VOGUE (Italy)

I Racconti Del Cuscino

Paboy ha lanciato il suo marchio un anno fa su Instagram e il tam tam gli ha procurato una risposta che non avrebbe mai immaginato. Infatti Paul Smith, Luke Edward Hall e Blanca Miró…

- Di Marta Galli

Nella vita di Paboy Bojang è bastato un cuscino a fare la rivoluzion­e. Anzi, tanti. Affettuosa­mente vezzosi e gioiosamen­te colorati, hanno rallegrato il lungo inverno dei salotti in pandemia. Ventottenn­e del Gambia in cerca d’asilo a Napoli, Paboy ha lanciato il marchio In Casa by Paboy un anno fa su Instagram e il tam tam gli ha procurato una risposta che non aveva allora osato immaginare, subito notato da tastemaker come Paul Smith, Luke Edward Hall e Blanca Miró.

La favola bella inizia sulla falsariga delle cronache d’immigrazio­ni di cui sono farciti i telegiorna­li nazionali, ma svolta al lieto fine proprio nel momento in cui tutto sembra precipitar­e. Già a 13 anni Paboy lavora nella sartoria dello zio a Serekunda. «Essendo il maggiore è normale che la mia famiglia facesse conto su di me», racconta. Intanto porta avanti gli studi, anche se il sogno è un altro: diventare calciatore. Poi un giorno decide di partire, come si dice, in cerca di fortuna ma lo aspettano due anni di odissea prima di sbarcare a Lampedusa nel 2015. Sul pullman diretto a Milano sceglie di scendere a Napoli, perché qualcuno gli ha detto che è una città orribile e mafiosa. «Mi ha incuriosit­o e ho voluto fermarmi a vedere con i miei occhi».

All’inizio del 2020 però le carte del permesso di soggiorno sono scadute, e così perde il posto all’antica manifattur­a ceramica dov’è impiegato – proprio mentre la penisola entra in lockdown. Nei giorni di reclusione domestica confeziona­re copricusci­ni, con gli scampoli rintraccia­ti dalla coinquilin­a, sembra un sano passatempo. A distanza di un anno, il business si è piuttosto strutturat­o: qualche mese fa ha aperto il suo piccolo laboratori­o nel centro storico – non lontano da dove vive, nella famosa via dei presepi; ogni articolo è realizzato a mano con tessuti locali, e assieme a lui lavorano anche Ebraim e Blessed, originari del Ghana e della Nigeria, con storie simili a quella di Paboy. «Fin dall’inizio sognavo di poter impiegare emigranti come me ed è così che l’azienda crescerà», spiega. «Alcuni hanno talenti che rischiano di andare sprecati. Spero questa diventi anche per loro l’occasione di lanciare un’attività in proprio».

Le ruches che così tipicament­e guarniscon­o i suoi cuscini riprendono gli abiti tradiziona­li del Ramadan che Paboy cuciva in Gambia, ma a ispirarlo ora sono soprattutt­o i colori della città dove soggiorna. In essi cattura genius loci e spirito del tempo, e forse così se ne spiega il repentino successo. «Instagram si è rivelata una grande famiglia di persone che si supportano a vicenda, ma credo che al di là del prodotto apprezzino l’aspetto etico dell’impresa». La comunità digitale ha dimostrato la sua vicinanza nel momento in cui il suo account è stato hackerato, un paio di mesi fa, e hanno cominciato a piovergli messaggi via e-mail e offerte di aiuto per ripristina­rlo. Frequenti giungono inoltre i ringraziam­enti di clienti che giurano che quei cuscini possono rischiarar­e la giornata più nera. Paboy ne sa qualcosa.

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 ??  ?? A SINISTRA.. Paboy Bojang in mezzo ai suoi cuscini. «Da marzo ho finalmente uno studio e sono riuscito a fare dei contratti di lavoro. Poter assumere altre persone immigrate come me significa assicurarg­li un futuro in Italia».
A SINISTRA.. Paboy Bojang in mezzo ai suoi cuscini. «Da marzo ho finalmente uno studio e sono riuscito a fare dei contratti di lavoro. Poter assumere altre persone immigrate come me significa assicurarg­li un futuro in Italia».

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