Siamo Animali Sociali
Si può conciliare la praticità degli acquisti online con il piacere di andare a fare shopping in compagnia? È la prossima sfida delle piattaforme e-commerce.
Occorre ricominciare daccapo, o meglio cambiare prospettiva. Se prima del coronavirus c’era ancora qualche resistenza a comprare il vero lusso su internet, oggi, a seconda dei mercati, l’e-commerce pesa fino a quasi un terzo delle vendite totali della moda. E mentre la tendenza si irrobustisce, la sua direzione imbocca una deviazione.
Lo shopping online non ha più bisogno di affermarsi, deve sforzarsi di rendere le dinamiche d’acquisto meno statiche, all’altezza di ritmi digitali
disordinati e luoghi di ritrovo virtuali frammentati. Detto con meno eufemismi, scorrere un catalogo infinito di prodotti diventa, alla lunga, una noia mortale. Smorza l’entusiasmo del più accanito tra i fashion addicted. Serve creatività, catturare l’attenzione del pubblico, andarlo a intercettare e tentare nelle arene che frequenta abitualmente. Solleticarne il desiderio di emulare le personalità che reputa affidabili.
Se ne sono accorti i principali social network, che schierando il potere magnetico degli influencer e il fiuto dell’intelligenza artificiale hanno iniziato la loro metamorfosi in vetrine dell’e-commerce (si vedano gli approfondimenti nelle pagine seguenti); anche Google sta giocando le sue carte: come ha spiegato a Vogue Business Bill Ready, il nuovo president of commerce della compagnia – carica che è già un programma –, ai brand del lusso verranno concesse libertà sperimentali inedite. Per esempio, di gestire il loro look sul motore di ricerca, gli spazi sull’applicazione ufficiale di Google e su YouTube. Se oggi in testa ai risultati possono comparire elementi abbastanza casuali, impersonali e tristanzuoli come la pagina Wikipedia di un marchio, notizie assortite, offerte speciali di venditori terzi, domani potranno esserci video di sfilate, recensioni di altri clienti, opportunità di provare i prodotti virtualmente e ordinarli subito dopo. Con contenuti tagliati su misura, orientati sulla base dei gusti (e la cronologia delle ricerche) del singolo utente. Il mutamento in atto segue un filo conduttore: «I confini tra commercio e intrattenimento sono ormai sfumati e non si tornerà più in
dietro», osserva Lorenzo Alessi, co-fondatore di Trendway, applicazione per ora presente in Inghilterra con l’obiettivo di espandersi negli Stati Uniti e in Europa, Italia inclusa, nel corso del 2022. Consente di creare outfit combinando oltre 1,5 milioni di prodotti da più
di 400 brand e comprare quelli preferiti dal proprio smartphone. Non in completa autonomia, appoggiandosi a una community che aderisce al filone del social shopping. Il rito prediletto della Generazione Z: «La nostra piattaforma si basa sul vivere l’esperienza assieme agli altri. Ruota attorno alla connessione non solo con i prodotti, ma con le persone, venendo in contatto con tendenze e marchi attraverso una modalità coinvolgente e collaborativa». I look prescelti vengono condivisi e rimodulati di continuo tramite un dialogo con amici, follower e influencer, che a loro volta diventano un’ispirazione per gli acquisti successivi.
È un meccanismo che in Cina è già stato portato all’esasperazione, a una spettacolarizzazione: «Immaginate la vostra webstar preferita andare in diretta sul suo canale e descrivere un abito che sta indossando o i benefici di un kit per il viso e di poter finalizzare l’acquisto senza lasciare mai la diretta, semplicemente con un pulsante associato alla trasmissione». È l’essenza del live streaming commerce, un mercato da 125 miliardi di euro, che conta più di mezzo miliardo di spettatori. A tracciarne le misure ci pensa Chiara Laudanna, managing director di Retex, società specializzata nell’innovazione digitale nel retail e nell’internalizzazione del business delle aziende sul mercato cinese. «Unire il dialogo in diretta al consueto canale di e-commerce ha aggiunto un elemento tanto semplice quanto decisivo e gratificante: l’immediatezza. L’interazione si fa più dinamica e, di conseguenza, il coinvolgimento è più profondo. Di fatto, i cinesi hanno scoperto che la vendita in diretta intrattiene, e trattiene, meglio di un post».
Eppure, bisogna riconoscere che entrambe queste prodigiose frontiere sanno molto di già visto: «Il social shopping», conferma Lorenzo Alessi, «è l’equivalente di andare a fare compere con un amico che dà consigli. È la digitalizzazione di tale processo». Mentre il live streaming riporta in auge le televendite degli anni 90, solo che lo schermo è quello del telefonino. E anziché comporre un numero di telefono per completare l’acquisto, basta un tocco di impulsività sul display. Questo slancio di futuro non è altro che un ritorno al passato, un ibrido di tempi sfasati dal vago senso nostalgico. Quanto basta per renderlo affidabile e desiderabile. – m.m.
Sul punto non può sbottonarsi, anzi quasi si ritrae. Si limita a citare la posizione ufficiale della sua azienda: «Vogliamo trovare e offrire ai nostri utenti modalità significative per scoprire, interagire e, ora, fare acquisti con i brand che amano». Ma quell’«ora» che sa di immediatezza contiene una direzione: TikTok sta lavorando per essere il nuovo polo dello shopping online. Per fare concorrenza, anche su questo terreno, ai rivali della galassia social che ha spiazzato e in parte rimpiazzato.
L’applicazione è già una delle arene digitali più battute della moda: l’hashtag #fashion ha superato gli 80 miliardi di visualizzazioni, #tiktokfashion viaggia verso i 20 miliardi. E il tema si declina in tanti rivoli: «La nostra community è davvero appassionata di sostenibilità e prende decisioni d’acquisto rispettose dell’ambiente. Col tempo, siamo diventati un luogo per condividere e conoscere il second-hand o il fai da te. Gli hashtag #upcycling e #vintage hanno più di 13 miliardi di visualizzazioni combinate», spiega CeCe Vu, Fashion & beauty partnerships lead di TikTok, lasciando intuire il potenziale della piattaforma nell’influenzare lo shopping e, di riflesso, i valori che i brand devono mettere al centro per rimanere desiderabili. È stata lei a portare a bordo maison come Balmain, Dior, YSL e Balenciaga. Sempre sua l’idea di istituire e poi rinnovare il Fashion Month, un mese di appuntamenti, dirette e iniziative per allargare il messaggio delle icone dello stile oltre il loro classico bacino di riferimento.
Che tipo di smottamenti sta provocando TikTok nella moda? Penso abbia mostrato ai marchi del lusso che non hanno bisogno di trasmettere un’immagine patinata per connettersi con il pubblico giovane. La Gen Z nota facilmente gli sforzi di marketing che sembrano eccessivamente programmati o prodotti. Qual è la strada alternativa? Contenuti più autentici, meno aspirazionali di altre piattaforme. Non avere paura di sperimentare: non bisogna essere perfetti per generare risultati. Ogni video ha l’opportunità di raggiungere un pubblico di massa.
Quali nuove funzioni volete integrare per rendere l’esperienza più coinvolgente?
Clip fino a tre minuti. I video più lunghi consentono una maggiore flessibilità e opportunità di narrazione più ricche. Sono davvero curiosa di vedere come i marchi di moda utilizzeranno questa possibilità.
Che altro?
Consentiamo ai brand di far sapere al pubblico quando saranno in diretta in modo che gli spettatori possano scoprire il prossimo live, registrarsi, ricevere notifiche. Sarà utile, per esempio, per avvisare i follower della programmazione delle sfilate. TikTok amplifica le voci canoniche o afferma un nuovo linguaggio?
Lavoriamo per essere un luogo in cui i nostri utenti si sentano a proprio agio nel mostrarsi come realmente sono. – m.m.