Futuro Presente
Intelligenza artificiale e realtà aumentata rivoluzionano la cosmetica. Con device, app e formule customizzate che promettono di replicare, nella realtà, gli effetti dei filtri digitali.
La distanza tra reale e virtuale si sta riducendo sempre di più, e proprio davanti ai nostri occhi. Anche nella beauty industry, che ormai sembra non avere più confini. In questi ultimi anni il progresso tecnologico ha infatti modificato radicalmente l’idea di bellezza e la percezione di sé, tanto che conciliare l’identità virtuale con quella reale è diventato un obiettivo quotidiano. Un esempio significativo: a inizio luglio la Norvegia ha introdotto una legge che per la prima volta rende illegale non dichiarare il ritocco delle foto postate in rete. Sarà infatti obbligatorio segnalare se l’immagine è stata editata, photoshoppata o se sono stati usati filtri; questo al fine di promuovere standard di bellezza più sani.
Eppure nel mondo della cosmesi l’accettazione e l’utilizzo combinato dell’identità virtuale e di quella reale hanno avuto una grande accelerazione proprio a causa del Covid-19. Se alcune consulenze cosmetiche digitali, di make-up e skincare, possono comportare qualche rischio per la salute, in generale invece la ricerca di una maggiore armonia fra l’immagine online e quella reale viene semplificata proprio grazie a un’infinità di beauty device innovativi e customizzabili e al ricorso alla realtà aumentata.
Per chi infatti vorrebbe somigliare alla propria immagine “beautificata” da un filtro Instagram senza però dover ricorrere a un intervento del Dr. Miami (vera celebrity della medicina estetica), c’è Opte, “il primo filtro per la vita reale” lanciato da Procter & Gamble dopo 12 anni di ricerca. Trattasi di un piccolo apparecchio che scansiona la pelle del viso – scattando 200 foto al secondo – identificando tutte le imperfezioni, i brufoli, le macchie per poi attivare un’innovativa micro stampante a getto d’inchiostro che deposita su ciascuna imperfezione rilevata una quantità infinitesimale di un siero/make-up che, oltre a coprire all’istante le discromie, le tratta cosmeticamente attenuandole nel corso del tempo. Tutto senza appesantire nessun’altra parte del volto. Pare che il device, in vendita a 599 dollari, abbia già una lista d’attesa di venticinquemila persone.
Anche Shiseido è stato fra i primi leader del settore a seguire gli sviluppi più tecnologici del beauty. Nel 2017 ha acquisito la start-up californiana MatchCo che ha rivoluzionato le modalità di scansione della pelle attraverso una semplice app che consente di creare cosmetici personalizzati. Di questa tecnologia brevettata si serve Optune, un servizio su abbonamento (costo mensile 10.000 yen, circa 76 euro) gestito dal brand giapponese che, attraverso un’app e un sofisticato algoritmo, analizza una serie di informazioni relative alla pelle: dal clima alla qualità dell’aria, dai ritmi del sonno allo stress, al cibo fino al ciclo mestruale. Queste informazioni passano poi a un apparecchio che, combinando insieme cinque prodotti diversi, crea la formula ideale per quel determinato tipo di pelle.
Nel 2019, poco prima dell’arrivo della pandemia, L’Oréal ha acquisito ModiFace, azienda cosmetica che utilizza la realtà aumentata ideata dal professore di ingegneria Parham Aarabi. E il risultato di questa partnership futuristica si chiama Perso, device di skincare e make-up basato sull’Intelligenza Artificiale. Scattando un selfie, la app (insieme allo strumento in dotazione) analizza dettagli come il clima, la temperatura e l’indice di UV e li combina con le problematiche personali (linee sottili, rughe, macchie, dimensione dei pori, pigmentazione, colorito spento).
Il prodotto finale può essere un idratante, un siero o una crema per il contorno degli occhi, il tutto personalizzato e formulato per il giorno o per la notte, e con la possibilità di scegliere perfino la texture o il livello di idratazione preferiti: tutto in meno di due minuti. Il primo prodotto di make-up della linea Perso lanciato sul mercato è stato il rossetto Rouge Sur Mesure di Yves Saint Laurent, presentato quest’anno alla fiera della Consumer Technology Association. Lo strumento, che utilizza sia l’AI che un sistema brevettato per il suo funzionamento, comprende quattro set di cartucce di colori diversi, che vanno dal rosso al nude passando per l’arancione e il rosa, e permette di creare migliaia di sfumature personalizzate semplicemente premendo un pulsante.
È praticamente impossibile, però, parlare di queste novità tecnologicamente all’avanguardia senza riconoscere che esistono delle disuguaglianze in un contesto che guarda al futuro. In uno studio del 2018 condotto da Joy Buolamwini, esperta del MIT e fondatrice della Algorithmic Justice League, si evidenzia che se applicati alle donne di colore con tonalità di pelle più scura le percentuali di errori compiuti dai sistemi basati sull’intelligenza artificiale sono più del 35% in confronto all’1% di quelli che riguardano le donne con pelle più chiara. La soluzione per le donne black che cercano un sistema accurato di color-matching è Nudemeter. Ideata da Atima Lui nel suo ultimo anno di studi alla Harvard Business School, è una tecnologia di AI che permette di individuare la tonalità giusta di fondotinta attraverso foto, algoritmi, e un breve test. La app non solo aiuta a determinare la tonalità esatta e il grado di luminosità della pelle dell’utente in un dato momento, ma è anche capace di prevedere i cambiamenti futuri di tonalità.
Dal mondo online a quello offline: Amazon è il più recente caso di un colosso digitale che tenta di affermarsi anche nel beauty. Considerato il primo salone da parrucchiere high-tech del mondo, Amazon Salon infatti, che inaugura il suo primo avamposto nella parte est di Londra, farà uso di specchi che utilizzano la realtà aumentata (i clienti potranno vedere i vari colori e tagli di capelli prima dei trattamenti veri e propri). Grazie a un QR code, poi, le persone potranno acquistare i prodotti che sono stati utilizzati per i loro styling direttamente su Amazon, e sfogliare un magazine virtuale sui tablet disponibili in salone. E se tutto questo può forse intimidire, basti pensare che solo dieci anni fa anche l’idea di fare telefonate video non sembrava poter far parte del nostro quotidiano.