Inedito Quotidiano
La collaborazione con Marina Rinaldi porta Marco de Vincenzo a interpretare i codici del brand in un territorio per lui ancora inesplorato. Con sorprendenti dettagli cromatici.
«La collezione mi somiglia», premette Marco de Vincenzo raccontando la genesi della collaborazione con Marina Rinaldi per la capsule A/I 2021-22. A chi gli chiede il perché, lui risponde senza esitare: «Conserva qualcosa di divertente che rimanda all’immaginario dell’infanzia. Per esempio nell’eco-fur (presente in versione dégradé a quattro colori, ndr). Da sempre sono attratto da un materiale che potrebbe benissimo somigliare a un peluche, il mio approccio alla moda è ancora quello del bambino». Nonostante i codici rimandino all’universo creativo di de Vincenzo, è il corpo in tutte le sue forme che irrompe al centro della sua capsule e plasma un’estetica nuova. «Aspettavo questa opportunità da tempo: mi ha permesso di essere libero e sperimentare soluzioni diverse da quelle cui la moda ci ha abituati nei decenni passati. E questo è stato possibile perché il brand Marina Rinaldi ha esplorato, negli anni, territori che hanno ampliato anche il mio sguardo. Sono cresciuto in un’epoca in cui la bellezza aveva un’unica forma di espressione. È invece interessante vedere come la realtà sia ben diversa e poter rendere il mio processo creativo più inclusivo». Così il lato giocoso dell’estetica di de Vincenzo, come in un cubo di Rubik, diventa anche costruzione plastica di forme e nuance: «Non volevo una collezione solo di grigi e tinte cammello. Mi interessava esplorare il punto in cui l’abbigliamento basic e quotidiano rivela un lato inedito, giocoso, vivace». Il risultato non stravolge forme e silhouette, le assimila e occulta dentro gli orli a contrasto e inattese sfumature. «Sono attratto dal tessuto come possibilità. Ho studiato a fondo l’archivio di Marina Rinaldi per conoscere la ricerca in tema di equilibri e proporzioni, ma ho nascosto, poi, più di una sorpresa». Il caleidoscopio ben si esprime «nel classico chemisier che, sui bordi, rivela un arcobaleno pastellato», così come nelle nuance celate tra le costine della maglieria. Non si tratta di netti contrasti, piuttosto di sequenze di piccole esplosioni. «È la cromia a catturare lo sguardo». Cromie che, in righe, gocce o scale dégradé, disegnano punti di colore su abiti-dolcevita, eco-pellicce, tailleur. Capi cardine della capsule a cui Precious Lee ha dato respiro nella campagna: «Precious è perfetta davanti all’obiettivo», chiosa de Vincenzo. «Non è stato facile scegliere quali scatti includere e quali lasciare fuori, tutti mi sembravano ottimi! Era la prima volta che lavoravo con lei e, come tutte le prime volte, non si dimentica».