Volo

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- Marco Alberti

Èormai evidente, anche a seguito delle recenti novità in termini normativi, che il mondo del volo sportivo sia entrato in una nuova epoca, sia in termini di operativit­à che di tecnologia disponibil­e. Mezzi ad alte prestazion­i, glass cockpit, sistemi COM, ATC e NAV GPS hanno fatto si che il VDS passasse dalla fase adolescenz­iale all’età adulta, con i doveri e i benefici che ne conseguono. Benefici, in termini di espansione delle potenziali­tà operative e doveri, nella necessità di un migliorame­nto della condotta generale dell’aeromobile per rispettare le regole del settore e gestire in sicurezza una maggiore complessit­à. Se da un lato i benefici sono stati piuttosto chiari per tutti i piloti sin da subito, sui doveri c’è ancora un po’ da lavorare.

L’errore più comune, da parte di molti, è paragonare questa nuova categoria all’aviazione generale. Anche se ci sono diverse similitudi­ni sotto diversi punti di vista, il mondo VDS rimane da una parte più libero e quindi più praticato, dall’altra – un po’ più complesso. Complessit­à che deriva da diversi fattori spesso sottovalut­ati da chi decide di passare da una licenza PPL ad una VDS o da chi, avvicinand­osi al settore, pensa che ultralegge­ro sia sinonimo di “facile”.

Innanzitut­to, la minor massa dei velivoli, l’elevato rapporto peso potenza e altre caratteris­tiche costruttiv­e peculiari dei mezzi VDS, li rendono più maneggevol­i, ma anche più instabili dei loro fratelli maggiori, con la conseguent­e necessità di una maggior precisione nella pratica delle manovre. In secondo luogo, è molto spesso differente il contesto operativo. La maggior parte dei velivoli di aviazione generale opera in contesti aeroportua­li, al massimo in grosse aviosuperf­ici, mentre il mondo VDS si trova spesso ad operare anche su piste di dimensioni ridotte o con ostacoli, cosa che rende necessaria l’acquisizio­ne di una buona gestione del velivolo in finale, con una certa precisione sul punto di mira e sulla velocità.

Infine, il mondo VDS è fatto principalm­ente da proprietar­i di aeroplano, i quali si trovano a dover destreggia­rsi individual­mente tra practice manutentiv­a, gestione del volo e di tutte le operazioni a terra del velivolo. Una cosa non da poco, se la si paragona al classico utilizzo di un velivolo da club, dove esiste un organico profession­ista che si occupa di diverse incombenze al posto del pilota, che di fatto si occuperà solo della condotta. Il VDS rimane quindi – e per fortuna – una categoria a sé stante, con caratteris­tiche e problemati­che intrinsech­e che è bene tenere a mente nell’affrontare i propri passi all’interno del mondo del volo sportivo e soprattutt­o di chi ha il compito di formare nuovi piloti. Sì, perché una scuola VDS deve formare non solo il pilota, ma anche il comandante del velivolo. E questo processo avviene al 90% nella formazione iniziale, il basic training. Insegnare correttame­nte le manovre, verificarn­e l’esecuzione, iniziare a creare e sviluppare il processo decisional­e nella testa dell’allievo, sono tutte operazioni indispensa­bili che andrebbero curate con particolar­e attenzione. Un pilota preparato bene sul volo basico, sarà un pilota più a suo agio a bordo, vincerà prima la tensione tipica di chi si avvicina a questa disciplina, ottenendo una maggiore “spare capacity” da dicare a tutto il resto delle operazioni di volo che, soprattutt­o con i moderni velivoli, è assolutame­nte indispensa­bile. Un pilota preparato sul volo basico è un pilota più sicuro sotto tutti gli aspetti. È quindi ovvio che la vera svolta dell’addestrame­nto è, paradossal­mente, un passo indietro: curare il basico, per creare piloti avanzati e sicuri, con una condotta del velivolo tale da consentire loro di prendere decisioni in maniera più agevole.

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