I FIGLI DEGLI UOMINI
I numeri parlano chiaro: nei paesi occidentali, i m aschi stanno progressivamente diventando sempre meno fertili. Colpa, p rincipalmente, dell’inquinamento. Come fermare questo problema che può portarci a ll’estinzione?
Quando nel 1992 la scrittrice inglese P. D. James pubblicò I figli degli uomini, descrivendo un’umanità condannata all’estinzione per l’infertilità del seme maschile, il libro fu catalogato nel genere fantascienza. Oggi quello stesso romanzo distopico potrebbe essere annoverato tra i più realistici della narrativa contemporanea. Questo perché, se già nel 1992 una prima comparazione degli spermiogrammi di 61 studi europei dal 1934 al 1990 aveva documentato un progressivo peggioramento delle caratteristiche quali-quantitative del liquido seminale (da 113 Mil/ml a 66 Mil/ml), oggi i dati sono drasticamente peggiorati. Secondo il report sulla fertilità maschile condotto dal dottor Hagai Levine e uscito a luglio 2017 su Human Reproduction Update, negli ultimi 38 anni (dal 1973 al 2011) la concentrazione totale degli spermatozoi nel liquido seminale ha avuto un calo del 59,3% in tutti i paesi occidentali. Un crollo in termini quantitativi al quale si aggiunge un deperimento sul piano qualitativo (ridotta motilità, anomalie della testa e/o della coda, dna alterato, alterazioni dell’acrosoma, il “cappuccio” sulla testa degli spermatozoi, ricco di enzimi indispensabili per fecondare l’ovulo) che forse è ancor più preoccupante, non solo per gli aspetti di ridotta o assente capacità riproduttiva del seme maschile, ma anche e soprattutto per il potenziale rischio per la salute pubblica. Infatti, sempre più evidenze mettono in relazione la qualità seminale con la maggior parte delle patologie cronico-degenerative del nostro tempo, per le attuali generazioni e per le prossime. A ciò si aggiunge un progressivo aumento dei casi di criptorchidismo, ipospadia e cancro al testicolo. Un problema, insomma, che ha per bersaglio la virilità maschile e il principio stesso di autoaffermazione dell’uomo, che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità rappresenta una delle emergenze più stringenti per il futuro della specie umana.
GLI INTERFERENTI ENDOCRINI
Lo studio di Levine indica una differenza tra la qualità dei campioni analizzati in Nord America, Europa, Australia, Nuova Zelanda, e quelli provenienti da Africa, Sudamerica, Asia, dove non si rileva un calo significativo nella concentrazione e nella qualità del liquido seminale. Le ragioni? Tra le principali, innanzitutto, sostanze chimiche presenti nell’ambiente esterno, come metalli pesanti, diossine e idrocarburi nel particolato atmosferico, ma anche reperibili nel contatto quotidiano, come bisfenoli, ftalati come il Dehp o dietilesilftalato presenti nelle plastiche e perfluorurati (Pfos e Pfoa) usati come impermeabilizzanti. Alcune di queste, pur essendo state in parte bandite dalla Food and Drug Administration statunitense e dalla stessa Ue, risultano ancora assai diffuse nell’ecosistema e presenti nei residui di pesticidi che si trovano negli alimenti. Per la gran parte, si comportano come “interferenti endocrini”, ossia interferiscono con il sistema endocrino-metabolico, in particolare con un’azione estrogenica, aumentando cioè i livelli di ormoni estrogeni femminili, ragione per cui già negli adolescenti maschi di oggi si rilevano sempre più spesso manifestazioni come ginecomastia, arti più lunghi, ipotricosi, bassi livelli di testosterone, mentre nelle femmine disturbi ormonali estrogeno-dipendenti come pubertà precoce ed endometriosi.
IL RUOLO DELL’EPIGENETICA
Gli effetti più preoccupanti degli inquinanti ambientali sui gameti maschili si manifestano a livello epigenetico, perciò alterano l’espressione dei geni con conseguenze che si trasmettono agli eredi. Nelle sperimentazioni sui topi, i danni sul sistema riproduttivo sono stati osservati fino alla terza generazione, ragione per cui oggi l’esposizione ai contaminanti è considerata rischiosa non solo per i soggetti che vivono in contesti inquinati, ma per i loro figli, e i figli dei loro figli. Il momento in cui l’ambiente, l’alimentazione, gli stili di vita hanno un impatto decisivo sul piano della trasmissione epigenetica è certamente il periodo di sviluppo detto “dei 1000 giorni” (9 mesi di gestazione + 2 anni di vita). Ma oggi comincia a delinearsi meglio un’altra importante “finestra”, che inizia con la pubertà e percorre tutto il periodo adolescenziale. È in questo periodo particolarmente delicato che nel maschio ha inizio la spermatogenesi. Ed è questa la fase cruciale per la qualità del seme del futuro adulto. Un momento in cui, peraltro, si acquisiscono più facilmente stili di vita errati, che possono compromettere la salute riproduttiva e la salute complessiva, favorendo lo sviluppo di patologie cronico-degenerative che potrebbero manifestarsi con l’andare degli anni e/o, tramite i cambiamenti dell’epigenoma spermatico, nella progenie.
LA SCOPERTA DEL SEME SENTINELLA
In questi ultimi due anni, le ricerche condotte in collaborazione con il dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Istituto superiore della sanità e del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicate su diverse riviste scientifiche internazionali, hanno accertato quanto il seme sia un bioaccumulatore di sostanze inquinanti e permetta non solo di qualificare e quantificare la presenza di contaminanti tossici nell’organismo, ma anche di valutarne l’effetto sugli spermatozoi. Ha in sé infatti caratteristiche di estrema sensibilità agli inquinanti ambientali, come la motilità, la morfologia, l’integrità del filamento di dna e una particolare suscettibilità agli stress ossidativi, dovuta alla ridotta presenza di enzimi antiossidanti (dato il minor volume citoplasmatico) e alla forte presenza di acidi grassi polinsaturi, bersagli elettivi dei radicali liberi dell’ossigeno. Per queste sue caratteristiche, il liquido seminale rappresenta dunque un affidabile biomarcatore della salute ambientale dell’uomo, persino più precoce e sensibile del sangue, stando agli esami finora eseguiti. Una vera e propria “sentinella”, ideale per programmi innovativi di monitoraggio e sorveglianza sanitaria oltre che per interventi di prevenzione primaria, soprattutto per le popolazioni che vivono nelle aree a maggior pressione ambientale.
PROSPETTIVE DI SALVATAGGIO DELLA SPECIE
Come intervenire, dunque, per arrestare il progressivo deperimento della nostra capacità riproduttiva? E come proteggere l’uomo e il futuro della sua specie dai danni a lungo termine dell’inquinamento che lui stesso ha creato? Occorre agire tempestivamente, con misure a compensazione del danno, in attesa che l’Oms e l’Agenda ambientale mondiale prevedano l’eliminazione totale delle sostanze più dannose per la salute dai processi di produzione. E in attesa che, per arrestare l’inquinamento, s’intervenga sul modello di sviluppo economico.
IL PROGETTO ECOFOODFERTILITY
Basandoci sulla funzione del seme sentinella sia per la salute ambientale sia per la salute generale, abbiamo avviato il progetto di ricerca EcoFoodFertility, un piano multidisciplinare di biomonitoraggio umano partito dalla Campania o, meglio, dall’area della Terra dei fuochi, che oggi si sta allargando a diverse altre aree d’Italia, critiche per tasso di inquinamento dell’aria e del suolo (Taranto, Sassuolo, Brescia, Val di Sacco, Gela, Priolo), e d’Europa (Grecia, Spagna, Croazia, Ungheria, Polonia). In estrema sintesi, EcoFoodFertility, al quale collaborano diversi fra medici e ricercatori di Cnr, Istituto superiore di sanità, Enea, Izsm, università italiane e aziende sanitarie pubbliche, si struttura in due fasi.
1. Valutare lo stato di contaminazione da metalli, pesticidi, diossine, Ipa e altri contaminanti sulla salute dell’uomo e i relativi effetti ossidativi, genetici, epigenetici, proteomici, metabolici, attraverso l’analisi di campioni di sangue, ma soprattutto del seme, che per le sue caratteristiche rappresenta un fluido ideale per una valutazione più affidabile e precoce dell’impatto ambientale sull’uomo.
2. Adottare precisi stili di vita e alimentari per controbilanciare l’impatto degli inquinanti ambientali sulla salute, spingendo sulla filiera del biologico. Il ruolo dell’alimentazione nel mitigare e/o contrastare l’effetto dell’inquinamento rappresenta, infatti, un approccio fortemente innovativo per salvaguardare le popolazioni che vivono in aree ad alto impatto ambientale (la frase “bonifica dell’uomo inquinato” fa riferimento proprio a questo). Il ministero della Salute ha finanziato una parte del progetto in tre aree pilota d’Italia (area Brescia-Caffaro contaminata da Pcb, Pcdd-Pcdf, arsenico e mercurio; Val di Sacco, nel Frusinate, compromessa dai rifiuti di beta-esaclorocicloesano; Terra dei fuochi in Campania). Questa parte consiste nel reclutare 450 maschi sani (18-20 anni) che saranno sottoposti (previa valutazione di alcuni contaminanti in seme, sangue e urine) a un’alimentazione biologica sul modello della dieta mediterranea, verificando nei vari tempi di campionamento la capacità di questo modello alimentare di migliorare la qualità seminale, ridurre il bioaccumulo di inquinanti e favorire la salute riproduttiva e generale. E cercando di dare un’evidenza scientificamente misurabile e concreta di prevenzione primaria.
EcoFoodFertility prova così non solo a fornire una misura più affidabile e precoce del rischio salute e del danno biologico (valutando in modo integrato i biomarcatori di esposizione, di effetto e di suscettibilità genetica), ma anche a offrire prospettive di prevenzione, in particolare per le popolazioni che vivono in aree dove maggiore è la pressione ambientale, in Italia e nel mondo.
L’obiettivo è promuovere un nuovo piano di protezione globale considerando la fertilità come indicatore principale di salute generale e precoce presidio di prevenzione primaria, al fine di ridurre l’impatto dell’ambiente non solo sugli uomini di oggi ma anche sui loro figli e sulla loro progenie. D’altronde, solo intervenendo tempestivamente sull’integrità dei gameti dei padri è possibile salvare le generazioni future ed evitare il rischio di una futuribile e catastrofica estinzione della specie umana.