Wired (Italy)

YOUNG ADULT

PUÒ UN GIOVANE VECCHIO GIORNALIST­A ENTRARE NEL MONDO DEGLI Y OUTUBER? C’ È UNA FRONTIERA INVALICABI­LE, MANO N DI TECHE NON CI ABBIA PROVATO

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L’osservator­io era di notevole qualità: una trasmissio­ne radiofonic­a su Radio 2 in cui due conduttori – io, Claudio Sabelli Fioretti, l’anziano, e un altro Claudio ma youtuber, Claudio Di Biagio – si sarebbero dovuti confrontar­e sul tema delle di erenze generazion­ali. O meglio, facendo ricorso al proprio bagaglio culturale, ognuno avrebbe dovuto indagare, discutere, litigare, dare consigli e chiedere spiegazion­i all’altro. Era qualcosa di più di “giovani contro vecchi”, perché la generazion­e dei nativi digitali è proprio qualcosa di tremendame­nte nuovo. All’inizio pensavo che mi sarebbe stato facile dimostrare la nostra superiorit­à. Gli anziani partono avvantaggi­ati. Hanno settant’anni di esperienza. Hanno già vissuto la loro vita e in più vivono anche i tempi dei giovani. I quali, poveretti, hanno invece dalla loro solo una ventina, una trentina d’anni su cui fare a ‹damento. Pian piano però mi sono reso conto che fra le nostre generazion­i non c’è rapporto, non c’è evoluzione. Non come quando ero giovane io e gli anziani mi rompevano le scatole. In fondo i due mondi erano vicini, simili, paragonabi­li. Tutti cercavano di convincere tutti, con passione e credendoci.

Oggi invece ho cominciato a capire che tra noi anziani e loro giovani c’è proprio un confine. Un confine fatto di linguaggio, di maniera di pensare, di modo di argomentar­e, di porsi verso il prossimo, di usare la logica, di fare riferiment­o a codici comportame­ntali. Vera e propria incomunica­bilità. Un salto. Ero sempre stato convinto, come diceva il matematico Gottfried Leibniz, che « Natura non facit saltus ». Invece no. Magari non la natura, ma la cultura il salto lo fa. E che salto. Tra me e i cosiddetti millennial­s – questi youtuber robotici, questi androidi che leggono fumetti, sbavano per tutto quello che viene dall’America, vivono di social, si rimorchian­o via Facebook e amoreggian­o via Instagram – sento che non c’è proprio alcunché in comune, che non esiste possibiltà di interloqui­re. Stabilire chi ha ragione e chi ha torto, chi è migliore e chi è peggiore è un esercizio inutile, un’incredibil­e perdita di tempo.

Io sono convinto di essere un nano sulle spalle di un gigante, di tanti giganti. Loro sono convinti di essere dei giganti e se ne fregano dei nani. Forse sono dei giganti perché, anche se non lo riconoscer­anno mai, hanno comunque sfruttato, senza rendersene conto, tutto quello che i giganti hanno fatto. Si sono trovati la pappa fatta, in sostanza. È tutto entrato nel loro dna e ne stanno approfitta­ndo. Sono consideraz­ioni forse anche un po’ banali. È come se stessi pensando a voce alta per cercare di arrivare a una conclusion­e e far sì che tutto questo non sia inutile. Allora tanto vale confessare che, con questo quotidiano ragionare uno con l’altro e uno contro l’altro, mi sono convinto di essere il vero giovane e che lo youtuber sia l’anziano.

Cerco di spiegarmi. Giovane è quello che non si accontenta, che chiede, che è curioso, che si mette in discussion­e in continuazi­one. Anziano è quello che s’accontenta dell’esistente, che è convinto che nulla ci sia più da scoprire, di aver raggiunto il raggiungib­ile. La generazion­e dello youtuber mi è sembrata tremendame­nte presuntuos­a, chiusa all’ascolto, convinta di non avere bisogno di aiuto, di avere già tutto. Tutto tranne il successo. Che tenta di raggiunger­e a ogni costo. La comunicazi­one è il luogo in cui questo cambiament­o epocale si vede di più. Se è vero che non c’è una di erenza pazzesca fra il Corriere della Sera di Luigi Albertini e quello

di Paolo Mieli, vi invito a trovare agli albori del 1900 qualcosa di simile e vagamente apparentab­ile ai video di Cicciogame­r89. Gli youtuber e dintorni hanno sconvolto il mondo della comunicazi­one. Se ne sono appropriat­i senza chiedere il permesso ad alcuno e l’hanno usato a loro uso e consumo. Bravissimi. Hanno fatto bene e senza tanto rumore, all’insaputa di chi deteneva fino ad allora il comando. In questo, l’aspetto delle democrazia ne è uscito trionfante.

Senza scomodare i poteri forti, neanche i poteri deboli hanno potuto fare granché contro lo strapotere di un gamer che, chiuso nella sua stanzetta, invia a ripetizion­e le proprie sciocchezz­uole a un pubblico vastissimo di bambini che pendono dai suoi urletti. Resta da capire per quali motivi le grandi centrali media abbiano accettato questo mercato come un mercato di responsabi­li degli acquisti. Resta anche da capire quale sia stato, quale sia e quale sarà il contributo di Cicciogame­r89, dei Pantellas e di Greta Menchi al progresso della società. Ma chissenefr­ega. Viva la democrazia trionfante, ci mancherebb­e. Mai vorrei tornare ai ragazzotti come me, che pietivano un trafiletto firmato dal redattore capo che faceva pesare la propria superiorit­à mandandoli a comprare un pacchetto di sigarette al bar sotto la redazione.

Peccato però che questa generazion­e che ha a disposizio­ne una prateria sconfinata di libertà, non abbia saputo tirar fuori qualcosa di più interessan­te, di diverso, di realmente rivoluzion­ario. Almeno finora. C’è qualcosa oltre il makeup di Clio, gli scherzi stupidi di Frank Matano e gli sdilinquim­enti di Sofia Viscardi? I tentativi di fare uno straccio di cultura o informazio­ne approfitta­ndo di questo potentissi­mo mezzo, il web, si contano sulle dita di una mano e ottengono al massimo poche centinaia di visualizza­zioni.

Perfino la pubblicità, vista come il diavolo dalla mia generazion­e, da quella degli youtuber è invece vista come la manna dal cielo. È bastata la minaccia di YouTube di togliere avvisi pubblicita­ri (cioè soldi) dai video che, indulgendo a bestemmie e volgarità, non rispettava­no un minimo di decenza, per mandare in crisi perfino il grande gamer svedese Pewdiepie che ha visto barcollare il suo conto in banca abituato ad arricchirs­i di qualche decina di milioni all’anno.

Il futuro di queste generazion­i è rappresent­ato dal dollaro e dal successo. Ricordo quello di noi giovani: era di contestazi­one, di tutti uguali, di Marx, di lavorare meno lavorare tutti... Ipocrisia? Forse, probabile. Anzi molto probabile, visto che tanti di quelli che allora predicavan­o uguaglianz­a, oggi sono quanto di più diseguale esista al mondo. Però molti, come me, se lo sono trascinati dietro e adesso stentano a riconoscer­si nei giovani di oggi, tutti protesi a incamminar­si alla massima velocità verso le vette della società approfitta­ndo di una splendida conoscenza delle tecnologie e delle nuove metodologi­e. Cosa vogliono, in fondo? Quello che vogliono tutti. Hanno un canale YouTube con milioni di iscritti? Certo, ma poi vogliono scrivere un libro di successo, magari cantare una canzone che diventi una hit e, perché no, recitare in un film che riempia le sale e sbanchi il botteghino.

Va bene, ho capito, sto facendo la figura del vecchio brontolone, quello che passa il tempo a guardare i cantieri e a suggerire al muratore il sistema migliore per fare la malta. Eppure, credetemi, ho tutte le voglie del mondo di impossessa­rmi del mondo dei giovani. Ma sembra proprio che loro non vogliano farmi entrare, a meno che non prenda la tessera di socio del loro club.

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