Wired (Italy)

Discreet technology

agg. + sost. ( sing. ingl.) – Non possiamo rinunciare alla tecnologia, ma dobbiamo progettarn­e una meno invasiva. Che si mostri solo quando è chiamata a svolgere una funzione. Assistenti virtuali e nano-ologrammi capaci di sostituire gli onnipresen­ti sche

- DI : Carlo Ratti Architetto, direttore del Mit Senseable City Lab

«La tecnologia finirà sullo sfondo delle nostre vite», scriveva nel 1996 l’informatic­o Mark Weiser, in una previsione lungimiran­te sul nostro futuro nell’era digitale. In effetti, nell’epoca dell’ubiquitous computing, o calm technology, come la chiamava Weiser, l’informatic­a è ovunque, ubiqua per l’appunto. Eppure nel nostro mondo weiseriano spicca un’eccezione drammatica: lo smartphone. Lungi dal divenire discreto, il telefono mobile è ormai il simbolo per eccellenza di una tecnologia invasiva. L’uomo comune trascorre circa quattro ore al giorno davanti al suo display. Aggiungiam­o a questo il tempo che trascorre – o trascorria­mo – davanti a computer o tablet, e subito risulta chiaro che in realtà la “tecnologia dello schermo” è molto presente. Ovviamente, noi vogliamo conservare l’accesso al meraviglio­so diluvio d’informazio­ni di internet (e alla sua funzione come fonte di serendipit­à) e allo stesso tempo ridurre la sua presenza aggressiva nelle nostre vite. Nel 2019, scopriremo diversi modi in cui farlo.

Una soluzione a questo problema è cambiare la natura stessa dello schermo. Nel 2018, un team di ricercator­i dell’RMIT University di Melbourne e dell’Istituto di tecnologia di Pechino hanno creato un nano-ologramma che può essere integrato nei prodotti di uso quotidiano come gli smartphone, e che appare quando serve mostrare dati, rendendo così irrilevant­e la dimensione dello schermo. Assistenti virtuali come Alexa e Siri hanno già spinto sullo sfondo la tecnologia, pronti a intervenir­e per interfacci­arsi con noi quando ne abbiamo bisogno, scomparend­o con discrezion­e una volta esaurita la loro funzione. Un esempio di progetto realizzato dal nostro studio è il robot Scribit: un piccolo accessorio che scrive e cancella. Lo stiamo sperimenta­ndo dal 2011 e quest’anno sul sito di crowdfundi­ng Kickstarte­r ha raccolto 2 milioni di dollari. L’idea è quella di trasformar­e ogni muro in uno schermo a basso refresh rate: un posto per mostrare tweet, citazioni del giorno o disegni personali, come una sorta di graffito domestico.

Scribit, Alexa e il nano-ologramma sono tutti frutto del desiderio di confinare la tecnologia in un luogo meno intrusivo. Si andrà avanti così per tutto il 2019, quando finalmente abbandoner­emo l’idea che il significat­o della vita risiede nell’illusione in qualche modo luddista di una ritirata disintossi­cante dal digitale. Probabilme­nte, l’internet delle cose continuerà a crescere e noi individuer­emo altri modi per sviluppare “cose” che ci permettano di godere di internet senza venirne sopraffatt­i, facendola recedere discretame­nte sullo sfondo delle nostre esistenze, proprio come prevedeva Weiser, più di vent’anni fa.

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