IN CERCA DI NUOVI CONFINI
Gli ultimi anni del nostro pianeta sono stati caratterizzati da discussioni su una parola: CONFINI. Sarà così anche nel prossimo futuro. Tre esempi. 1) Quello che è riconosciuto come il principale pericolo per le democrazie occidentali è lo Stato Islamico, una “nazione” con i confini geografici in continuo movimento, per fortuna non sempre in espansione. 2) Tutte le ultime importanti elezioni (dal referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea alle presidenziali statunitensi e francesi) si sono giocate sulla restaurazione (tra Gran Bretagna e Ue), sulla costruzione fisica (il muro tra Usa e Messico) e sul superamento (il presidente francese Emmanuel Macron si è presentato come un europeista convinto) dei confini. 3) In Italia gli ultimi mesi sono stati gli ennesimi nei quali il dibattito pubblico è stato monopolizzato dalla discussione sui migranti. Migliaia e migliaia di persone che superano confini, rischiano la vita in mare (e non solo) e lasciano i loro a etti, alla ricerca di maggiore fortuna.
Che cosa c’entrano l’innovazione e la tecnologia con tutto questo? Per rispondere basta guardare le tante immagini dei migranti non appena toccano terra. Non hanno nulla, in molti casi neanche un documento, tanto meno un soldo. Ma tanti di loro hanno un cellulare. È guardando quello schermo che probabilmente hanno sognato il loro futuro; è con un selfie che testimoniano l’inizio di una nuova vita. La tecnologia gioca un ruolo chiave nella modifica dei confini. Non è un caso che Facebook, raccontando di sé, parli del paese più popoloso del mondo con circa due miliardi di abitanti, i suoi utenti. E quali sono i confini di questo “paese” digitale? Le sue persone e quindi le frontiere sono in perenne spostamento. Il digitale – internet e il web in particolare – abbatte le distanze e dunque ridefinisce i nostri spazi e come questi vengono amministrati, mandando in crisi secoli di storia degli Stati.
A livello globale la società liquida, teorizzata dal filosofo e sociologo polacco Zygmunt Bauman, oltre a non essere più composta dalle classi che hanno contraddistinto il secolo scorso, mette a rischio i confini, sociali e geografici (all’interno dei quali, è bene però ricordare, sono nati i diritti di cui godiamo oggi). Non solo. Il peso politico che hanno oggi le multinazionali del digitale è paragonabile a quello delle grandi potenze economiche, tanto che le visite dei loro fondatori nei paesi di tutto il mondo sono trattate come quelle dei capi di Stato o di governo. Ci sono poi i numeri a spiegare che i confini sono stati superati per assicurarci sviluppo e benessere: secondo la World Bank, il giro d’a ari dell’export mondiale del 2016 era di 23,5 trilioni di dollari (nel 1992, quando nacque il web, era di 7,1) e oggi rappresenta il 30% del Pil del pianeta (25 anni fa era il 20%).
All’interno delle stesse nazioni, inoltre, l’innovazione ha aumentato il divario di opportunità e sviluppo tra le zone più e meno povere, costruendo confini interni. Pensate alla California, da sempre pioniera delle nuove tecnologie e per questo oggi una delle regioni a maggiore crescita del mondo e con un altissimo numero di nuovi milionari. Uno Stato in cui si sta pensando a misure che lo renderebbero qualcosa di diverso dal resto degli Usa: dal reddito di cittadinanza alla scelta di voler mantenere gli accordi e gli obiettivi di Cop21 (la Conferenza di Parigi sul Clima del 2015) contro il proprio presidente Donald Trump. Di nuove “città-stato” come la California ce ne sono tantissime in giro per il mondo. Luoghi come le grandi metropoli asiatiche che hanno poco a che vedere con il resto del paese in cui si trovano.
Per questo abbiamo voluto dedicare questo numero di Wired e il Wired Next Fest di Firenze (30 settembre e 1° ottobre) al tema dei confini. Quelli geografici stanno vivendo un periodo di forte stress, di crisi. I governi nazionali fanno sempre più fatica di fronte alle sfide poste dall’innovazione tecnologica. Alle quali è impossibile trovare soluzioni nazionali, come per esempio nel caso delle politiche fiscali. È necessario quindi ripensare il mondo, ridisegnare i nuovi “confini” della nostra società (le regole), e decidere che nella maggior parte dei casi difendere l’esistente è solo miope e perdente, e toglie opportunità alle future generazioni.
Ma è un’operazione tutt’altro che semplice. E necessita di competenza, visione e soprattutto grandi leader.