Discreet technology
agg. + sost. ( sing. ingl.) – Non possiamo rinunciare alla tecnologia, ma dobbiamo progettarne una meno invasiva. Che si mostri solo quando è chiamata a svolgere una funzione. Assistenti virtuali e nano-ologrammi capaci di sostituire gli onnipresenti sche
«La tecnologia finirà sullo sfondo delle nostre vite», scriveva nel 1996 l’informatico Mark Weiser, in una previsione lungimirante sul nostro futuro nell’era digitale. In effetti, nell’epoca dell’ubiquitous computing, o calm technology, come la chiamava Weiser, l’informatica è ovunque, ubiqua per l’appunto. Eppure nel nostro mondo weiseriano spicca un’eccezione drammatica: lo smartphone. Lungi dal divenire discreto, il telefono mobile è ormai il simbolo per eccellenza di una tecnologia invasiva. L’uomo comune trascorre circa quattro ore al giorno davanti al suo display. Aggiungiamo a questo il tempo che trascorre – o trascorriamo – davanti a computer o tablet, e subito risulta chiaro che in realtà la “tecnologia dello schermo” è molto presente. Ovviamente, noi vogliamo conservare l’accesso al meraviglioso diluvio d’informazioni di internet (e alla sua funzione come fonte di serendipità) e allo stesso tempo ridurre la sua presenza aggressiva nelle nostre vite. Nel 2019, scopriremo diversi modi in cui farlo.
Una soluzione a questo problema è cambiare la natura stessa dello schermo. Nel 2018, un team di ricercatori dell’RMIT University di Melbourne e dell’Istituto di tecnologia di Pechino hanno creato un nano-ologramma che può essere integrato nei prodotti di uso quotidiano come gli smartphone, e che appare quando serve mostrare dati, rendendo così irrilevante la dimensione dello schermo. Assistenti virtuali come Alexa e Siri hanno già spinto sullo sfondo la tecnologia, pronti a intervenire per interfacciarsi con noi quando ne abbiamo bisogno, scomparendo con discrezione una volta esaurita la loro funzione. Un esempio di progetto realizzato dal nostro studio è il robot Scribit: un piccolo accessorio che scrive e cancella. Lo stiamo sperimentando dal 2011 e quest’anno sul sito di crowdfunding Kickstarter ha raccolto 2 milioni di dollari. L’idea è quella di trasformare ogni muro in uno schermo a basso refresh rate: un posto per mostrare tweet, citazioni del giorno o disegni personali, come una sorta di graffito domestico.
Scribit, Alexa e il nano-ologramma sono tutti frutto del desiderio di confinare la tecnologia in un luogo meno intrusivo. Si andrà avanti così per tutto il 2019, quando finalmente abbandoneremo l’idea che il significato della vita risiede nell’illusione in qualche modo luddista di una ritirata disintossicante dal digitale. Probabilmente, l’internet delle cose continuerà a crescere e noi individueremo altri modi per sviluppare “cose” che ci permettano di godere di internet senza venirne sopraffatti, facendola recedere discretamente sullo sfondo delle nostre esistenze, proprio come prevedeva Weiser, più di vent’anni fa.