Volo a vela il bello di essere in due
“Provo a destra” “…” “zero cinque… zero sette” “arrivo” “uno… uno e due… zero sette di media sul giro, ma c’è. Credo migliori” “grande, dai dai che questa ci porta a casa!” Così, un normale scambio di battute tra fratello e sorella, a 500 metri da terra (beh si, questo non era pianificato in effetti), al ritorno da un giro sui Colli Vicentini (i modelli meteo mettevano bello verso nord), diretti verso Ferrara (che è poi dove eravamo partiti) durante una giornata che si è “spenta” troppo presto (questo i modelli però mica lo avevano detto). Il piano della giornata era decollare dall’aeroporto di Ferrara, sorvolare i piloni (o punti di virata, boe virtuali) di Copparo, Lendinara, Vicenza e Bondeno per poi atterrare di nuovo a Ferrara. In questo preciso ordine e il più velocemente possibile. Numero alianti: due. Numero piloti: pure due, equamente suddivisi sui mezzi a disposizione.
Così decolliamo. Trainata da un aereo a motore (Stinson L5), raggiungo i 600 metri di quota, mi sgancio dal cavo di traino e sono indipendente, d’ora in poi guadagnare quota sarà compito mio: trovare le termiche, posizionarmi al meglio all’interno di questi “vortici” in modo da sfruttare l’ascesa dell’aria il più efficientemente possibile, per salire velocemente e poter quindi planare in direzione del pilone scelto alla ricerca della prossima termica. Detto così sembra un processo chiaro e lineare no? Beh, no. E in realtà non lo è affatto perché in aria le sole informazioni certe che si hanno sono quelle rilevate dagli strumenti che possono solo chiarirci le idee sullo stato dell’aliante in quel preciso momento: velocità,
quota, posizione GPS, salita o discesa e ben poco altro.
Relativamente a quello che succede vicino all’aliante, o qualche chilometro più in là, non abbiamo nessuna certezza. Solo indizi, presentimenti, intuizioni basate sull’esperienza e “sensazioni di pancia”. È tutto molto vago. In pratica il volo a vela si basa su supposizioni. Se siamo fortunati possiamo vedere gli effetti di quello che sta succedendo, se questi effetti sono visibili. Vediamo un cumulo che si forma, sappiamo che i cumuli si formano perché l’umidità dell’aria che sale (e si conseguenza si dilata e si raffredda) può condensare e formare una nube, quindi supponiamo sotto a quel cumulo ci sia una termica.
Spesso però questi fenomeni sono sottili, poco visibili, si mescolano tra loro creando risultati bizzarri e difficilmente interpretabili: termiche senza cumuli in cima, spostamenti di masse d’aria indipendenti dai venti dominanti della giornata, discendenze apparentemente prive di causa (di queste ne troviamo sempre di più di quanto non sia statisticamente sensato, ma è così). In questi casi supporre, o meglio supporre giusto, diventa più difficile.
È per questo che è bello essere in due. Due alianti, due pannelli strumenti, due cervelli, due pance. Supposizioni diverse da comparare. Molte più informazioni e molti più dati utili che vogliamo scambiarci (si, è vero che siamo fratello e sorella, ma la telepatia ancora non l’abbiamo sviluppata).
E anche in questo caso, come in molte altre situazioni, la comunicazione è il risultato di un mix tra scienza ed arte. Col tempo abbiamo imparato a comunicare con chiarezza cosa è un dato oggettivo, misurato e non filtrato (“zero cinque… zero sette… uno… uno e due… zero sette di medio sul giro”) e qual è la mia interpretazione del dato, basata sulla mia esperienza personale, reale ma soggettiva (“credo migliori”). In questo modo possiamo volare percorrendo la stessa strada non segnata senza perderci.
E questo funziona anche mantenendo le comunicazioni al minimo perché comunque quando siamo in volo siamo assieme, i nostri pensieri risuonano sulla stessa lunghezza d’onda e ci permettono di muoverci in sincrono.
Così ci aspettiamo l’un l’altro, le termiche ce le “lavoriamo” assieme, una dopo l’altra, e poi anche le planate. Poi, se capita che uno di noi due rimanga più basso, l’altro aspetta. Sappiamo bene entrambi che è meglio perdere un minuto e restare assieme che risparmiarlo e perderci di vista.
Quando finiamo bassi sulla via di casa ci diamo una mano, ci tiriamo su di morale a vicenda, ci sfoghiamo con improperi all’aria assieme. Se poi va male magari atterriamo entrambi in un campo di erba medica perché non riusciamo a rientrare a casa, ce la passiamo assieme l’attesa del recupero via terra. Uno sport come il Volo a Vela è per definizione basato sull’incertezza: decidiamo di partire per un task senza la certezza di riuscire a completarlo, partiamo per una planata senza la certezza di dove sarà la prossima termica, modifichiamo in continuazione la nostra traiettoria in cerca di ascendenze senza la certezza di essere nel posto giusto. L’incertezza fa parte del gioco e a noi piloti di volo a vela piace. Ciò nonostante in tutta questa incertezza sapere di essere in due a condividere ogni avventura rende tutto incredibilmente più divertente.