Questa Non È Una Fotografia Di Moda
Berlino. Seconda metà degli anni Ottanta. Una principessa punk fuma una sigaretta. La festa è finita o deve cominciare? Non importa. Per Michael Schmidt conta solo cogliere il momento.
Michael Schmidt (1945-2014), fotografo nato e vissuto a Berlino, è stato una figura straordinaria – un tradizionalista radicale che ha impostato il tono della fotografia tedesca prima che la scuola di Düsseldorf (di cui fan parte Andreas Gursky, Thomas Ruff, Thomas Struth) attirasse l’attenzione mondiale. Visto nel contesto che lo ha seguito, il suo lavoro sembra ancora più solido, importante e decisivo. Michael Schmidt: Photographs 1965-2014 (edito da Koenig), il catalogo, incredibilmente bello e corposo, della retrospettiva che si trasferisce questo mese dal Jeu de Paume di Parigi al Reina Sofia di Madrid (dal 22 settembre al 28 febbraio 2022), ne è innegabile testimonianza. Il fotografo autodidatta è ancora membro delle forze di polizia quando nota una macchina fotografica nell’armadietto di un collega e se ne compra una propria. Lascia l’arma nel 1972, si costruisce una camera oscura in casa e inizia a tenere corsi di fotografia, continuando a imparare mentre li svolge. Pubblica il suo primo libro l’anno dopo – ma ne seguiranno altri ventuno, tutti al centro del catalogo e della relativa mostra.
Nel suo saggio presente in catalogo, Peter Galassi colloca Schmidt in «una tradizione fotografica radicata nell’attenzione costante per l’ordinario… [e] nell’onesto riconoscimento dello stato delle cose qui e ora». Il qui e ora che ha maggiormente assorbito Schmidt era la quotidianità berlinese – una città grigia e desolata, anche dopo che le rovine della guerra erano state rase al suolo, eppure intimamente familiare: una casa. Gli immediati dintorni del suo quartiere, Kreuzberg, rimangono all’ombra di quello che resta del Muro; come scrive Galassi, l’area in cui Schmidt lavora con maggiore regolarità è ancora «una ferita aperta». Il fotografo non ha fatto nulla per nasconderlo. Le sue immagini hanno una concretezza schietta, di grande effetto; quasi sempre in bianco e nero, attingono a uno stile strettamente riconducibile a Walker Evans e a Robert Adams, mentre anticipano quelli di Paul Graham e Wolfgang Tillmans, che, in modo simile, osservano da vicino tanto i luoghi e i contesti quanto le persone. Per restare vicino a noi, l’uso occasionale di immagini prese dai giornali lo assimila a Gerhard Richter; entrambi gli artisti considerano la Storia in modo ossessivo e insistente come sempre attuale. La massima di Schmidt è: «Devo fare i conti con i problemi che si presentano alla mia porta, solo allora posso capire anche le altre cose». Ma i problemi non erano chiaramente il suo unico interesse. Il suo libro di autoritratti annovera diversi nudi espliciti; molti altri sono presenti nel volume Women. L’immagine qui sopra è tratta da uno dei libri più famosi di Schmidt, Waffenruhe (Cessate il fuoco), del 1987, realizzato prima della caduta del Muro, uno sguardo decisamente pessimistico su Berlino, vista come una terra desolata. Col senno di poi, il soggetto di questa fotografia è fra i suoi più iconici: una principessa punk, inconsapevolmente chic, che fa una pausa sigaretta. La festa è finita o è appena cominciata? Non importa: siamo semplicemente felici di essere con lei. Nel momento.