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Èormai evidente, anche a seguito delle recenti novità in termini normativi, che il mondo del volo sportivo sia entrato in una nuova epoca, sia in termini di operatività che di tecnologia disponibile. Mezzi ad alte prestazioni, glass cockpit, sistemi COM, ATC e NAV GPS hanno fatto si che il VDS passasse dalla fase adolescenziale all’età adulta, con i doveri e i benefici che ne conseguono. Benefici, in termini di espansione delle potenzialità operative e doveri, nella necessità di un miglioramento della condotta generale dell’aeromobile per rispettare le regole del settore e gestire in sicurezza una maggiore complessità. Se da un lato i benefici sono stati piuttosto chiari per tutti i piloti sin da subito, sui doveri c’è ancora un po’ da lavorare.
L’errore più comune, da parte di molti, è paragonare questa nuova categoria all’aviazione generale. Anche se ci sono diverse similitudini sotto diversi punti di vista, il mondo VDS rimane da una parte più libero e quindi più praticato, dall’altra – un po’ più complesso. Complessità che deriva da diversi fattori spesso sottovalutati da chi decide di passare da una licenza PPL ad una VDS o da chi, avvicinandosi al settore, pensa che ultraleggero sia sinonimo di “facile”.
Innanzitutto, la minor massa dei velivoli, l’elevato rapporto peso potenza e altre caratteristiche costruttive peculiari dei mezzi VDS, li rendono più maneggevoli, ma anche più instabili dei loro fratelli maggiori, con la conseguente necessità di una maggior precisione nella pratica delle manovre. In secondo luogo, è molto spesso differente il contesto operativo. La maggior parte dei velivoli di aviazione generale opera in contesti aeroportuali, al massimo in grosse aviosuperfici, mentre il mondo VDS si trova spesso ad operare anche su piste di dimensioni ridotte o con ostacoli, cosa che rende necessaria l’acquisizione di una buona gestione del velivolo in finale, con una certa precisione sul punto di mira e sulla velocità.
Infine, il mondo VDS è fatto principalmente da proprietari di aeroplano, i quali si trovano a dover destreggiarsi individualmente tra practice manutentiva, gestione del volo e di tutte le operazioni a terra del velivolo. Una cosa non da poco, se la si paragona al classico utilizzo di un velivolo da club, dove esiste un organico professionista che si occupa di diverse incombenze al posto del pilota, che di fatto si occuperà solo della condotta. Il VDS rimane quindi – e per fortuna – una categoria a sé stante, con caratteristiche e problematiche intrinseche che è bene tenere a mente nell’affrontare i propri passi all’interno del mondo del volo sportivo e soprattutto di chi ha il compito di formare nuovi piloti. Sì, perché una scuola VDS deve formare non solo il pilota, ma anche il comandante del velivolo. E questo processo avviene al 90% nella formazione iniziale, il basic training. Insegnare correttamente le manovre, verificarne l’esecuzione, iniziare a creare e sviluppare il processo decisionale nella testa dell’allievo, sono tutte operazioni indispensabili che andrebbero curate con particolare attenzione. Un pilota preparato bene sul volo basico, sarà un pilota più a suo agio a bordo, vincerà prima la tensione tipica di chi si avvicina a questa disciplina, ottenendo una maggiore “spare capacity” da dicare a tutto il resto delle operazioni di volo che, soprattutto con i moderni velivoli, è assolutamente indispensabile. Un pilota preparato sul volo basico è un pilota più sicuro sotto tutti gli aspetti. È quindi ovvio che la vera svolta dell’addestramento è, paradossalmente, un passo indietro: curare il basico, per creare piloti avanzati e sicuri, con una condotta del velivolo tale da consentire loro di prendere decisioni in maniera più agevole.