VOGUE (Italy)

Il Profumo E La Città

Il muschio di Chiaia, l’odore dei legni e dei tessuti del San Carlo, e poi i Quartieri Spagnoli, tra vicoli che sanno di caffè e fiori d’arancio. Un piccolo percorso sentimenta­le e olfattivo fatto di limoni, memorie d’infanzia ed essenze senza tempo.

- di Vittoria Filippi Gabardi

«Negli anni 70-80 tutta Napoli sapeva di Musc», assicura Monica Del Vecchio, dal salotto olfattivo di via Filangieri. Quel profumo usciva dal piccolo laboratori­o – otto metri quadrati – a Chiaia, e inondava i vicoli d’intorno. Si lavoravano (e si lavorano) più di cento materie prime, oli puri e concrete volubili, che mutano carattere a seconda delle stagioni, e dell’umore della natura. «Un privatissi­mo Mwusc», emblema di una casa essenziera nata dalla visione di un gentiluomo napoletano, Bruno Acampora, che attraverso i profumi ha raccontato il mondo: dalle resine e dai balsami del Libano, del Kenya e delle Antille fino ai confini della sua terra: Procida, Pompei, Amalfi, Capri.

Ma il profumo di Napoli, nell’immaginari­o collettivo, rimane legato a una punta di caffè, mescolato magari a nocciola e vaniglia, e alla natura selvatica dei fiori d’arancio, pepe rosa e gelsomini in fiore, distillato di «un’anima profonda e antica che guarda il mare e ascolta l’eco della terra, la nostra passione», racconta Carthusia parlando di Terra Mia: sulla bottiglia il ritratto di Pulcinella, tradiziona­le maschera napoletana,

disegnato dall’artista partenopeo Lello Esposito.

Attorno a piazza del Plebiscito, invece, l’aria si carica di bergamotto, menta e rosa, uniti a caldo olio di oud, come nella miscela di Carthusia ideata in collaboraz­ione con il Teatro San Carlo: evoca il rigore dei legni e dei tessuti pregiati del teatro e tutto il melodramma dell’opera.

Un passaggio da vico Freddo per sentire, nell’ombra, il profumo più scuro del mare e poi giù, di corsa, fino alla Costiera, tra le buganville­e e il bianco delle case, dove l’odore dei limoni si intreccia alle storie, e al sentimento: «È cominciato tutto a Positano. La mia famiglia si rifugiò in questo piccolo villaggio per sfuggire ai bombardame­nti. Dopo la guerra aprirono un piccolo hotel con sole dieci camere: senza Le Sirenuse non ci sarebbe Eau d’Italie. Molte delle mie memorie di infanzia sono legate a questo luogo. Mi ricordo le corse a piedi nudi con mia sorella e mio cugino sul terrazzo dell’albergo, ricoperto da mattonelle

di terracotta che diventavan­o bollenti sotto il sole», racconta Marina Sersale, fondatrice di Eau d’Italie assieme al marito Sebastián Alvarez Murena: «Per celebrare il 50esimo anniversar­io di Le Sirenuse abbiamo pensato di creare una fragranza. Assieme a Bertrand Duchaufour siamo partiti da quelle note di terracotta scaldata al sole unite alla freschezza del bergamotto e del ribes nero, misto all’odore della brezza salata del mare. Tra tutti i profumi che abbiamo creato nel corso degli anni è il mio preferito, sempre. Come se fosse un punto di partenza e, stranament­e, di arrivo. Il profumo di un tempo e di un sentimento». Dolce Amalfi di Casamorati evoca «una combinazio­ne di bellezza straordina­ria e dramma affascinan­te» in un’essenza ricca di note di incenso, balsamo di Tolu, cardamomo, muschio e ambra. Arancia di Capri, per Acqua di Parma, ricorda i versi di Dickens “In nessun luogo al mondo ci sono tante occasioni di deliziosa quiete come in questa piccola isola” e distilla questa calma in un’alchimia dolce, fatta di limoni, arance e mandarini. Dove la mente si spensiera, gli occhi sul mare, e tutto il blu d’intorno.

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Arancia di Capri, di Acqua di Parma. Eau d’Italie, fragranza iconica dell’Albergo Le Sirenuse di Positano, evoca un soffio d’incenso, giardini d’agrumi e macchia mediterran­ea. Dolce Amalfi, di Casamorati, mescola note di zafferano, cardamomo e mela cotogna.
DALL’ALTO. Arancia di Capri, di Acqua di Parma. Eau d’Italie, fragranza iconica dell’Albergo Le Sirenuse di Positano, evoca un soffio d’incenso, giardini d’agrumi e macchia mediterran­ea. Dolce Amalfi, di Casamorati, mescola note di zafferano, cardamomo e mela cotogna.
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