ARM
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acronimo ( sing. m. ingl.) – La filosofia open dell’Advanced Risc Machine, il chip dominante dell’epoca mobile, è il nuovo standard che ha messo all’angolo il predominio globale di Intel, da sempre basato su tecnologie propritarie. Ribaltando anche la geopolitica della produzione, oggi spostata a Oriente. In principio fu Intel. La rivoluzione del personal computer all’inizio degli anni Ottanta porta la firma della casa di Santa Clara, nel cuore della Silicon Valley. Un monopolio che, con Microsoft, viene battezzato Win-tel, ed era alimentato dalla legge di Moore: ogni 18-24 mesi il doppio della potenza allo stesso prezzo. Sino a che la legge di Moore non è diventata obsoleta. La rivoluzione del futuro è quella della mobilità, ed è una storia completamente diversa. Perché rappresenta la rivincita del mondo open creato con ARM. L’azienda britannica Advanced Risc Machine (oggi sussidiaria della giapponese SoftBank) progetta l’architettura dei processori più diffusi sul pianeta che poi vengono sviluppati, prodotti e venduti da decine di altre aziende, da Apple a Samsung e Qualcomm. Per “sconfiggere” l’ex monopolista Intel si è rivelata vincente l’idea di un processore open che venisse sviluppato contemporaneamente da decine di aziende. I risultati sono nei numeri: il 95% dei telefonini, il 35% dei televisori smart e il 10% degli ultrabook (i portatili ultraleggeri) hanno processori ARM. Più di 15 miliardi di pezzi all’anno, che coprono il 60% degli apparecchi smart del pianeta. Questa innovazione diffusa piace soprattutto in Asia: i cinesi e i produttori giapponesi, coreani e taiwanesi sviluppano nuove tecnologie seguendo il proprio ciclo produttivo, e non devono comprare i prodotti finiti dagli americani. È la globalizzazione geopolitica del silicio.