Primo: Non Esistere
Skin, metaversi, NFT, supermodelle fatte di bit da 218mila follower. Gli abiti virtuali, con il loro indotto, valgono già 40 miliardi di dollari l’anno.
Per quanto avvenga attraverso canali digitali, l’acquisto online si risolve nel viaggio di un bene fisico. In parallelo, c’è un altro filone che sarà protagonista dello shopping della moda dei prossimi anni. Anzi, lo è già. Si tratta delle skin, la nuova pelle dello stile: abiti e accessori di bit comprati e scambiati all’interno di applicazioni, videogiochi, metaversi (mondi paralleli virtuali), per il gusto di possederli ed esibirli.
Un trend che nasce, vive e si risolve nell’universo dell’immateriale. Una democratizzazione del lusso che diventa accessibile, seppure in una modalità differente, a chi ha una capacità di spesa più limitata.
Gli ultimi sondaggi a cura della Newzoo, azienda specializzata nelle analisi del settore dei videogame, sanciscono la popolarità delle skin, non solo tra i giovanissimi: sono una possibilità nota all’85% dei giocatori tra i 13 e i 45 anni. E l’81% di loro si dice disposto ad acquistarle. Il giro d’affari, secondo una stima della società DMarket, è a quota 40 miliardi di dollari l’anno. Un settimo del valore complessivo del mercato del fashion di lusso, giusto per avere un riferimento.
Lo sviluppo naturale sarà arrivare a una coesistenza, una sovrapposizione, un’identità doppia e parallela tra capi virtuali e reali. La normalità sarà caratterizzata dai cosiddetti “digital twin”, i gemelli digitali: «Ovvero la realizzazione in 3D di un prodotto fisico. Un fenomeno sfruttato già da un decennio nel mondo dell’automobile, che sta vivendo sempre maggiori applicazioni nel settore della moda, passando attraverso la gamification del processo di acquisto», spiega Alessandro Zanotti, responsabile retail e fashion per l’Europa di Accenture Interactive.
Tramite il suo Osservatorio Fashion & Luxury, la società di consulenza conferma che i digital twin sono un elemento immancabile nelle strategie di sviluppo delle principali aziende della moda. Su due livelli: «Le più avanzate», spiega Zanotti, «hanno come obiettivo quello di arrivare a digitalizzare oltre il 50% delle loro collezioni entro il 2025, quelle che invece hanno appena iniziato tale trasformazione stanno privilegiando l’utilizzo dei digital twin su progetti pilota ad alto livello creativo, con finalità più legate alla comunicazione che all’ottenimento di reali benefici economici». Sono comunque a bordo.
Il riflesso è che tutta la filiera e il suo racconto si vanno modificando: le modelle diventano anche di bit e nascono agenzie specializzate per rappresentarle. Come The Diigitals, che tra i clienti vanta noti brand del lusso e ha in portfolio Shudu, definita «la prima supermodella digitale», con 218mila follower su Instagram. Si muove al confine con gli influencer virtuali, avatar di tendenza molto attivi sui social che nel 2022, secondo Bloomberg, muoveranno un giro d’affari pari a 15 miliardi di dollari. Circa il doppio rispetto al 2019. In questo nuovo inizio, conviene quasi non esistere. – m.m.