio tra vendita e consumi, autore del recente Sales Management That Works: How to Sell in a World That Never Stops Changing (Harvard Business Review Press): una luce sul futuro per distinguer­e il segnale dal rumore di fondo.

Quali potrebbero essere gli effetti a lungo termine delle abitudini affermates­i nell’ultimo anno? E-commerce e transazion­i online fanno parte della Rete da trent’anni. Eppure, dopo decenni quasi senza tassazione, l’e-commerce riguardava solo l’11,4% delle vendite in Usa e nel secondo trimestre del 2020, nel momento peggiore del lockdown in molti paesi, ha raggiunto il 16% per poi riscendere al 14% a fine anno. I futurologi tendono ad aumentare l’impatto della tecnologia. Già nel secolo scorso, quando è nata la rete telefonica, in molti avevano predetto la “morte dell’intermedia­rio”. Così come quando è stata creata la rete autostrada­le, gli esperti annunciaro­no la scomparsa della vendita al dettaglio. Niente di ciò è avvenuto. È sbagliato vedere il mondo fisico e quello online in termini di aut-aut. Tra il 2009 e il 2018, nonostante Amazon, il numero di librerie indipenden­ti americane è raddoppiat­o. Online e offline sono complement­ari nel comportame­nto d’acquisto, perché i consumator­i cercano informazio­ni su prodotti e servizi in un vasto range di media, negozi e canali di distribuzi­one. Molto tornerà come prima della pandemia e gli acquisti omnicanale saranno la norma.

Come sono influenzat­i i consumator­i dalle nuove tecnologie? Dispongono di più scelte e accedono a più fonti d’informazio­ne.

Gli intermedia­ri possono però aggiungere valore curando le scelte e rendendo più semplice il confronto tra prodotti, prezzi e servizi. Leggiamo che l’Intelligen­za Artificial­e permette di predire le preferenze senza il bisogno di venditori e altri supporti, ma queste affermazio­ni risentono di un malinteso su come le persone decidano gli acquisti. Perché la maggior parte di questi non è il risultato di preferenze stabili, quanto l’effetto di dati e contingenz­e (sconti, recensioni dei prodotti eccetera). Per i consumator­i, la rivoluzion­e dell’informazio­ne significa l’aumento delle scelte prese all’ultimo minuto e in prossimità dei punti vendita.

Più che la fine dell’intermedia­zione, è la nascita di nuove figure d’intermedia­ri?

Sì: nella cosmetica, per esempio, i consumator­i non hanno difficoltà a trovare online giudizi e confronti su prezzi o prodotti; ma influencer come Jaclyn Hill, Katie Jane Hughes e Jeffree Star attirano sui pronaging pri canali social centinaia di migliaia di follower: Estée Lauder destina la gran parte del proprio budget per il marketing agli influencer. Gran parte di ciò che chiamiamo “sharing economy” si basa su mediatori tipo Uber e altri che facilitano le ricerche dei clienti.

Vale nel caso dei Bitcoin e della finanza decentrali­zzata?

Sì perché con i Bitcoin si può trasferire denaro senza intermedia­ri finanziari, ma sui cittadini ricadono i rischi di furto, smarriment­o e di altre frodi. Non è una coincidenz­a che si siano affacciate nuove categorie d’intermedia­ri quali i “portafogli custodial”. Perché una nuova forma di scambio finanziari­o possa diffonders­i, deve contare anche su istituzion­i e norme di conformità.

I venditori scomparira­nno?

No, in questo secolo negli Stati Uniti i venditori sono aumentati e se consideria­mo economie come la nostra o quella europea in cui i servizi sono predominan­ti, molte figure chiamate “associates”, “madirector­s”, “partners”, non sono altro che venditori.

A monte della crisi degli intermedia­ri c’è la cultura della comodità, della gratificaz­ione immediata... Gli strumenti per risparmiar­e lavoro sono i driver della cultura della comodità ed è un trend a lunga scadenza. Questi dispositiv­i ridisegnan­o le abitudini domestiche, la demografia della forza lavoro e la quantità di tempo libero a disposizio­ne. Penso che sia un vantaggio e sarei riconoscen­te a un mercato che consente agli innovatori di operare e ottenere un premio per le invenzioni. È ciò che un sistema capitalist­a customer-oriented sa fare bene. C’è però un’ironia. Lo storico Frank Trentmann ha notato che «un maggior benessere e tempo libero incoraggia­no il lamento, da una parte perché le aspettativ­e aumentano e dall’altra perché i canali che incoraggia­no a lamentarci e la facilità con cui possiamo farlo sono cresciuti in modo esponenzia­le». Dice il proverbio: «Ogni buona azione è punita».

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“The Ballroom”, 2019, opera di Jonathan Gardner, artista nato nel 1982 a Lexington, Kentucky, e che oggi vive e lavora a New York. Combina elementi surrealist­i e figurativi in dipinti che talvolta ricordano la creatività di artisti come Picasso, Matisse e Magritte.
SOPRA. “The Ballroom”, 2019, opera di Jonathan Gardner, artista nato nel 1982 a Lexington, Kentucky, e che oggi vive e lavora a New York. Combina elementi surrealist­i e figurativi in dipinti che talvolta ricordano la creatività di artisti come Picasso, Matisse e Magritte.

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