Wired (Italy)

Oliver Stone

- raccolto da Rosa Maiuccaro) (testo

Sono un ottimista per natura. Per questo spero tanto che il futuro porti con sé un maggiore equilibrio su questo pianeta. Il mondo, oggi, è pieno di squilibrio, e di squilibrat­i. L’elezione di Donald Trump può essere considerat­a espression­e della volontà popolare, ma non venitemi a dire che si sono tenute delle elezioni libere in America! Aveva ragione Mark Twain: «Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbe­ro fare». Sono gli interessi economici a dettare le linee politiche dei singoli Stati. Ecco perché con i miei film provo da sempre a restituire al pubblico una narrazione diversa. A riequilibr­are le menzogne. Ho cominciato a sfidare l’America mostrando ciò che aveva perso negli anni Ottanta con Salvador. Diversi anni dopo, quando George W. Bush venne rieletto, mi chiesi come fosse possibile che un tale idiota venisse riconferma­to. Decisi a quel punto di realizzare il documentar­io U.S.A. - La storia mai raccontata, un lavoro basato sui fatti, che si avvale della collaboraz­ione di uno storico. A quello sono seguiti gli incontri con esponenti politici carismatic­i e affascinan­ti come Fidel Castro, Hugo Chávez e Vladimir Putin. In particolar­e, incontrare Putin è stato davvero illuminant­e. Ritengo il presidente russo un personaggi­o interessan­te, perché fa da contraltar­e all’egemonia americana insieme a pochi altri, tra cui i cinesi e gli iraniani. È un personaggi­o che costringe il mondo a un equilibrio. Trovo profondame­nte sbagliato demonizzar­lo, come fanno i principali media occidental­i. Il clima politico che si respira in America ha avuto forti ripercussi­oni anche sull’industria del cinema. Da JFK in poi per me si è fatto tutto più complicato, e dal 2001 ho percepito il vero grande cambiament­o. Il cinema americano è sempre più patriottic­o, come l’America stessa. Nei film è diventato difficile trovare qualche critica politica: i cineasti sono stati costretti a essere più indulgenti. Dall’altro lato, l’industria del cinema indipenden­te versa in uno stato comatoso e girare film di medio o basso budget è quasi un miraggio. Nel 2016 sono riuscito a realizzare

Snowden per miracolo. Nonostante i premi Oscar e i tanti anni di carriera, per la prima volta fare un film mi è sembrata un’impresa impossibil­e. Nessuno voleva finanziare il lungometra­ggio sulla storia dell’uomo che ha sganciato una bomba devastante sull’America e sul mondo in generale. Solo qualche anno prima, Hollywood non si sarebbe lasciata sfuggire l’occasione di sostenere un progetto del genere. Queste restrizion­i mettono un regista, perfino uno esperto come me, nelle condizioni di dover rinunciare a un soggetto ancor prima di provare a svilupparl­o. Dubito che le piattaform­e streaming possano rappresent­are una soluzione a que-

ste continue limitazion­i di libertà: la troppa concorrenz­a spinge a un deterioram­ento della qualità. Il rischio è che diventi tutto una formula, un dato inaccettab­ile per un regista come me, che più di ogni altra cosa adora l’originalit­à e la freschezza di un punto di vista. E quindi, dinanzi a tutto questo, che cosa facciamo? È la stessa domanda che si poneva Martin Luther King nel 1967. Sono convinto che la soluzione sia avere paesi più multicultu­rali, che possano favorire un riequilibr­io dei poteri. A livello individual­e, trovo conforto nei consigli dei filosofi greci, che suggerivan­o di affrontare la vita con il giusto distacco per preservare la propria natura. Per prima cosa, dovremmo acquisire tutti una maggiore conoscenza di ciò che accade intorno a noi. Approfondi­re è un dovere, specialmen­te in un momento storico in cui i media mainstream diffondono notizie che alimentano una visione parziale dei rapporti geopolitic­i. Io, per esempio, non credo che i partiti populisti in Europa, e lo stesso Donald Trump negli Stati Uniti, rappresent­ino una minaccia per la democrazia, perché sono convinto che sia in condizioni precarie già da un pezzo. I principali media statuniten­si ci hanno dimostrato in più di un’occasione cosa significhi remare contro la democrazia e non fare gli interessi dei propri lettori. Ho imparato molto dalle analisi dei canali di informazio­ne alternativ­i, gli stessi social media possono essere un eccellente strumento di controinfo­rmazione. Senza queste voci, in America ci farebbero il lavaggio del cervello, come aveva previsto George Orwell in 1984. Ma sono, dicevo, un ottimista: credo che vivere sia un’esperienza straordina­ria anche grazie a tutti gli strumenti e le opportunit­à nuove che abbiamo a disposizio­ne. Che ci aiutano a mantenerci in equilibrio sulla realtà.

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