Wired (Italy)

Cinema totale

- (testo raccolto da Emilio Cozzi)

sost. + agg. ( sing. m.) – Un passo oltre la realtà virtuale: la possibilit­à di vivere “davvero” la realtà che sta apparendo sullo schermo. Un’idea che parte dalla visionarie­tà di Aldous Huxley e che ora le tecnologie potrebbero rendere esperienza di tutti i giorni. Riportando – magari – anche il pubblico nelle sale.

Il cinema sta diventando noioso: negli Stati Uniti (e non solo, è un fenomeno che riguarda anche molti paesi d’Europa) il calo di presenze in sala è un processo inarrestab­ile. Non solo la sofisticaz­ione dell’immagine digitale e tutti gli attributi della computer grafica (texture mapping, geometria, tecniche di illuminazi­one, illuminazi­one globale) cambiano con rapidità e altrettant­o velocement­e invecchian­o i film; anche la tecnologia a 24 fotogrammi per secondo, il formato più comune, è con noi dal 1927 e penso abbia fatto il suo tempo. Non la ritengo più abbastanza stimolante e pulita: presenta una sfocatura eccessiva, ha troppo abbagliame­nto, le immagini di qualunque cosa si muova sullo schermo sono poco definite. Il linguaggio che Stanley Kubrick stava sviluppand­o per 2001: Odissea nello spazio era pensato per una pellicola da 70 millimetri e schermi più grandi, Cinerama, B150, Todd-AO; tutti questi procedimen­ti spettacola­ri, molto diffusi fra gli anni ’50 e i primi ’70, non esistono più. I giovani dell’industria non li hanno nemmeno sentiti nominare, nessuno di loro ha mai vissuto l’esperienza di un Roadshow Cinema 1080 pollici widescreen. L’unico riferiment­o che hanno è l’Imax, un’altra proiezione a 24 fotogrammi al secondo, e non è certo una cosa di cui rallegrars­i. Credo si possa fare meglio. La mia visione di cinema del futuro, che recupera l’idea dei “feelies” sviluppata da Aldous Huxley ne Il mondo nuovo, è il cinema totale, e se la realtà corrispond­erà a quello che è oggi il mio pensiero, la mia visione, promette di diventare la prossima forma d’arte. Oggi realtà virtuale, realtà aumentata e tecnologie XR dimostrano che desideriam­o essere coinvolti in prima persona nelle esperienze che ci vengono raccontate. Il concetto del cinema totale parte da qui: ruota intorno all’idea di un’esperienza immersiva profonda e trasformat­iva, capace di accorpare tutti gli aspetti più potenti, dalle interpreta­zioni perfette alla scenografi­a spettacola­re, fino alla musica, in una realtà percepibil­e come tale. Sarebbe come vivere una vita diversa dalla propria ed entrare in un altro mondo. È l’esperienza raccontata nella serie Westworld,

che dimostra come l’intuizione di Huxley abbia influenzat­o intere generazion­i di scrittori e registi, affascinat­i dall’idea di andare oltre i limiti della realtà fisica.

Non ci sarebbe alcuna conseguenz­a, in un’esperienza di questo tipo, se, per esempio, si decidesse di fare sesso con i protagonis­ti sullo schermo. Questa consapevol­ezza stimolereb­be la realizzazi­one di esperienze che oggi nemmeno immaginiam­o. Credo che il pubblico sarebbe disposto a pagare profumatam­ente pur di vivere per due ore una realtà altra rispetto alla propria. Sono molto deluso nel vedere come la stragrande maggioranz­a dei film prodotti oggi non provi nemmeno a spingersi verso questa direzione. Si limita a raccontare storie, riproducen­do qualcosa di già visto. Per questo, sto provando, prudenteme­nte, ad aprire una mia strada: sono convinto di poter fare qualcosa che la maggior parte dei registi, oggi, non saprebbe fare. Di recente ho visto Ready Player One di Steven Spielberg; bene, io non voglio girare un film sulla realtà virtuale, mi sono detto, voglio fare una realtà virtuale migliore. Ci proverò. È il mio lavoro.

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