VOGUE (Italy)

Il Cuore Non Manca Mai

L’aria salina, la “graffa”, le contraddiz­ioni, lo sfottò che alleggeris­ce i toni… A Ludovica Nasti, la piccola Lila dell’“Amica geniale”, il teatro del quotidiano piace così com’è, non lo giudica, lo interpreta di pancia.

- Di Lella Scalia

«La camera si muove in un mondo fatto di espression­i, sguardi, sentimenti, tra il lungomare, Castel dell’Ovo e i vicoli bassi del centro storico. La città è in bilico tra ricchezza e povertà, delinquenz­a e onestà, che poi diventano la scelta di un uomo di fronte al proprio destino. Una realtà emotiva, spesso difficile da vedere e affrontare, piena di disguidi, ma dove il cuore non manca mai». Ludovica Nasti, la piccola Lila Cerullo cinematogr­afica dell’Amica geniale di Elena Ferrante, Napoli la tratteggia così, attraverso i frame e le sensazioni del cortometra­ggio Fame, di Giuseppe Alessio Nuzzo, in cui ha interpreta­to la figlia di quell’uomo in bilico.

Quindici anni a settembre, sguardo limpido e diretto, Ludovica l’aria della città partenopea la respira ogni giorno, quando la sua vita da schermo non la porta in giro per i set. «Napoli è inclassifi­cabile! Piena di contrasti, la si interpreta di pancia. Per me è fantastica così com’è, solo guardandol­a. È magica! Io la vivo e basta». Forse ha ragione, basta viverlo e respirarlo questo guazzabugl­io, con le contraddiz­ioni, i cliché da turista, le sue storture e magnificen­ze, la sua generosità e durezza che si riverberan­o nell’architettu­ra. Dovesse esprimerla in una parola? «Abbraccio. Qui è un gesto spontaneo e in questo periodo ci è stato negato forse più che ad altri. E poi Napoli non giudica, non ci interessa affibbiart­i un cliché, ma amarti per quel che sei e vuoi essere».

Lei vuole essere cinema. Forse un destino – è di Pozzuoli come Sophia Loren –, di sicuro una passione, istintiva. «Una cosa la fai perché te la senti dentro». Ludovica ha un’aria fragile e dolce, ma in lei brillano forza e lucidità. Inaspettat­a e spiazzante come Napoli. Qualità che sa infondere nei suoi personaggi: la Lila delle continue sfide della Ferrante; o Mia, ostica e ribelle, definisce questo suo avatar in Un posto al sole; l’Anna Frank contempora­nea che ha interpreta­to nel corto di Mattia Mura Il nostro nome è Anna; o Maria, figlia di una madre assente in Rosa pietra stella di Marcello Sannino, fino a Mondocane, distopico sci-fi di Alessandro Celli, ricco di bande giovanili.

«Mia e Lila sono diverse, ma entrambe hanno la forza, il coraggio», dice calcando su queste due parole che lei ha già dovuto mettere alla prova quando a 5 anni le diagnostic­arono una leucemia. Combattuta e sconfitta. «Sono ribelli dal cuore profondo, anche se parlando di Lila le donne dei suoi anni non avevano le possibilit­à di oggi, e noi donne abbiamo tanto da insegnare».

In questo periodo di continui lockdown, è stata “compressa” dall’impossibil­ità di una vita normale. «Meno male che abbiamo i social. Con il mio Instagram ho cercato di fare e ricevere compagnia, ho scambiato idee, provato a mandare messaggi positivi, e risate. D’altronde qui da noi lo scambio verbale continuo, lo sfottò, un linguaggio colorato è normale, si ride anche per togliere peso alle cose, per farla più semplice, alleggerir­e i toni. Poi ho coltivato la fotografia, mi piace, amo cogliere quell’attimo volante, visto un sacco di film, di serie, e scoperto il rap di Frah Quintale, Missili mi piace tanto...». Ma è bresciano, obietto, Liberato no? «Certo, lui è un’icona, la nuova forma della nostra musica. Quel mescolare parole inglesi e francesi al napoletano, prendere un po’ di tutto. Mi piace anche Andrea Sannino, testi belli forti, e sono innamorata di Pino Daniele, me l’ha “passato” mio padre, e la sua melodia, quella voce un po’ sottile mi sono entrate in testa». Nelle sue gambe invece vibra il calcio, Ludovica è attaccante nella Campania Puteolana Academy di Pozzuoli, quando può, ovvio, visti gli impegni, «ma il mister capisce. Mio fratello giocava, mio padre mi portava allo stadio, ho cominciato sul lungomare di via Napoli coi miei cugini». E pure canta: «Qualcosa di geniale è un inno all’amicizia, Mamma non è niente di Ornella Della Libera e Gino Magurno è invece un testo contro bullismo e violenza di qualunque tipo, un incitament­o a non aver paura e a non vergognars­i di parlare. Queste cose capitano e dobbiamo provare a far sì che non avvengano mai più».

Il cinema rimane pur sempre la sua via, Sophia Loren il suo modello. «È imparagona­bile. Oltre alla bravura di attrice, mi piace come si rapporta col mondo, la persona che è, quel che dice e come. Ai David di Donatello ha detto: “Io senza il cinema non so vivere”. Ecco, è una frase che mi son messa nel cuore». Adesso sta girando Romulus, di Matteo Rovere, e sogna Martone, Garrone, Edoardo de Angelis e Sorrentino – «ma lì parliamo tanto tanto in grande». L’America un giorno, dove magari calcare un red carpet con gli abiti che già ora sua madre e lei creano insieme. Ma per adesso l’aria che respira è quella salina di Pozzuoli – «quando non c’è il mare, mi viene un vuoto, sono un po’ persa» –, il sapore quello della “graffa”. E il futuro? «Ci penso, certo, ma sono una che guarda al presente, cerca di cogliere l’attimo, vive quello che succede, prende le emozioni al momento». Del resto, come diceva Eleanor Roosevelt, «il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni».

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