Architetture marziane
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sost. + agg. ( pl. f.) – La costruzione di abitazioni sul Pianeta Rosso sta scatenando l’ingegno dei progettisti. Unico vincolo: dovranno essere a ridottissimo impatto ambientale. E, magari, stampabili in 3D. È il 2017 – praticamente, ieri – quando l’architetto Stefano Boeri lancia il sasso nello stagno, immaginando di costruire una colonia su Marte che fosse l’esatta replica di Shanghai con edifici in stile Bosco Verticale. Non solo utopia fantascientifica, ma un approccio che inizia a pensare all’urbanizzazione del Pianeta Rosso una volta che l’uomo ci avrà effettivamente messo piede. Da quella prima provocazione, le abitazioni marziane sono diventate la nuova frontiera della fantarchitettura, fra scenari apocalittici per la vita sulla Terra e nuovi confini della progettualità sostenibile. Lo scorso luglio, la Nasa ha selezionato cinque progetti vincitori della On-Site Habitat Competition, rivolta alla progettazione di case modulari che concilino sostenibilità, facilità di trasporto dalla Terra a Marte, modularità e resistenza alle condizioni del pianeta fra atmosfera e stato del suolo. Altra caratteristica importante, la possibilità che possano essere stampabili in 3D, quindi in loco. Ed eccoci allo scorso ottobre: la China House Vision di Pechino ospita il prototipo Mars Case, un modulo progettato da Open Architecture in collaborazione con Xiaomi, che concilia dimensioni molto piccole (2,4 x 2,4 x 2 metri) e abbattimento dello spreco energetico grazie a un sistema di riciclaggio di rifiuti, aria e acqua. Tutte le componenti e gli spazi aggiuntivi, poi, sono ripiegabili e smontabili. Perché i pionieri di Marte dovranno viaggiare leggeri e lasciare la minima traccia ambientale.