Made In Campania
Pino Daniele, la Janara, la mozzarella di Bufala. La giovane cosmetica napoletana è un mix a stereotipi zero di cultura pop e antiche tradizioni. A corollario, gli ingredienti del territorio.
«Ogni volta che torno a Napoli, quando ancora sono in tangenziale e tutto d’un tratto appare il Golfo, è in quell’attimo che arriva prepotente il magnetismo positivo di questa città, come se portasse via tutti i dispiaceri. Penso alla frase della canzone di Pino Daniele “Tanto l’aria s’adda cagnà”: Napoli è così, ha questa bellezza che ti travolge e ti aiuta a superare i problemi, perché tanto “l’aria deve cambiare”.
Ed è anche la bellezza dei napoletani, quel darsi da fare per cambiare le cose, quell’“arrangiarsi” che non significa sopravvivere, come può pensare qualcuno, ma trasformare la caducità della vita nell’arte di viverla», racconta Mariarosaria Iadevaia, co-fondatrice con Serena Russo di Bella ’Mbriana, marchio di bio-cosmesi fortemente radicato nelle tradizioni popolari napoletane. E così il nome del brand e quello dei suoi prodotti raccontano storie di personaggi tra leggenda e realtà, tra sacro e profano, insieme a momenti di vita vissuta. «Bella ’Mbriana è lo spirito benevolo protettore della casa e dei suoi abitanti. È impossibile vederla, e nonostante ciò noi napoletani la salutiamo sempre quando entriamo e usciamo di casa», spiega Russo. La collezione dedicata ai solari si chiama Mappatella Beach, omaggio all’omonima spiaggia libera, l’unica che «ci si poteva permettere da ragazzini quando si saltava la scuola, perché il sole coceva e l’acqua non si pagava», aggiunge la fondatrice, che spiega: «È il luogo dove da sempre si fanno le gare di tuffi, che hanno dei nomi precisi nel repertorio napoletano, e che abbiamo voluto dare ai solari». Pietto ’e Palummo, a “petto di piccione”, Cufaniello, il tuffo “a cofanetto” con le braccia intorno alle gambe portate al petto, e Cannela, quello a candela. E poi c’è la crema da barba Pour Omm San Gennaro Una Mano Santa, e molti riferimenti a personaggi femminili, dalla Janara, la strega beneventana che poteva essere catturata solo dai capelli, a cui dedicano uno shampoo, e il siero all’acido ialuronico Partenope, la sirena che, innamorata di Ulisse, morì sulla spiaggia e fondò Napoli, e ancora il siero anti-macchia Michelina, dedicato alla brigantessa Di Cesare: «La sua è una storia di amore e libertà, e questi due elementi rappresentano l’appartenenza alla terra d’origine», a cui si è legati, da cui ci si allontana per poter tornare.
Com’è successo a Marta Cillo che, dopo anni di lavoro a Milano, è tornata nella sua città natale, dove ha fondato una startup e racconta: «Napoli mi ha aiutato a tirare fuori la mia creatività. È estrosa, chiassosa, si esprime con libertà e non se ne vergogna, e i napoletani amano il colore». Con Nailing Queen crea smalti adesivi, per una nail art alla portata di tutti. Le collezioni hanno un’ispirazione musicale e l’ultima è un omaggio a Napoli e dintorni. Si chiama “O sole mio sta in man a te”, ed è composta da quattro nail wrap: La Mattonella, con il design delle maioliche “riggiole”, Malafemmena con il “curniciello”, il cornetto portafortuna, Napule è con le carte da gioco della Scopa, e infine Torna a Surriento con il mitico limone.
Proprio quest’ultimo è tra le materie prime del territorio scelte dal brand di dermocosmesi funzionale Luce di Sorrento. La storia della famiglia di Giovanna Adelizzi è strettamente legata a questo agrume sin dal 1923, anno in cui iniziò a coltivarlo, ma è con l’attuale generazione che si trasforma in una linea di cosmesi luxury che unisce le straordinarie risorse della natura alla scienza. Nel cuore delle formule vi è LemonLux, un prezioso elisir a base di olio essenziale di Limone di Sorrento IGP, olio extravergine d’oliva DOP della penisola sorrentino, associati all’acqua di mare e ad attivi naturali supportati dalla biotecnologia antiossidante.
Tra gli ingredienti del territorio e le tradizioni da salvaguardare vi è anche il latte di bufala. Quello prodotto a Paestum è puro nettare di vita. Lo ha capito Daniela Senatore quando, seguendo il rimedio della nonna per la pelle irritata, si è immersa per la prima volta in una vasca con acqua tiepida e latte bufalino. Da lì, l’intuizione di trasformare quel gesto in una promessa di benessere per tutti. Con il supporto del fratello Pasquale e della famiglia Barlotti, allevatori da inizio ’900, ha creato Biancamore, linea nutriente viso, corpo e capelli a base di latte di bufala che combina il rigore della ricerca con la leggerezza di un sogno. Del resto, la forza dei campani sta proprio qui: nell’essere grandi sognatori, ma con i piedi per terra, proiettati verso il mondo, ma senza dimenticare le origini.
Lo sa bene Elena Aceto di Capriglia, che con i figli Camilla e Giovanni D’Antonio ha fondato il brand di cosmesi Miamo, partendo da Napoli, loro città d’origine, dove la bellezza ha radici culturali. «I nostri prodotti riportano alla luce i valori storici della Campania, che è da sempre culturalmente improntata alla cura della pelle. Dai reperti di Pompei alla tradizione del termalismo, dal passato al presente, Napoli ha una storia fatta di ingredienti naturali uniti a creare i primi cosmetici in luoghi storici come la Farmacia degli Incurabili, ed esportati in tutta Italia. Ancora oggi curare la pelle con i fanghi in spiaggia è un gesto spontaneo sin da piccoli», racconta Elena. Ed è su questa cultura campana che Miamo ha voluto improntare il suo concetto di «bellezza non effimera, ma basata sulla cura della pelle, seguendo protocolli mirati attraverso consulenze online e in farmacia», spiega Camilla. Le prime sono state proprio a Napoli, dove il marchio ha debuttato, per poi aprirsi al mondo. «Viaggiare è di grande ispirazione per nuovi progetti e confronti stimolanti. Tuttavia, appena posso, torno a Napoli, che per me significa energia, salute e famiglia», racconta Giovanni. «È qui che sono nate le idee che hanno reso Miamo un brand innovativo», che ha appena vinto il premio Margutta per i risultati aziendali, «aperto al futuro, ma senza dimenticare da dove proviene».